I cambiamenti fanno parte della vita di ogni individuo, eppure spesso ci troviamo a temerli o a opporci ad essi.
I cambiamenti possono riguardare cambi di lavoro o di città, separazioni, lutti, la rinuncia subita o desiderata di una parte di Sé. Tutti determinano un impatto psicologico significativo per la persona.
Come costruire allora un adattamento a nuovi contesti relazionali? In che modo ottenere il delicato equilibrio tra sicurezza e bisogno di novità? Soprattutto quando si evita il cambiamento di una condizione che comunque è fonte di insoddisfazione e sofferenza.
La dottoressa Daniela Mastrorilli, psicoterapeuta specialista in terapia integrata del Santagostino, indica come adattarsi al cambiamento in modo sano e costruttivo, grazie alla attribuzione di un nuovo significato al cambiamento stesso e in favore di un rinnovato Sé, attraverso il supporto psicoterapeutico.


Affrontare i cambiamenti, perché è difficile?
Affrontare i cambiamenti è un passaggio obbligato nella vita di ogni persona. Che si tratti di un trasferimento in una nuova città o sia il cambio di un lavoro o, in modo più significativo, un lutto o la fine di un rapporto, il cambiamento è parte della vita. Ci sono persone che faticano maggiormente ad adattarsi ai cambiamenti o coloro che cercano in tutti i modi di evitarli.
L’adattamento ai cambiamenti
Si pensi alla separazione dopo molti anni di convivenza o di matrimonio: è uno degli eventi maggiormente stressanti nella vita di una persona, a prescindere dai motivi e dalla composizione familiare. Separarsi comporta il fatto di “dover lasciar andare” una parte della propria identità legata alla relazione. Essere compagno o moglie, per esempio, diventa una parte identitaria nella vita di una persona.
La separazione può produrre un vissuto di fallimento nei coniugi o conviventi, soprattutto quando le famiglie d’origine hanno rappresentato un modello di unione e indissolubilità del rapporto. L’eredità famigliare -inconscia- legata al tipo di legami “per sempre” potrebbe avere un peso sulla scelta di porre fine ad una relazione di tanti anni, forse non più appagante o funzionale per le vite dei singoli partner. Potrebbe fomentare il senso di colpa legato alle aspettative interne ed esterne alla coppia, come quelle dei parenti. Decidere di porre fine alla relazione ha delle ricadute importanti a livello pratico e psicologico.
La casa, le cose comprate in comune, la gestione del tempo da dedicare ai figli o anche agli animali domestici ne sono alcuni esempi. La coppia coniugale, termini che uso anche per le coppie di fatto in senso generico, deve lasciare il posto alla coppia genitoriale.
Separarsi è sempre una sofferenza, anche se la scelta non accorda entrambi i partner allo stesso modo. I figli sono ciò che resta. Come un terremoto, la separazione può gravare sugli “edifici” che erano stati tirati su con fatica. Ci sono separazioni che ammaccano le mura, altre che generano macerie.
Separazioni impossibili
La difficoltà e la resistenza al cambiamento possono dare vita alle separazioni cosiddette impossibili, dove stare in conflitto è pur sempre meglio che separarsi emotivamente dall’Altro/Altra. Il conflitto che si riscontra nelle separazioni giudiziali, ossia quelle per le quali è necessario l’intervento dell’autorità giudiziaria, è qualcosa che grava fortemente sullo stato psicologico dei membri coinvolti. Come un sistema vivente, il cambiamento di ciascun membro della famiglia ha un impatto sugli altri componenti in modo circolare ed interconnesso.
La guerra tra gli ex per la regolamentazione degli incontri con i figli, la definizione degli orari e dei luoghi di ripresa, le decisioni sulla scuola da scegliere e lo sport, talvolta diventa l’incessante inconscio modo di restare legati. Il conflitto può diventare il modo disfunzionale per restare legati anziché accettare il cambiamento che inevitabilmente la separazione comporta.
Decidere di non affrontare i cambiamenti
Pigrizia? Abitudine? Spesso sono le blande motivazioni che vengono date alla difficoltà a cambiare qualcosa, anche se la situazione attuale non è più così confortevole come un tempo. Ci sono alcune persone che fanno più fatica di altre a confrontarsi con le novità.
Il cambiamento porta con sé una certa quota di ignoto, di non controllabile. Si pensi al permanere all’interno di una relazione amorosa definita “stabile” anche se non si sta più bene. Possiamo davvero parlare solo di abitudine? Il bisogno di sicurezza è un bisogno ancestrale ed innato, che è necessario dal piccolo di essere umano sino all’adulto. Ma talvolta la destrutturazione della zona di comfort spaventa più che restare nello status quo insoddisfacente.
Si pensi all’esperienza, che molte persone riportano, di sentirsi insoddisfatti della propria vita, di vivere sentimenti di sconforto e tristezza, di ritrovarsi a piangere senza un evidente perché. Per mesi o forse anni rincorrono piccoli momenti di benessere anche se per la gran parte del tempo sentono un peso informe che li affatica e che diventa compagno di viaggio.
Lo status quo sembra insoddisfacente: il permanere in una città che non piace, il restare in una relazione definita “stabile” ma non in movimento, il mantenere il lavoro di una vita anche se il contesto è piatto e non stimolante. Sono alcuni temi che frequentemente arrivano in stanza di terapia e che costellano la vita quotidiana.
La perdita del controllo
Un elemento rilevante è la perdita di controllo. Le persone spesso tendono a opporsi a ciò che non possono prevedere o gestire completamente; qualsiasi trasformazione implica una dose di imprevedibilità, e questo può generare ansia e disagio. La paura del fallimento rappresenta un freno inconscio, una resistenza al cambiamento. Affrontare nuove situazioni comporta il rischio di non riuscire o di commettere errori, timore che può paralizzare e impedire l’accettazione di nuove sfide e il mettersi alla prova.
Come adattarsi al cambiamento?
Quando si affronta una crisi legata al cambiamento si può sperimentare, inizialmente, una fase di negazione in cui l’evento viene rifiutato o minimizzato. Quindi, possono emergere emozioni intense come rabbia e frustrazione, che potrebbero portare al tentativo di ripristino della situazione precedente o a vissuti depressivi importanti. Dopo aver toccato “il fondo” è possibile risalire mediante l’accettazione e l’integrazione dell’esperienza come parte del Sé.
Il nuovo equilibrio personale o relazionale prevede una nuova struttura, un nuovo “edificio” legato alla costruzione di sé. Ciò che è stato di doloroso ed estremamente complesso da affrontare, diventa integrato nella propria identità.


Affrontare i cambiamenti con la psicoterapia
Andare verso il cambiamento o accettare il cambiamento è un’esperienza che persone, coppie o famiglie, talvolta non riescono a fare da sole. Non perché di default non abbiano le risorse interne per farlo! Lo psicoterapeuta ha la funzione di accompagnare la persona o il sistema-coppia e il sistema-famiglia a riconoscere le proprie risorse ed inoltre a trovare nuovi modi per fronteggiare le crisi e i conflitti esistenti.
In più aiuta a fornire nuovi strumenti di lettura delle dinamiche interne e relazionali che cementificano lo status quo di malessere. Senza accorgersene, è possibile che si mettano in atto meccanismi vecchi e conosciuti che però non funzionano più.
La psicoterapia su modello integrato si basa su modelli teorici saldi legati alla terapia psicodinamica e a quella sistemico-relazionale, adattandosi alla singola situazione e personalizzando l’intervento. Il lavoro sul mondo intrapsichico va in tandem col lavoro sul mondo delle relazioni.
Nella psicoterapia individuale si analizzano le difficoltà del presente e si esplorano i complessi intrecci col passato, attingendo al mondo inconscio, al fine di attribuire nuovi significati alla propria storia di vita e superare lo stato di malessere.
Nella psicoterapia di coppia e rivolta alle famiglie si affrontano le crisi e i conflitti, dando spazio di condivisione dei vissuti a ciascun membro del sistema, migliorando la comunicazione e ri-significando le dinamiche di relazione al fine di superare lo stato di disagio.
Dall’incontro tra paziente e terapeuta, nella stanza fisica o virtuale della terapia, si dà vita all’intervento personalizzato e migliore per ciascuna situazione. E affrontare i cambiamenti, a vantaggio di un nuovo Sé più autentico, è possibile.
(31 Marzo 2025)