Il decadimento cognitivo o declino cognitivo

Questo processo degenerativo e irreversibile comporta una compromissione delle funzioni cognitive e della possibilità di avere una vita in autonomia. Ecco come affrontarlo

Il decadimento cognitivo o declino cognitivo

L’invecchiamento è un processo naturale, influenzato dal patrimonio genetico e dalla storia personale. Con l’avanzare dell’età nel cervello si verificano cambiamenti lievi che possono alterare alcune funzioni cognitive, comportamentali ed emotive.

Se il quadro di personalità resta stabile, ciò che tende a ridursi è l’efficienza di attenzione, memoria, percezione e velocità di elaborazione, con ripercussioni sulla vita quotidiana.

In particolare, risulta più difficile apprendere nuove informazioni e ricordare eventi recenti, mentre il linguaggio, il ragionamento e le abilità visuo-spaziali tendono a restare integri. Quando però i cambiamenti cerebrali compromettono la personalità e l’autonomia, si parla di invecchiamento patologico. In questo co

Quando inizia il declino cognitivo?

Il declino cognitivo è un processo naturale dell’invecchiamento e può iniziare a manifestarsi negli adulti dopo i 65 anni. È però importante ricordare che si tratta di un processo eterogeneo che può variare significativamente da persona a persona.

Alcuni individui possono infatti sperimentare un declino cognitivo più precoce o più pronunciato a causa di fattori genetici, stile di vita, malattie croniche o altre condizioni mediche. Il decadimento cognitivo improvviso o a rapida progressione può essere provocato, ad esempio, da ictus o da infezioni del sistema nervoso centrale quali meningite o encefalite batterica.

Al contrario, alcune persone possono mantenere una funzione cognitiva relativamente buona anche in età avanzata.

Il declino cognitivo, in particolare negli anziani dopo i 65 anni, è un segnale da non trascurare, soprattutto se accompagnato da altri sintomi come i disturbi del sonno. Anche un deterioramento lieve delle funzioni cognitive e comportamentali può infatti evolvere nel tempo e diventare severo.

Cosa vuol dire decadimento cognitivo?

Secondo la definizione fornita dall’Associazione Americana degli Psicologi (APA) nel 1987, “la demenza, o decadimento cognitivo cronico-progressivo, è una malattia del cervello che comporta la compromissione delle funzioni cognitive tale da pregiudicare la possibilità di una vita in autonomia. Ai sintomi cognitivi si associano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento che variano come entità da individuo a individuo. Inoltre, è presente una progressiva alterazione dello stato funzionale”.

Quali sono i sintomi del decadimento cognitivo?

I sintomi cognitivi sono diversi. Variano in base alla diagnosi e alla porzione del tessuto cerebrale e delle cellule nervose interessate

In una demenza fronto-temporale i primi segnali di declino possono riguardare il linguaggio, oppure l’alterazione del comportamento. Possono accadere dei comportamenti impulsivi non contemplati dalle regole sociali, e può anche verificarsi una totale disinibizione verbale e del comportamento.

 

 

 

I sintomi cognitivi

  • Decadimento della memoria: sono compromesse la capacità di apprendere, conservare e utilizzare informazioni e conoscenza (spesso presente in chi soffre della malattia di Alzheimer).
  • Difficoltà nel linguaggio: diventa complicato interagire e comprendere ciò che gli altri dicono.
  • Riduzione dell’attenzione: si fatica a focalizzare l’energia verso uno stimolo e gestire diversi compiti allo stesso tempo.
  • Rallentamento del ragionamento logico.
  • Riduzione delle abilità percettive: difficoltà nel riconoscere, identificare e usare oggetti in modo efficace.
  • Riduzione delle abilità di movimento: difficoltà nel compiere sequenze motorie complesse (come fare il caffè o vestirsi).
 


I sintomi comportamentali e della personalità

  • Depressione e aggressività: fisica e verbale, diretta all’altro o verso se stessi.
  • Deliri e allucinazioni: percezioni visive o acustiche di elementi assenti nell’ambiente circostante.
  • Irritabilità o apatia: mancanza di motivazione nel fare le cose o nel sentire le emozioni.
  • Affaccendamento motorio aberrante: sequenze motorie consecutive e ripetitive senza alcuno scopo.
  • Labilità emotiva: facilità a deprimersi, irritarsi, ridere o essere apprensivi.

Decadimento cognitivo: come comportarsi?

La valutazione del decadimento cognitivo richiede un’équipe multidisciplinare composta da neurologo, geriatra e uno psicologo con formazione neuropsicologica, in grado di rilevare i profili cognitivi e comportamentali e di somministrare i test utili alla diagnosi.

Questo gruppo di lavoro effettua, attraverso visite cliniche e diversi esami (TAC, risonanza magnetica, esame del sangue, test neuropsicologici), una diagnosi precisa del paziente, in modo da prescrivere la terapia più adatta

L’importanza del caregiver e della famiglia

I professionisti sono un elemento chiave per codificare il disagio del paziente, ma diventano imprescindibili anche per il caregiver, o il familiare di riferimento. Gli interventi rivolti ai familiari hanno molteplici scopi:

  • aiutano nella comprensione di ciò che accade al proprio caro
  • migliorano le strategie per fronteggiare lo stress che la gestione di un malato con demenza implica
  • valutano nel corso del tempo lo stato emotivo del caregiver per stabilire una eventuale presa in carico.

Come si cura il decadimento cognitivo?

Il trattamento e la cura del decadimento cognitivo dipendono dalla causa sottostante della condizione, ma si concentrano principalmente sulla gestione dei sintomi, soprattutto in caso di demenza o altre malattie neurologiche, e sul rallentamento della progressione del disturbo.

Alcuni approcci utili per gestire il decadimento cognitivo e migliorare la qualità della vita includono:

  • Terapie cognitive: la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) può essere utile nel migliorare la gestione delle difficoltà cognitive e nell’affrontare le emozioni correlate alla malattia.
  • Terapie di supporto come la terapia occupazionale e la terapia del linguaggio possono aiutare a mantenere e migliorare le abilità cognitive e funzionali.
  • Modifiche dello stile di vita: seguire una dieta equilibrata, praticare attività fisica regolare, dormire a sufficienza e mantenere la mente attiva con stimoli cognitivi.
  • Supporto sociale ed emotivo da parte di familiari, amici e professionisti.
  • Gestione delle condizioni mediche sottostanti

Quali sono i farmaci per la demenza?

I farmaci per la demenza aiutano a gestirne i sintomi: possono migliorare temporaneamente la funzione cognitiva, rallentare il declino o alleviare i disturbi comportamentali. 

I principali farmaci si dividono in due categorie:

  1. Inibitori dell’acetilcolinesterasi: aumentano i livelli di acetilcolina, un neurotrasmettitore coinvolto nei processi cognitivi. Possono migliorare temporaneamente memoria, attenzione e autonomia nelle attività quotidiane. Esempi: donepezil, rivastigmina, galantamina.
  2. Memantina: regola il glutammato, un neurotrasmettitore legato a memoria e apprendimento. La memantina è indicata per le forme di demenza moderata o grave, da sola o in associazione agli inibitori dell’acetilcolinesterasi.

Tuttavia, i farmaci, così come gli interventi proposti dai professionisti, mirano solo a preservare il più a lungo possibile le capacità residue, senza poter arrestare il decadimento cognitivo, che resta una condizione irreversibile. Al momento, non esistono cure in grado di fermare o invertire la malattia.