Il Disturbo da Deficit di Attenzione Iperattività (ADHD) rientra nella categoria dei Disturbi del Neurosviluppo che esordiscono nell’infanzia e causano una compromissione nel funzionamento personale, sociale, scolastico o lavorativo.
In questo articolo cercheremo di chiarire, con l’aiuto della dottoressa Francesca Grotta, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino specializzata in Neuropsicologia dello Sviluppo, quali sono le possibili cause alla base del deficit dell’attenzione, le principali manifestazioni, e come diagnosticare e trattare questo disturbo.
Che cosa è l’ADHD?
L’ADHD, acronimo di Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività), è un disturbo del neurosviluppo che si manifesta nei primi anni di vita e può persistere anche nell’età adulta. I sintomi principali riguardano l’inattenzione, l’iperattività e l’impulsività, con una varia intensità e combinazione tra questi aspetti.
Chi è affetto da ADHD si mostra facilmente distratto, è disorganizzato e presenta difficoltà nel portare a termine attività e compiti, oltre a iperattività dal punto di vista motorio. Possono anche presentarsi agitazione e impulsività. In alcuni casi possono presentarsi entrambi i gruppi di sintomi comportamentali.
L’ADHD non è semplicemente un comportamento vivace, ma una condizione neurologica legata a disfunzioni nei meccanismi di regolazione dell’attenzione, della motivazione e del controllo comportamentale. L’ADHD si manifesta prima dei 12 anni di vita, e determinano problematiche in almeno due aspetti della vita del bambino e, in seguito, dell’adulto.
Secondo i dati riportati nel secondo Convegno Regionale AIFA APS Liguria, del marzo 2023, questo disturbo ha una prevalenza del 4% sulla popolazione generale italiana. La presenza di ADHD è stimata in circa il 5% dei bambini ed il 2,5% degli adulti.
Tre tipi di ADHD
I tre tipi di ADHD, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), sono:
- ADHD con predominanza di disattenzione (tipo inattentivo): è caratterizzato da difficoltà a mantenere l’attenzione, frequenti distrazioni, smemoratezza, disorganizzazione e scarsa capacità di portare a termine le attività. Chi ne è affetto può apparire “con la testa fra le nuvole” e spesso viene sottovalutato, soprattutto a scuola
- ADHD con predominanza di iperattività/impulsività: in questo tipo prevalgono comportamenti motori e verbali eccessivi (parla troppo, si agita, si alza continuamente) e impulsività (interrompe, risponde prima che venga completata una domanda, fatica ad aspettare il proprio turno). È più visibile e spesso porta a difficoltà relazionali
- ADHD di tipo combinato: è la forma più comune. Include sia sintomi di disattenzione sia di iperattività e impulsività. I sintomi devono essere presenti in numero sufficiente da entrambi i gruppi, e creare un impatto significativo sul funzionamento quotidiano in diversi contesti (scuola, casa, lavoro).
Sintomi di ADHD nei bambini
Il deficit dell’attenzione è caratterizzato da un pattern persistente di disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento o lo sviluppo del bambino. Inoltre, l’ADHD si sovrappone frequentemente a disturbi quali il Disturbo Oppositivo-Provocatorio e il Disturbo della Condotta.
Sintomi | Descrizione |
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Disattenzione |
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Iperattività |
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Impulsività |
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Sintomi di ADHD negli adulti
Riconoscere i sintomi dell’ADHD negli adulti può essere difficile, in quanto si manifestano in modo più sottile, ma in ogni caso impattante sulla qualità della vita emotiva, professionale, sulla capacità di pensare e di agire.
Sintomi | Descrizione |
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Disattenzione |
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Impulsività |
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Iperattività |
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Difficoltà emotive |
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Impatto sulla vita quotidiana |
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Deficit dell’attenzione: le cause possibili
Le cause del deficit dell’attenzione, o ADHD, possono essere di varia natura e vengono suddivisi in tre categorie:
- genetiche
- neurobiologiche
- ambientali.
Le cause genetiche
Sono molti gli studi familiari che mostrano un’alta prevalenza di ADHD nei parenti dei pazienti affetti da questo disturbo. Inoltre, è stata dimostrata l’esistenza di un’associazione tra deficit dell’attenzione e alcuni geni come quello responsabile della produzione di dopamina, un neurotrasmettitore.
La dopamina è sostanza che media le informazioni tra neuroni ed è alla base di molti processi cognitivi, come ad esempio attenzione e memoria. Per curare il disturbo dell’attenzione quindi, la maggior parte dei farmaci utilizzati aumenta l’efficacia dell’attività della dopamina nella comunicazione tra neuroni, aiutando così il paziente a prestare maggiore attenzione. La terapia farmacologica non è sempre necessaria ed è essenziale affiancarla ad un lavoro specifico con lo psicologo.
Le ragioni neurobiologiche
Con l’ADHD possiamo parlare di predisposizione neurobiologica come avviene per la maggior parte dei disturbi del neurosviluppo. Questa predisposizione si intreccia con l’effetto dell’ambiente: il rischio di sviluppare il disturbo aumenta se alla predisposizione si aggiungono fattori negativi ambientali, mentre diminuisce in presenza di fattori protettivi ambientali.
L’esposizione intrauterina ad alcool o nicotina, la nascita pretermine del bambino e il basso peso alla nascita, infine disturbi cerebrali del bambino (encefaliti, traumi). Tali fattori non causano in maniera diretta questo disturbo ma possono favorire la comparsa di alterazioni nei geni, che portano poi all’insorgenza del disturbo dell’attenzione.
I fattori ambientali
I fattori ambientali modulano l’effetto dei fattori biologici. Quelli che portano a una maggiore espressione della sintomatologia sono:
- instabilità familiare
- conflittualità genitoriale
- disturbi psicologici dei genitori
- stress familiare per cause contingenti (lutti, problemi economici, trasferimenti, traumi e tutti i cambiamenti non desiderati e fonte di preoccupazione e stress nei genitori e/o nel bambino)
- scarsa competenza dei genitori
- rapporto negativo bambino-genitori
- rapporto negativo bambino-insegnanti.
Come si fa a diagnosticare I’ADHD?
Stando al DSM-V ter, nel concreto si ha diagnosi di ADHD quando si è in presenza di almeno 6 dei 9 sintomi di disattenzione, o in presenza di almeno 6 sintomi di iperattività e impulsività.
Risulta di fondamentale importanza che il bambino venga sottoposto ad una valutazione testale al fine di delineare il profilo di funzionamento cognitivo e comportamentale.
La letteratura scientifica, ad oggi, offre diversi strumenti (test neuropsicologici, i questionari per genitori ed insegnanti e le scale di valutazione) volti a misurare la severità del disturbo e seguirne nel tempo l’andamento. Inoltre, sono spesso cruciali per individuare eventuali patologie associate (disturbi d’ansia o dell’umore, disturbi specifici dell’apprendimento) e per studiare i meccanismi neuro-biologici che ne sono alla base.
L’iperattività motoria, il disturbo dell’attenzione e il comportamento impulsivo e aggressivo possono essere sintomi di numerosi disturbi psicopatologici. Occorre quindi sempre verificare se tali patologie “simulino” l’ADHD o se, invece, siano associate all’ADHD (comorbidità).
Test ADHD
Non ci sono test specifici. Tuttavia è possibile che siano svolti questionari, scale di valutazioni e test neuropsicologici.
Strumento | Descrizione |
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Questionari e scale di valutazione | Vengono somministrati a genitori, insegnanti (e talvolta al soggetto stesso, se adulto o adolescente) per raccogliere informazioni sul comportamento in diversi contesti. Tra i più usati:
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Colloqui clinici e anamnesi | Lo specialista (psicologo, neuropsichiatra infantile o psichiatra) effettua un colloquio approfondito per indagare lo sviluppo, il comportamento, la storia familiare e scolastica del bambino o dell’adulto. |
Osservazione diretta del comportamento | In ambito clinico o scolastico, può essere utile per valutare la frequenza e la gravità dei sintomi. |
Test neuropsicologici | Utilizzati per approfondire le funzioni esecutive, l’attenzione sostenuta, la memoria di lavoro e altre abilità cognitive (es. Test di Stroop, Wisconsin Card Sorting Test, Torre di Londra). |
Quanto dura l’ADHD?
L’ADHD è una condizione cronica, il che significa che tende a persistere nel tempo. Mentre alcuni bambini possono sperimentare una riduzione dei sintomi con l’avanzare dell’età, molti individui continuano a manifestare tratti caratteristici anche in età adulta.
L’ADHD, è un vero e proprio disturbo che richiede una valutazione clinica accurata per una diagnosi corretta. E sebbene l’ADHD sia spesso diagnosticato in età pediatrica, e si protragga anche durante l’adolescenza, è possibile che sia riconosciuto solo in età adulta, quando i sintomi possono persistere o manifestarsi in modo diverso rispetto all’infanzia.
Come vive un ADHD?
La vita di una persona con ADHD può essere influenzata da diversi fattori. Le difficoltà nell’attenzione e nell’organizzazione possono rendere complesse le attività quotidiane, come la gestione dei compiti, la pianificazione delle attività e il mantenimento di routine regolari. Ciò può portare a sfide nell’ambito scolastico, lavorativo e nelle relazioni interpersonali.
Le persone con ADHD possono sperimentare frustrazione, senso di colpa e bassa autostima a causa delle difficoltà incontrate. Possono sentirsi inadeguate o percepire di non riuscire a raggiungere il loro pieno potenziale. Eppure, non va dimenticato che le persone con ADHD possono avere anche punti di forza unici, come creatività, pensiero laterale e capacità di pensiero rapido.
Cosa non fare con bambino ADHD?
Quando si interagisce con un bambino con ADHD, è importante evitare alcune pratiche che potrebbero essere inefficaci, se non dannose, nel gestire i sintomi del disturbo. Innanzitutto, è vitale non etichettare il bambino come cattivo o pigrone, dal momento che l’ADHD è una condizione neurobiologica che richiede un sostegno adeguato, non uno stigma.
Si sconsiglia poi ricorrere a punizioni severe o umilianti come strategia disciplinare. Queste pratiche non solo possono danneggiare l’autostima del bambino, ma non sono efficaci nel modificare il comportamento associato all’ADHD. È preferibile invece adottare un approccio positivo, ricompensando il comportamento appropriato e utilizzando strategie di rinforzo positivo.
L’ADHD è curabile?
In senso stretto, non è possibile parlare di una cura definitiva per l’ADHD, ma il disturbo può essere trattato efficacemente attraverso un approccio multimodale che coinvolge interventi psicologici, educativi e farmacologici, se necessario. Gli interventi psicologici includono, come sarà approfondito, terapia comportamentale, interventi educativi mirati, supporto familiare e strategie di gestione dell’ambiente.
La terapia farmacologica può essere prescritta in alcuni casi per ridurre i sintomi dell’ADHD. I farmaci stimolanti, come il metilfenidato, sono spesso utilizzati e si sono dimostrati efficaci nel migliorare l’attenzione e la concentrazione nei pazienti con ADHD.
Come si cura il deficit di attenzione?
Il trattamento del deficit dell’attenzione è di tipo multimodale, ovvero possono essere necessari interventi di tipo farmacologico e psicoterapeutico. L’intervento farmacologico non è sempre necessario mentre quello psicoterapeutico sì.
I soggetti coinvolti nel percorso psicoterapeutico sono sia il bambino con diagnosi di ADHD, sia i familiari che gli insegnanti.
Child training (sviluppare attenzione e autoregolazione)
I bambini con il disturbo dell’attenzione possono beneficiare di una terapia di tipo cognitivo-comportamentale indirizzata sinergicamente verso tutti gli aspetti coinvolti nel disturbo:
- al bambino viene insegnato a pianificare il proprio comportamento nei diversi ambiti di vita e nella risoluzione dei problemi
- lo si aiuta ad acquisire la capacità di autoregolazione dell’impulsività e della disattenzione
- gli si insegna a imparare dai propri errori per autocorreggersi, ma anche a premiarsi quando raggiunge risultati positivi
- si lavora sulle sue abilità sociali, concentrandosi sull’importanza del rispetto delle regole, lo sviluppo di interazioni efficaci e la capacità di comprendere lo stato emotivo altrui.
Terapia farmacologica
Gli psicostimolanti sono considerati i farmaci più efficaci per adolescenti, bambini e adulti con ADHD. I principali effetti positivi riguardano:
- mantenimento dei livelli di attenzione
- controllo dell’impulsività
- gestione dell’iperattività.
L’utilizzo del farmaco per il trattamento dell’ADHD è gestito e monitorato dai Centri di Riferimento Regionali iscritti al Registro Italiano per l’ADHD.
È bene sottolineare che un intervento di tipo farmacologico dovrebbe sempre essere affiancato ad un intervento di tipo psicologico-comportamentale: parent training, child training e teacher training. Inoltre, nonostante la terapia farmacologica venga seguita nei centri regionali di riferimento, la terapia psicologica può essere attivata in qualsiasi centro privato.
Parent training (strategie educative e stili genitoriali)
Per aumentare la consapevolezza e conoscenza del disturbo da deficit dell’attenzione, il coinvolgimento diretto dei genitori è necessario. In questo modo, sarà possibile correggere gli eventuali comportamenti disfunzionali adottati con i propri figli.
Il punto focale del parent training è quello di far sviluppare ai genitori maggiori capacità riflessive in modo da far acquisire loro strategie di educazione che aiutino il bambino ad autogestirsi.
Inoltre, questi tipi di intervento possono promuovere un miglior clima emotivo in famiglia, migliorando la comunicazione con il bambino e definendo le regole da seguire.
Teacher training (strategie per la gestione del comportamento in classe)
Il coinvolgimento degli insegnanti, così come quello dei genitori, ha lo scopo di fornire, inizialmente, le informazioni necessarie a raggiungere una piena conoscenza del disturbo dell’attenzione
Diviene centrale in tale ottica fornire agli insegnanti informazioni su una strutturazione dell’ambiente scolastico che tenga in considerazione bisogni e caratteristiche del bambino iperattivo, per potenziare le sue capacità attentive e gli apprendimenti.
Gli insegnanti devono, inoltre, acquisire strategie utili alla gestione e modifica dei comportamenti disfunzionali e volte a migliorare il rapporto del bambino con i suoi coetanei.
Cosa succede se non si cura l’ADHD?
Ignorare l’ADHD può compromettere profondamente la qualità della vita, con ripercussioni su benessere psicologico, sociale e fisico fin dall’infanzia.
Nei bambini comporta difficoltà scolastiche, basso rendimento, rischio di abbandono e problemi nelle relazioni: fatica a fare amicizia, isolamento, bullismo. Possono svilupparsi comportamenti oppositivi o aggressivi, con aumento o sviluppo di ansia e depressione già in giovane età.
Negli adulti emergono difficoltà lavorative, instabilità emotiva, relazioni conflittuali e bassa autostima. Anche negli adulti, ansia e depressione possono insorgere, insieme a insonnia e abuso di sostanze.
L’ADHD è quindi una sfida che può avere conseguenze negative per tutta la vita. Per questo motivo è importante sensibilizzare sul disturbo e incoraggiare chi ne soffre a individuare i trattamenti più adeguati e a chiedere aiuto a un professionista della salute mentale qualificato.
(14 Aprile 2025)