La resilienza: cosa significa e come svilupparla

La resilienza è la capacità di riprendersi dopo le difficoltà, trasformando le esperienze negative in crescita e opportunità di cambiamento positivo. Vediamo come implementarla.

La resilienza: cosa significa e come svilupparla

La resilienza è la capacità di reagire in modo positivo e di adattarsi alle avversità della vita e alle difficoltà, mantenendo e sviluppando il proprio equilibrio psichico ed emotivo.

È un concetto ampiamente studiato in psicologia e viene considerata una caratteristica importante per la salute mentale e il benessere psicologico. 

La Dott.ssa Michela Natoli, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino, risponde alle domande più comuni sul tema, spiegando cos’è la resilienza e come può aiutare le persone a gestire lo stress, superare le difficoltà e migliorare la propria qualità di vita. 

Quale è il significato di resilienza?

In ambito psicologico, la resilienza è la capacità di un individuo di affrontare e superare eventi traumatici o stressanti, riorganizzando positivamente la propria vita nonostante le difficoltà incontrate. Questo concetto implica non solo la resistenza alle avversità, ma anche la capacità di adattarsi e crescere attraverso di esse.

Il termine resilienza deriva dal latino “resilire”, che significa “saltare indietro” o “rimbalzare”. Inizialmente il termine era utilizzato in ingegneria meccanica per descrivere la capacità di un materiale di tornare alla sua forma originale dopo essere stato deformato. In psicologia, questa metafora è stata adottata per descrivere la capacità umana di riprendersi da situazioni difficili o traumatiche.

Nel concreto le persone resilienti sono in grado di conservare un equilibrio psico-fisico anche in circostanze avverse, ricorrendo alle proprie risorse interne, e al supporto esterno, per fare fronte le difficoltà. Questa capacità non implica affatto l’assenza di stress o la mancanza di sofferenza, è piuttosto una competenza che può essere appresa e che implica il gestire e superare emozioni e situazioni negative in modo costruttivo.

La resilienza può essere considerata anche come il culmine della maturità umana. Le persone in grado di affrontare le sfide della vita con coraggio, perseveranza e una prospettiva positiva tendono a sviluppare legami più stretti e una rete sociale più ampia, oltre a essere più inclini ad esprimere empatia e compassione verso gli altri.

Cosa caratterizza le persone resilienti?

Le persone resilienti sono in grado di adattarsi con successo a ciò che accade, trovare risorse interne ed esterne per affrontare le avversità e sviluppare nuove strategie di coping efficaci. Riescono a gestire in modo più efficace situazioni traumatiche e destabilizzanti, mantenendo una prospettiva costruttiva anziché distruttiva.

Le persone definibili resilienti si distinguono per:

  • autostima e autoefficacia: hanno fiducia nelle proprie capacità di affrontare e risolvere i problemi, riconoscendo sia i propri punti di forza che i limiti
  • locus of control interno: credono di poter avere, almeno in parte, il controllo sugli eventi che si verificano nella loro vita, al punto da non sentirsi passivamente influenzati o in balìa di essi
  • gestione delle emozioni: sono in grado di riconoscere e regolare le proprie emozioni, mantenendo la calma anche sotto pressione
  • flessibilità e adattabilità: si adattano ai cambiamenti e sono aperte a nuove strategie per affrontare le situazioni difficili
  • capacità di risolvere problemi: affrontano le sfide in modo analitico, cercando soluzioni efficaci e creative
  • supporto sociale: valutano e coltivano relazioni significative, riconoscendo l’importanza di una rete di sostegno
  • senso dell’umorismo: utilizzano l’umorismo per distanziarsi dalle difficoltà e mantenere una prospettiva equilibrata
  • responsabilità e proattività: prendono iniziativa e si assumono la responsabilità delle proprie azioni, cercando opportunità di crescita nelle avversità.

Che cosa ostacola la resilienza?

Le capacità di resilienza di una persona non restano immutate per tutta la vita, ma sono soggette a fluttuazioni che risentono di un’ampia varietà di fattori.

Uno dei principali ostacoli è rappresentato dalla sensazione di solitudine che si sperimenta nel trauma e nella sofferenza. Un altro importante fattore, simile ma più concreto rispetto al precedente, può essere rappresentato dalla mancanza di un adeguato sostegno sociale, che può lasciare una persona vulnerabile e priva di risorse durante i momenti difficili. Inoltre, una bassa autostima e la mancanza di fiducia in se stessi possono minare la capacità di una persona di credere nelle proprie capacità.

La mancanza di strategie di coping efficaci, unita a pensieri negativi tipici di una fase depressiva, può rendere difficile affrontare le difficoltà. Anche l’isolamento sociale e l’assenza di connessione emotiva possono influenzare negativamente la resilienza di una persona, privandola di un sostegno emotivo vitale.

Infine, problemi di tipo psicologico non trattati e traumi non elaborati possono avere un impatto significativo sulla tenuta di un individuo di fronte alle avversità. 

Resilienza e antifragilità

Il concetto di antifragilità, introdotto da Nassim Nicholas Taleb, può essere accostato alla resilienza, ma si distingue da essa per la risposta complessiva che viene data da una persona, o da un sistema, rispetto alle difficoltà.

La resilienza, come si è visto, si riferisce alla capacità di resistere e adattarsi agli eventi avversi, mantenendo la propria integrità e stabilità. Un sistema resiliente può sopportare pressioni e stress senza subire danni permanenti, ma non è detto che ne trae vantaggio.

L’antifragilità va oltre. Un sistema antifragile non solo resiste alle difficoltà, ma ne trae beneficio, migliorando e rafforzandosi proprio grazie all’esposizione a stress, caos o incertezza. In questo senso, l’antifragilità implica una crescita e un’evoluzione positiva in risposta alle avversità. Una persona antifragile è più forte e più consapevole, ha maggiori risorse, dopo avere superato un’avversità.

Come si pratica la resilienza?

Diventare resilienti è un processo che implica lo sviluppo di varie abilità e atteggiamenti nel corso del tempo. Ecco alcune pratiche utili:

  • dare senso e riflettere sulle proprie esperienze, inclusi i momenti traumatici o difficili, può fornire una base per la crescita personale e la resilienza.
  • riconoscere e comprendere le proprie emozioni, anche quelle negative, anziché ignorarle o reprimerle.
  • sviluppare strategie di coping per gestire lo stress e affrontare le difficoltà è fondamentale. Tra queste: la meditazione, la respirazione profonda, l’esercizio fisico e la ricerca di supporto sociale.
  • cercare il sostegno degli altri: costruire e mantenere relazioni significative con amici, familiari o comunità può fornire un importante sostegno emotivo durante i momenti difficili
  • essere aperti al cambiamento e capaci di adattarsi alle nuove circostanze può favorire la resilienza, consentendo di superare gli ostacoli in modo più efficace.
  • imparare dagli errori: guardare alle difficoltà come opportunità di crescita e imparare dalle esperienze passate
  • essere gentili con se stessi e praticare l’autocompassione durante i momenti di difficoltà, anziché autocriticarsi
  • competenze sociali: esercitare qualità come empatia, estroversione e ascolto
  • consapevolezza, la capacità di considerare l’esperienza interna ed esterna in modo chiaro e pacifico
  • coltivare una visione positiva della vita, concentrarsi sulle risorse e le opportunità che derivano dalle situazioni e trovare il senso di gratitudine possono contribuire a coltivare la resilienza.

Una competenza da apprendere

Va detto come la resilienza non sia una qualità innata posseduta o meno da un individuo. È piuttosto una competenza che può essere sviluppata e rafforzata nel tempo. I fattori che concorrono al suo apprendimento sono:

  • individuali: come l’autostima, l’ottimismo, la flessibilità cognitiva e la capacità di regolare le emozioni
  • familiari: si tratta del supporto emotivo, della coesione familiare e della presenza di modelli di ruolo positivi
  • sociali: come il sostegno della comunità, le relazioni interpersonali significative e l’accesso a risorse sociali.

Come può essere utilizzata nella psicoterapia?

I professionisti della salute mentale, come psicologi, psichiatri e assistenti sociali, spesso incorporano principi di resilienza nei loro approcci terapeutici.

Nell’ambito della pratica clinica la resilienza può essere infatti utilizzata come guida per sviluppare interventi terapeutici mirati a migliorare il benessere psicologico e promuovere il recupero da eventi traumatici o stressanti.

In psicoterapia il lavoro non si concentra solo sulla cura della patologia, ma mira anche alla crescita e alla maturazione personale. Gli obiettivi includono l’uso di meccanismi di difesa più sani, lo sviluppo di relazioni significative, il riconoscimento e la gestione delle proprie emozioni, una maggiore tolleranza verso ansia e frustrazione, il rafforzamento dell’Io e l’espansione della capacità di riflessione. In questo senso, la costruzione della resilienza è sempre un obiettivo centrale nel percorso terapeutico.

Proprio come gli artigiani del Kintsugi, che ricostruiscono i vasi unendo le parti rotte e impreziosendo le crepe con l’oro per creare forme nuove e più resistenti, così in psicoterapia la persona può lavorare su di sé, sviluppando resilienza e trasformando le proprie ferite in risorse preziose.

Inoltre, la promozione della resilienza può essere un obiettivo importante nei contesti di intervento precoce e di prevenzione. Aiutare le persone a sviluppare abilità di coping efficaci e a costruire reti di supporto solide può ridurre il rischio di sviluppare problemi di salute mentale e migliorare la qualità della vita nel lungo termine.