- A cosa serve la ranitidina
- Reflusso gastroesofageo (GERD)
- Ulcere gastrica e duodenale
- Sindrome di Zollinger-Ellison
- Prevenzione delle ulcere da stress
- Dosaggio della naritidina
- Possibili effetti collaterali
- Controindicazioni e precauzioni
La ranitidina appartiene alla classe degli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina. Questi farmaci inibiscono la produzione di acido cloridrico nello stomaco, riducendo così l’irritazione della mucosa gastrica e facilitando la cicatrizzazione di eventuali lesioni. È impiegata principalmente nel trattamento di condizioni caratterizzate da un’eccessiva secrezione acida, migliorando la qualità della vita dei pazienti con disturbi gastrici.
A cosa serve la ranitidina
↑ topLa ranitidina è indicata in diversi disturbi dell’apparato digerente legati a un’eccessiva produzione di acido gastrico.
Reflusso gastroesofageo (GERD)
↑ topIl reflusso gastroesofageo è causata dalla risalita dell’acido dallo stomaco verso l’esofago, provocando sintomi come bruciore di stomaco e rigurgito acido. La ranitidina aiuta a ridurre la secrezione acida, alleviando i sintomi e prevenendo danni alla mucosa esofagea.
Ulcere gastrica e duodenale
↑ topLa ranitidina favorisce la guarigione delle ulcere nello stomaco e nel duodeno, sia quelle di origine idiopatica che quelle causate dall’uso prolungato di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).
Sindrome di Zollinger-Ellison
↑ topQuesta rara condizione è caratterizzata da una produzione eccessiva di acido gastrico a causa di un tumore secernente gastrina. In questi casi, la naritidina può contribuire a controllare la secrezione acida.
Prevenzione delle ulcere da stress
↑ topNei pazienti ospedalizzati, soprattutto quelli sottoposti a interventi chirurgici o terapie intensive, la ranitidina può essere impiegata per prevenire la formazione di ulcere da stress, che possono insorgere a causa di un’elevata produzione di acido gastrico in condizioni di forte stress fisiologico.
Dosaggio della naritidina
↑ topIl dosaggio varia in base alla patologia trattata e alla risposta individuale del paziente.
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Reflusso gastroesofageo: 150 mg due volte al giorno o 300 mg in un’unica somministrazione serale.
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Ulcera gastrica o duodenale: 150 mg due volte al giorno o 300 mg alla sera per 4-8 settimane.
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Sindrome di Zollinger-Ellison: dosaggi personalizzati che possono raggiungere anche i 600 mg al giorno, suddivisi in più somministrazioni.
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Prevenzione delle ulcere da stress: 150 mg ogni 12 ore nei pazienti a rischio.
Il farmaco può essere assunto con o senza cibo, ma si consiglia di prenderlo alla stessa ora ogni giorno per garantire la massima efficacia.
Possibili effetti collaterali
↑ topLa ranitidina è generalmente ben tollerata, ma alcuni pazienti possono manifestare effetti indesiderati.
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Effetti comuni: mal di testa, vertigini, stanchezza, disturbi gastrointestinali come nausea o stitichezza.
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Effetti meno comuni: rash cutaneo, dolori muscolari, alterazioni nei livelli di enzimi epatici.
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Effetti rari ma gravi: aritmie cardiache, confusione mentale (soprattutto negli anziani), reazioni allergiche severe.
Se si manifestano sintomi come difficoltà respiratorie, gonfiore del viso o forti dolori addominali, è fondamentale contattare subito un medico.
Controindicazioni e precauzioni
↑ topNon tutti i pazienti possono assumere ranitidina in sicurezza.
Ipersensibilità al principio attivo
↑ topChi è allergico alla ranitidina o ad altri antagonisti dei recettori H2 non deve assumerla.
Patologie epatiche o renali
↑ topIn presenza di insufficienza epatica o renale, la ranitidina deve essere utilizzata con cautela, adattando il dosaggio in base alla funzionalità degli organi.
Interazioni con altri farmaci
↑ topLa ranitidina può alterare l’assorbimento di alcuni farmaci che richiedono un ambiente acido per essere efficaci, come il ketoconazolo e alcuni inibitori della proteasi usati per il trattamento dell’HIV.
Gravidanza e allattamento
↑ topL’uso della ranitidina in gravidanza deve essere valutato attentamente dal medico, poiché sebbene non vi siano prove definitive di danni al feto, è preferibile ricorrere ad alternative più sicure quando possibile. Durante l’allattamento, il farmaco può passare nel latte materno, quindi è necessario valutare i rischi e i benefici.