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La cascata coagulativa: cos’è, come funziona, esami

A cura di
Francesco
Caruso

La cascata coagulativa è il processo che permette la riparazione dell’endotelio di un qualsiasi vaso sanguigno, in seguito a lesione. Grazie a questo processo, si previene il rischio di eccessive perdite ematiche.

Che cos’è la cascata coagulativa?

La cascata coagulativa è un processo del sistema emostatico del corpo finalizzato a prevenire eccessive perdite di sangue in seguito a lesioni dei vasi sanguigni. Questo meccanismo si attiva quando i fattori della coagulazione, specifici tipi di proteine presenti nel sangue, interagiscono in una sequenza precisa di reazioni.

In sintesi, la coagulazione del sangue consiste in un insieme di reazioni enzimatiche attraverso le quali i pro-enzimi, ovvero i fattori della coagulazione che sono inattivi, diventano enzimi, ovvero fattori della coagulazione finalmente attivati.

Cosa succede dopo una lesione vascolare?

Nel momento in cui un vaso sanguigno subisce una lesione, le cellule endoteliali danneggiate secernono il fattore di von Willebrand. Questa proteina si accumula presso il sito in cui è avvenuta la lesione vascolare, per agire come un adesivo che facilita l’adesione delle piastrine proprio sulla lesione.

Una volta aderite, le piastrine subiscono una trasformazione, passando da uno stato inattivo ad uno attivo e modificando la loro morfologia. Vengono quindi liberate sostanze quali l’ADP (adenosina difosfato) e il trombossano A2, derivato dall’acido arachidonico che si trova nella membrana cellulare delle piastrine.

L’emissione di questi mediatori promuove ulteriore aggregazione e attivazione di altre piastrine sulla lesione e determina la creazione di un tappo piastrinico.

Il tappo piastrino di per sé non basta affinché si abbia effettiva emostasi. E a questa altezza del processo avviene la cascata coagulativa.

Quali sono le fasi della coagulazione?

La cascata coagulativa avviene attraverso una serie di eventi che si susseguono in tre fasi principali: la fase vascolare, la fase piastrinica, e la fase coagulativa. Per ricapitolare, si hanno:

  • fase vascolare: subito dopo una lesione vascolare avviene la vasocostrizione per ridurre temporaneamente il flusso di sangue
  • fase piastrinica: le piastrine circolanti aderiscono alla parete vascolare danneggiata e si attivano, cambiando forma e rilasciando sostanze che reclutano e attivano altre piastrine. Queste formano un tappo piastrinico temporaneo
  • fase coagulativa: si divide in via intrinseca, attivata dal contatto del sangue con collagene esposto o altre superfici caricate negativamente, e via estrinseca, attivata dal rilascio del fattore tissutale dalle cellule danneggiate. Questi percorsi convergono nella via comune, che porta all'attivazione del fattore X in fattore Xa. Il fattore Xa converte la protrombina in trombina, un enzima chiave che trasforma il fibrinogeno in fibrina. La rete di fibrina stabilizza il tappo piastrinico, formando il trombo finale che arresta l’emorragia.

Va poi detto che l’intero processo è autoregolato da meccanismi di feedback che limitano la formazione del coagulo all’area della lesione ed evitano la formazione di trombi eccessivi che potrebbero occludere i vasi sanguigni in modo inappropriato. Questo delicato equilibrio fra coagulazione e anticoagulazione è essenziale per mantenere il sangue fluido all’interno dei vasi e, allo stesso tempo, permettere una pronta reazione in caso di una lesione.

Autoregolazione dei meccanismi di coagulazione

I sistemi di autoregolazione della coagulazione servono a conservare un equilibrio funzionale tra la coagulazione e la fluidità del sangue.

Uno dei meccanismi fondamentali è il sistema di feedback negativo, in cui l’attivazione dei fattori della coagulazione stimola rilascio di sostanze che inibiscono l’attivazione stessa dei fattori di coagulazione. La trombina, pur con il suo ruolo centrale nella formazione del coagulo, ha anche il compito di attivare le proteine C e proteine S, anticoagulanti naturali, così da regolare e limitare l’estensione della coagulazione.

Un altro importante meccanismo è l’azione dell’antitrombina, che neutralizza vari fattori della coagulazione, inclusa la trombina e il fattore Xa. Va poi considerato il sistema della fibrinolisi: dopo che il coagulo ha svolto il suo ruolo nella cicatrizzazione, il sistema fibrinolitico degrada la fibrina nel coagulo, riportando il vaso sanguigno a uno stato fluido. Il processo è mediato principalmente dalla plasmina, a sua volta regolata da specifici attivatori e inibitori.

Si può indicare infine, l’inibitore del fattore tissutale (TFPI). Il suo ruolo è limitare l’attivazione della coagulazione all'inizio del processo coagulativo, inibendo il complesso fattore VIIa/TF e il fattore Xa. Si tratta di un ulteriore livello di controllo nell’autoregolazione della coagulazione.

Esami per la cascata coagulativa

Per studiare i meccanismi di coagulazione in un paziente, sono previsti diversi esami:

  • tempo di protrombina: misura il tempo necessario per la coagulazione del sangue grazie alla valutazione della via estrinseca e della via comune. L’INR è una normalizzazione del PT per permettere confronti affidabili tra risultati ottenuti con reagenti diversi. Serve a monitorare la terapia anticoagulante orale con warfarin
  • tempo di tromboplastina parziale: valuta la fase iniziale della coagulazione (via intrinseca e comune) e misura il tempo necessario per formare un coagulo dopo l’aggiunta di reagenti. Viene usato per monitorare la terapia con eparina
  • d-dimero: misura i frammenti derivanti dalla degradazione della fibrina durante il processo di fibrinolisi. Livelli elevati di D-dimero possono indicare una trombosi attiva o altre condizioni patologiche, come embolia polmonare o disseminazione intravascolare della coagulazione
  • fibrinogeno: con questo esame si ha il dosaggio della concentrazione di fibrinogeno in circolo. Con valori bassi è possibile che si abbia una capacità ridotta di coagulazione
  • tempo di trombina: valuta la trasformazione del fibrinogeno in fibrina. Può essere prolungato da bassi livelli di fibrinogeno o dalla presenza di anticoagulanti diretti alla trombina
  • esami dei fattori della coagulazione: sono test specifici che mirano a individuare anomalie nei fattori della coagulazione, come i fattori VIII, IX, XI, e XII tra gli altri. Sono fondamentali per diagnosticare disturbi emorragici come ad esempio l’emofilia A e B.