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L’Epstein Barr è un virus che fa parte della famiglia degli herpes virus ed è responsabile della mononucleosi, una patologia infettiva molto comune che, a livello globale, riguarda oltre nove persone su dieci nei primi anni di vita.
L’incidenza di questo virus cambia a seconda che ci si trovi nei Paesi industrializzati o in via di sviluppo. Nei primi, infatti, è più frequente nella fascia d’età che va dai 15 ai 30 anni, mentre nei secondi colpisce più di frequente i bambini in età pediatrica.
Lo sviluppo della mononucleosi è piuttosto lento e l’infezione si manifesta tipicamente con sintomi comuni ad altre malattie infettive come febbre, mal di gola o ingrossamento dei linfonodi. La sintomatologia può perdurare anche per qualche mese.
L'Epstein Barr è capace di sfuggire ai meccanismi di controllo del nostro sistema immunitario. Grazie a questa peculiarità, comune alla famiglia degli Herpesvirus, può rimanere silente e inattivo nell'organismo anche per tutta la vita.
Durante la fase di latenza, infatti, rimane annidato principalmente nei linfociti B e può alterarne il ciclo di vita determinandone la proliferazione in maniera incontrollata.
Sul lungo termine, nelle persone che presentano altri fattori predisponenti (ad oggi ancora poco chiari) questa caratteristica del virus può aumentare il rischio di sviluppare tumori. Questi coinvolgono prevalentemente i linfociti B per l'appunto. Tra le forme tumorali favorite da EBV citate dall'Istituto superiore di sanità ci sono i linfomi (di Hodgkin, di Burkitt e i linfomi cerebrali primitivi), il carcinoma nasofaringeo e il carcinoma gastrico.
Il passaggio dalla fase di latenza a quella attiva del virus può essere causato da vari fattori come lo stress di tipo psicofisico. Nella popolazione femminile, EBV può risvegliarsi durante la gravidanza.
Benché non sia stato ancora stato dimostrato un rapporto di causa-effetto tra l'Epstein Barr e lo sviluppo di malattie autoimmuni, alcuni studi hanno evidenziato un'associazione tra questo virus e la sclerosi multipla, il LES (Lupus Eritematoso Sistemico), la sindrome di Sjögren e l'artrite reumatoide.
Il virus dell’Epstein Barr (EBV) si contrae attraverso la saliva o le secrezioni faringee delle persone con mononucleosi in fase attiva.
Di conseguenza il contagio può avvenire in seguito a:
Raramente la mononucleosi viene contratta in età adulta, in quanto nella maggior parte dei casi si è entrati in contatto col virus già da giovani e si è immunizzati.
Come anticipato, le manifestazioni sintomatologiche della mononucleosi infettiva sono poco specifiche e potrebbero essere associate anche ad altre patologie infettive.
In ogni caso, solitamente, l’esordio della mononucleosi è caratterizzato da un forte mal di gola associato ad un arrossamento dell’arco tonsillare.
Dopodiché, possono comparire altri sintomi quali:
Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, i sintomi scompaiono senza conseguenze nel giro di massimo qualche mese, mentre in circa un terzo dei casi di mononucleosi possono essere coinvolti fegato o milza con conseguenti dolori addominali.
Nelle eventualità più severe, la mononucleosi può causare la rottura della milza, con conseguente emorragia interna e necessità di intervento chirurgico.
Gli esami del sangue per l’indagine diagnostica sull’eventuale presenza di un’infezione consistono nel dosaggio di determinate categorie di anticorpi diretti contro il virus Epstein Barr (anticorpi anti EBV).
A seconda dello stadio dell’infezione, il nostro sistema immunitario, infatti, può produrre diverse tipologie di anticorpi in grado di riconoscere gli antigeni del capside virale (VCA) e attaccarlo:
I test per la mononucleosi possono essere prescritti nei seguenti casi:
I motivi per cui effettuare i test per l’Epstein Barr virus sono:
Per effettuare gli esami ematici per l’Epstein Barr virus è sufficiente prelevare un campione di sangue venoso.
Non è prevista alcuna preparazione specifica per effettuare questo tipo di esami.
Come anticipato, la presenza o meno di determinate categorie di anticorpi contro gli antigeni del virus può rivelare lo stato dell’infezione.
In particolare, la positività agli anticorpi VCA IgM potrebbe indicare che l’infezione è in corso e si trova al suo stadio iniziale.
La presenza di anticorpi IgG contro l’antigene del capside virale (VCA IgG) è riscontrabile in quantità elevate durante la fase acuta dell’infezione. In questa fase, inoltre, vengono rilevati anche gli anticorpi diretti contro l’antigene precoce (EA-D) che, in circa un caso su cinque, continuano ad essere rilevabili anche a distanza di anni dalla guarigione.
Infine, gli anticorpi prodotti contro l’antigene nucleare del virus possono comparire da due fino a quattro mesi di distanza dall’esordio dell’infezione e restano nell’organismo per tutta la vita.
Innanzitutto, è necessario premettere che non esistono trattamenti specifici per la cura della mononucleosi infettiva. Ad oggi, infatti, la somministrazione di farmaci antivirali contro gli herpes virus non si è rivelata efficace, soprattutto nella capacità di bloccare la replicazione dell’Epstein Barr virus.
Dunque, almeno nella fase iniziale dell’infezione, l’unica prescrizione è il riposo. Dopodiché possono essere somministrati analgesici e corticosteroidi, a seconda dei casi e in presenza di eventuali complicanze.
Il riposo assoluto è consigliato perlomeno per la prima settimana, durante la fase acuta dell’infezione in cui i sintomi possono essere più severi.
Vanno, poi, evitati, almeno per un mese, sport (di contatto soprattutto), alla luce del possibile rischio di rottura della milza, una delle complicanze della mononucleosi infettiva.
In caso di febbre o dolori, è possibile assumere, sempre in accordo con il proprio medico, paracetamolo o FANS (antinfiammatori non steroidei).
La somministrazione di corticosteroidi, infine, può essere indicata in caso di complicanze quale, ad esempio, un gonfiore severo delle vie aeree.