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Il litio è un elemento chimico che viene utilizzato come farmaco di tipo antipsicotico. Il suo utilizzo principale, a tal proposito, riguarda il trattamento del disturbo bipolare, conosciuto anche come sindrome maniaco-depressiva, un disturbo dell’umore caratterizzato da gravi oscillazioni dello stato d’animo.
Il litio serve a stabilizzare l’umore delle persone affette da sindrome maniaco-depressiva e, quindi, a limitare proprio queste oscillazioni.
Oltre al trattamento del disturbo bipolare, in alcuni casi, questo farmaco può essere somministrato anche a pazienti che soffrono di disturbi di tipo compulsivo, schizofrenia, ma anche cefalea a grappolo. Può essere utilizzato, inoltre, nelle terapie prescritte per alcune patologie di tipo psichiatrico che riguardano i bambini.
Gli effetti del litio sull’umore del paziente affetto da disturbo bipolare non sono immediati. Si tratta, infatti, di un farmaco a rilascio lento, per cui è necessario attendere alcune settimane se non mesi per riuscire a vedere i primi risultati. La somministrazione terapeutica del litio ha come obiettivo il raggiungimento di un livello ematico stabile che, tuttavia, può cambiare da individuo a individuo, in base a fattori come lo stato di salute generale della persona, la sua età o la contemporanea assunzione di altri tipi di farmaci.
Raggiungere un livello stabile di litio nel sangue è importante in quanto sia dosi troppo basse sia dosi elevate possono comportare sul paziente conseguenze negative. Nel primo caso, infatti, una litiemia bassa potrebbe essere indice di una terapia che si sta rivelando inefficace. Nel secondo, invece, livelli ematici di litio troppo elevati potrebbero risultare tossici per l’organismo.
Il litio può essere assunto per bocca, ma si trova in piccole quantità anche in cibo ed acqua. L’organismo umano lo assorbe attraverso il flusso ematico che, a sua volta, lo può trasportare a tutti gli organi, incluso il cervello.
Dopodiché può essere eliminato con le urine attraverso l’azione filtrante dei reni.
Come anticipato, il litio viene utilizzato principalmente per il trattamento del disturbo bipolare. Questa patologia mentale è dovuta a squilibri di tipo biologico che avvengono al livello del sistema nervoso e del cervello in particolare, nei centri adibiti alla gestione del comportamento e delle emozioni.
Il litio sarebbe in grado di correggere, anche se solo parzialmente, tali squilibri e, di conseguenza, potrebbe stabilizzare le oscillazioni dell’umore tipiche del disturbo bipolare.
Questo farmaco, nei casi in cui è ben tollerato dal paziente, può essere utile a ridurre l’incidenza dei suicidi, che sono una delle conseguenze più gravi del disturbo bipolare e a prevenire forme depressive o episodi maniacali.
Come anticipato, siccome il litio è un farmaco a rilascio lento, lo specialista, nell’attesa che il paziente benefici dei primi effetti, può prescrivere, in aggiunta, altri psicofarmaci nella fase iniziale del trattamento per il disturbo bipolare.
Per scongiurare il rischio di ricadute, è importante non interrompere bruscamente l’assunzione di litio. Al contrario, il dosaggio va scalato progressivamente e sempre su consiglio del medico curante.
Il test per la misurazione del litio nel sangue viene prescritto principalmente nel corso di una terapia farmacologica, nel momento in cui è stato definito il dosaggio più corretto per il paziente.
L’esame del sangue verrà, quindi, effettuato a intervalli regolari per monitorare la concentrazione ematica del litio nel tempo.
Il medico può richiedere questo tipo di analisi anche qualora si sospetti che la litiemia sia troppo bassa e si prospetti il rischio che la terapia possa rivelarsi inefficace.
Stesso discorso vale per livelli troppo alti di litio nel sangue, che potrebbero essere tossici per il paziente.
La litiemia viene misurata, solitamente, nelle fasi iniziali di una terapia, una volta alla settimana. Successivamente, la cadenza del test può essere di una volta ogni due mesi e, infine, ogni tre o quattro mesi.
Siccome l’intossicazione da litio può coinvolgere reni e tiroide, con una cadenza di due volte all’anno, vengono prescritti gli esami per il controllo della stato di salute di questi due organi.
Per effettuare la misurazione ematica della concentrazione di litio, è sufficiente il prelievo di un campione di sangue venoso.
Non c’è alcun tipo di preparazione specifica per l’esecuzione di questo test, anche se è necessario avere informazioni riguardo all’assunzione dell’ultima dose di litio da parte del paziente.
Quando si sta seguendo una terapia farmacologica che prevede l’assunzione del litio, la concentrazione di questo farmaco nel sangue dovrebbe essere compresa tra 0,6 e 1,2 millimoli per litro (mmol/L).
In altre parole, finché i livelli ematici di litio sono compresi in questo range, il paziente dovrebbe ben tollerare la terapia e non dovrebbe accusare i tipici sintomi dell’intossicazione.
I valori di riferimento degli esami di laboratorio possono variare a seconda della metodologia di analisi dei campioni, quelli indicati in questa scheda hanno uno scopo puramente informativo. Fai sempre riferimento alle indicazioni riportate sul tuo referto.
La buona risposta al farmaco o, al contrario, la manifestazione di sintomi di tossicità possono variare, come già accennato, da persona a persona. In alcuni casi, i pazienti non rispondono adeguatamente al trattamento, in quanto le dosi hanno concentrazioni troppo basse. In altri, la quantità di litio somministrata può rientrare nel limite superiore dell’intervallo di concentrazione e provocare sintomi da intossicazione. Di conseguenza, sono estremamente importanti il confronto e la collaborazione tra medico e paziente, al fine di individuare il dosaggio migliore e massimizzare l’efficacia della terapia.
A livello teorico, al netto delle differenze individuali, la concentrazione di litio nel sangue dovrebbe rientrare nell’intervallo sopra riportato.
Le principali manifestazioni sintomatologiche che possono rivelare una litiemia superiore ai valori indicati dall’intervallo di riferimento sono difficoltà respiratorie e reazioni tipicamente allergiche quali gonfiore di labbra, lingua o gola e orticaria.
L’intossicazione da litio, a livello di sintomi, comprende anche:
In presenza di una intossicazione particolarmente severa, con litiemia estremamente alta, il soggetto può accusare anche convulsioni, insufficienza renale e, in casi estremi, andare incontro a morte.
Il litio è controindicato sia nel corso di una gravidanza sia durante l’allattamento (in quanto è escreto nel latte materno). La sua assunzione da parte di donne incinte, infatti, può provocare danni al feto.
Per questa ragione, è consigliabile che qualunque donna in età fertile, prima di iniziare una terapia a base di litio, svolga un test di gravidanza.
Se, invece, la terapia è già in corso, in caso di gravidanza, è necessario scalare gradualmente le dosi di litio seguendo scrupolosamente le indicazioni del medico curante per ridurre al minimo il rischio di ricadute.
Dopo il parto, si può riprendere, sempre gradualmente, la terapia per scongiurare la ricomparsa di sintomi da disturbo bipolare o episodi di tipo maniacale. In questo caso, però, è necessario evitare l’allattamento al seno.
Tra gli effetti indesiderati di una terapia a base di litio, ci può essere anche il coinvolgimento della tiroide.
Il litio, infatti, può causare gozzo e ipotiroidismo in quanto impedisce il rilascio di ormone tiroideo. Questo disturbo è più frequente nella popolazione femminile rispetto a quella maschile.
I disturbi della tiroide, tuttavia, non sono necessariamente il risultato del trattamento con il litio, ma è comunque importante monitorare la funzionalità di quest’organo sia all’inizio della terapia sia nel corso del mantenimento.
Sono, invece, molto più rari i casi di ipertiroidismo associabili all’assunzione di litio.