L'osteonecrosi è la morte del tessuto osseo provocata da un mancato o ridotto afflusso di sangue. Vediamo sintomi, cause e trattamento.
Cos'è l’osteonecrosi?
Con il termine osteonecrosi s’intende la morte del tessuto osseo. Anche conosciuta come necrosi avascolare o necrosi ossea, si verifica precisamente quando il flusso sanguigno verso un’area ossea diminuisce o viene interrotto.
A differenza di quanto si creda, infatti, anche le ossa sono tessuti vivi che necessitano di sangue e ossigeno. Quando questi elementi vengono meno, le cellule che le compongono vanno incontro a morte prematura. La morte delle ossa può comportare tutta una serie di problemi muscolo-scheletrici, come la comparsa di microfrattura a livello del tratto coinvolto.
Negli stadi avanzati, la patologia può provocare il collasso osseo, che si verifica dopo settimane o mesi dall’interruzione del flusso sanguigno: il tessuto necrotico, non avendo più la resistenza del tessuto osseo sano, crolla sotto il peso del corpo causando una deformazione.
Nella maggior parte dei casi, l’osteonecrosi colpisce le articolazioni, in particolare quella dell’anca, ma può manifestarsi in altre sedi corporee, come ginocchio, mandibola e piede. La malattia può colpire chiunque, con una maggiore incidenza negli uomini tra i 30 e i 60 anni di età.
Come si manifesta l’osteonecrosi? Segni e sintomi
Nelle fasi iniziali, solitamente l’osteonecrosi è asintomatica. Il dolore si sviluppa, in genere, in maniera graduale, ma potrebbe comparire anche improvvisamente (dolore acuto). Aumenta con la progressione del collasso dell’osso o dell’articolazione, ed è aggravato dal movimento e dai carichi. Il dolore è di solito associato a:
- Rigidità
- Gonfiore
- Limitazione dei movimenti delle articolazioni
- Fratture insolite.
Negli stadi più avanzati della malattia, il tessuto osseo necrotico collassa del tutto. Quando a essere coinvolte sono le articolazioni, queste possono degenerare, perdendo del tutto la propria funzionalità.
Cause e fattori di rischio
La causa all’origine dell’osteonecrosi, come accennato in precedenza, è la diminuzione o l’interruzione del flusso di sangue e ossigeno nel tessuto osseo. Questa condizione può avere cause traumatiche (nella maggior parte dei casi) o non traumatiche.
Osteonecrosi traumatica
I traumi sono la prima causa di osteonecrosi, dal momento che possono danneggiare i vasi sanguigni e compromettere il flusso di sangue all’osso. Le cause traumatiche più frequenti dell’osteonecrosi comprendono:
- Lesioni acute, come fratture o lussazioni
- Lesioni da stress ripetute, come quelle che possono verificarsi negli atleti o in coloro che svolgono lavori che richiedono movimenti ripetitivi, che possono causare microtraumi reiterati all'osso
- Interventi chirurgici all'osso, come la sostituzione dell'anca o del ginocchio.
Osteonecrosi non traumatica
L’osteonecrosi di origine non traumatica è più frequente negli uomini tra i 30 e i 50 anni che nelle donne, e in genere è bilaterale. I fattori all’origine della malattia includono principalmente:
L’uso prolungato di cortisonici, per via orale o endovenosa, nel 35% dei casi è associato all’insorgenza dell’osteonecrosi. Sebbene il meccanismo non sia del tutto chiaro, si ritiene che il mancato afflusso di sangue all'osso sia dovuto a un accumulo di grassi nei vasi sanguigni.
Così come per l’uso cronico di corticosteroidi, anche l’abuso di alcol altera il metabolismo dei grassi, provocandone l'accumulo nei vasi sanguigni e causando anomalie nel flusso di sangue. Allo stesso modo, l’occlusione dei vasi può essere provocata da trombi, emboli e altri danni alle pareti vasali, dovuti a malattie autoimmuni come la vasculite.
Nell’anemia falciforme, invece, i globuli rossi presentano una conformazione alterata, che rende difficile il passaggio del sangue all’interno dei vasi sanguigni più piccoli come quelli che nutrono l’osso. L’osteonecrosi, in questo caso, può essere multifocale e verificarsi in diverse ossa lunghe, dando origine a improvvise crisi dolorose.
Quali ossa e articolazioni sono più colpite?
L’osteonecrosi colpisce maggiormente le ossa lunghe, come il femore e l'omero. Nel caso delle ossa, a subire la frattura e l’eventuale collasso sono le epifisi, ovvero la porzione terminale delle ossa che partecipa anche alle articolazioni.
Per quanto riguarda le articolazioni, invece, quelle più soggette alla patologia sono quelle di:
- Anca
- Ginocchia
- Spalle
- Caviglie
- Polso
- Mandibola.
Anca o testa del femore
L’osteonecrosi dell’anca, anche nota come necrosi della testa del femore, si articola in più fasi. Nello specifico, come accennato, la morte del tessuto osseo interessa la testa femorale. Il dolore all’anca è di solito il primo sintomo, ed è localizzato principalmente a livello dell'inguine da dove può irradiarsi lungo la coscia e il gluteo. Il collasso osseo può provocare deformazione della testa del femore e artrite secondaria.
La progressione della malattia comporta una limitazione dei movimenti, con difficoltà nel mantenere la stazione eretta e rilasciare il peso sull’arto. Generalmente, può insorgere una andatura claudicante. Questa forma colpisce soprattutto gli uomini di età compresa tra i 40 e i 60 anni.
Spesso l’osteonecrosi dell’anca è idiopatica, ovvero non si conosce la causa. Quando invece, la causa è nota, molto spesso di tratta di:
- Frattura o lussazione dell’anca
- Terapia prolungata con cortisone
- Alcool
- Algodistrofia dell’anca
- Anemia falciforme
- Embolia gassosa da decompressione
- Malattia di Gaucher.
Un trattamento tempestivo è di fondamentale importanza per una buona risoluzione della malattia.
Ginocchio
L’osteonecrosi spontanea del ginocchio si manifesta di solito con dolore improvviso, non dovuto a traumi pregressi. È più frequente nelle donne anziane. Il dolore acuto e la sua sede, possono differenziarla dall'osteonecrosi classica.
Il dolore è localizzato in genere sul piatto tibiale o sul condilo femorale mediale (ovvero una delle due protuberanze che si trovano sull'estremità inferiore del femore) e si accompagna a versamento articolare non infiammatorio e movimento claudicante.
Omero
L’osteonecrosi della testa dell’omero è solitamente meno dolorosa e invalidante rispetto al coinvolgimento di ginocchio e anca. Il dolore può essere incostante, ma diventa continuo con l’avanzare della malattia, soprattutto di notte, ed è spesso associato a rigidità della spalla di grado variabile. Con la progressione della malattia, si verifica una limitazione e riduzione drastica dei movimenti.
Mandibola
L’osteonecrosi mandibolare può svilupparsi in modo spontaneo o in seguito a:
- Traumi
- Estrazioni dentarie
- Terapia con alte dosi di bifosfonati EV o denosumab.
La patologia può rimanere asintomatica per un lungo periodo, e si manifesta principalmente con dolore, come primo sintomo, e alcuni segni come la fuoriuscita di materiale purulento dall’osso esposto nella mandibola. Può verificarsi un coinvolgimento di denti e gengive, con la comparsa di fistole dentro o fuori dal cavo orale.
Diagnosi
Per la diagnosi dell’osteonecrosi sono necessari alcuni esami strumentali specifici, dal momento che l’esame obiettivo e l’anamnesi non sono sufficienti.Tra i test più utilizzati rientrano:
- Raggi X (RX), per rilevare i cambiamenti ossei che si verificano negli stadi avanzati della malattia
- Scintigrafia ossea, seppure non chiarisca la natura dei disturbi individuati
permette di ottenere immagini relative all’anatomia e all’attività delle ossa, mostrando con chiarezza alterazioni patologiche
- Risonanza magnetica nucleare (RMN), per visualizzare le alterazioni ossee durante gli stadi avanzati della malattia.
Una diagnosi precoce è di estrema importanza per una buona efficacia delle cure.
Come si cura la necrosi ossea?
La cura dell’osteonecrosi mira a ridurre i sintomi e rallentare la progressione della patologia. Può avvalersi di trattamenti farmacologici o conservativi, come la fisioterapia e il riposo, nei primi stadi della patologia. Mentre, quando l’infarto osseo raggiunge uno stadio avanzato, i trattamenti conservativi potrebbero risultare insufficienti o inefficaci, ed è necessario rivolgersi alla chirurgia.
Trattamento farmacologico
I farmaci più utilizzati nella cura dell’osteonecrosi sono:
- FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), utili per alleviare il dolore e i processi infiammatori a carico dell’osso
- Farmaci contro l’osteoporosi, come il bifosfonato alendronato, efficace nel rallentare la progressione della necrosi dell’osso. Va tuttavia ricordato che un uso eccessivo di bifosfonati, come detto sopra, può avere tra gli effetti avversi l'insorgenza di osteonecrosi
- Farmaci che riducono il colesterolo: per diminuire il livello di lipidi nel sangue, e migliorare così la circolazione sanguigna nei vasi che hanno causato osteonecrosi
- Anticoagulanti, per prevenire la formazione di coaguli nel sangue, a vantaggio della circolazione.
Fisioterapia e riposo
La fisioterapia si rende utile quanto il collasso osseo ha limitato la mobilità dell’articolazione.
Il riposo invece è di fondamentale importanza per evitare ulteriori stress sull’osso o l’articolazione colpita. In alcune forme di osteonecrosi, come quella dell'anca e del ginocchio, è raccomandato l’utilizzo di stampelle per un certo periodo di tempo.
Trattamento chirurgico
Si ricorre al trattamento chirurgico negli stadi avanzati dell’osteonecrosi, quando tutti gli altri rimedi si sono rivelati inefficaci. Le operazioni per l'osteonecrosi comprendono:
- Decompressione ossea: la rimozione di una porzione di tessuto osseo malato con il fine di stimolare la rigenerazione di nuovo tessuto nella parte sana
- Trapianto osseo: la sostituzione della parte necrotica dell’osso con una porzione di osso sano prelevato da un’altra parte del corpo (autotrapianto) o da un donatore.
- Osteotomia: l’asportazione di alcune parti dell’osso malato, con lo scopo di ridistribuire il peso che grava sull’area necrotica
- Protesi articolare: si tratta del rimedio estremo per i casi in cui il collasso osseo è già avvenuto.
Dal momento che l’osteonecrosi è una patologia cronica, degenerativa e invalidante, una terapia tempestiva è di fondamentale importanza ai fini di una buona prognosi.