Che cos’è la poliomielite?
La poliomielite, anche conosciuta come polio, è una grave infezione virale che può interessare il sistema nervoso centrale e, in particolare, i neuroni motori del midollo spinale.
Il poliovirus che provoca la malattia ha come unico serbatoio naturale l’essere umano e può colpire persone di tutte le età, ma è particolarmente aggressivo nei confronti dei bambini sotto i cinque anni.
Oggetto di numerose epidemie nel corso del XIX secolo, la poliomielite è stata a lungo temuta per i suoi effetti devastanti sulla popolazione, prima che l’avvento del vaccino anti polio e gli sforzi delle organizzazioni sanitarie globali mettessero un freno alla sua diffusione. Il programma di eradicazione della malattia portato avanti negli anni dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dalle istituzioni di tutto il mondo è stato così efficace da ridurre drasticamente (del 99%) i casi registrati.
Cosa causa la poliomielite?
La poliomielite è causata da tre sierotipi di poliovirus (1, 2 e 3), appartenenti al genere enterovirus. Questi virus possono annidarsi a livello intestinale, causando una malattia asintomatica o lievemente sintomatica, ma hanno anche la capacità di diffondersi attraverso il flusso sanguigno nel sistema nervoso centrale, distruggendo i neuroni che colpiscono e provocando una paralisi parziale o totale.
La polio ha generalmente effetti più severi sui muscoli delle gambe, che possono andare incontro a una paralisi flaccida, con la perdita di tono muscolare e il rilassamento dei muscoli stessi. Nei casi più gravi, la malattia può portare alla tetraplegia e colpire i muscoli controllati dai nervi cranici, compromettendo la respirazione, la deglutizione e la capacità di parlare.
Poliomielite: sintomi
I sintomi che si associano alla polio possono variare a seconda della forma con cui si manifesta.
Nella maggioranza dei casi, la poliomielite rappresenta una condizione asintomatica o caratterizzata da sintomi lievi simil-influenzali: febbre, nausea e vomito, dolore addominale, stipsi o diarrea, mal di gola, malessere. Si parla in questi casi di poliomielite minore o subclinica.
In una piccola percentuale (5% dei casi clinici), si verifica una poliomielite non paralitica che dà luogo a meningite asettica contraddistinta da:
- cefalea
- febbre
- dolore all’addome
- vomito
- fiacchezza
- letargia
- irrigidimento di collo, schiena braccia e gambe
Solo nell’1% dei casi si ha una poliomielite paralitica, che produce danni a livello neurologico e può indurre una paralisi, potenzialmente mortale, di alcuni importanti distretti muscolari. I sintomi in questo caso sono dapprima simili a quelli di un’ordinaria influenza per poi evolvere in:
- perdita di riflessi
- perdita provvisoria della sensibilità
- dolori muscolari severi
- spasmi muscolari
- incapacità di deambulazione
- paralisi flaccida, che nei casi peggiori può compromettere le funzioni di respirazione e deglutizione, con un aumentato rischio di insufficienza respiratoria e soffocamento
Quando si prende la poliomielite?
La trasmissione del poliovirus avviene principalmente per via orofecale, favorita da misure igienico-sanitarie insufficienti. Questo significa che il virus può essere trasmesso attraverso l'ingestione di acqua o cibi contaminati da feci contenenti il virus. Inoltre, il virus può essere trasmesso tramite il contatto con la saliva e il catarro di soggetti ammalati o portatori sani.
Un aspetto preoccupante della polio è che il virus può moltiplicarsi nella mucosa orofaringea, nell'intestino e nei tessuti linfatici sottostanti, diffondendosi attraverso le feci ben prima che i sintomi della malattia diventino manifesti. Ciò significa che una persona può essere infetta e trasmettere il virus senza nemmeno rendersene conto.
Dove esiste ancora la poliomielite?
Oggi la diffusione della poliomielite è sensibilmente calata grazie al piano di eradicazione mondiale, e risulta debellata nella maggior parte dei paesi del mondo. Tuttavia, permangono alcune regioni in cui la malattia è ancora presente, in particolare due Stati considerati endemici, dove cioè il virus viene tuttora attivamente trasmesso all'interno delle comunità: Afghanistan e Pakistan.
Poliomielite: cura e prevenzione
Ad oggi non esiste una cura specifica per la poliomielite, se non trattamenti sintomatici che mirano a dare sollievo dai sintomi e a limitare il rischio di complicanze. Le principali misure terapeutiche includono:
- riposo prolungato
- uso di farmaci antipiretici per la cura dei sintomi simil influenzali
- analgesici contro dolori muscolari, articolari e cefalea, e antibiotici per la
- prevenzione di infezioni batteriche
- riabilitazione tramite terapia fisica e l'uso di tutori e scarpe correttive
- supporto respiratorio, nei casi in cui la malattia colpisca i muscoli respiratori
La vera arma contro le conseguenze della poliomielite è la prevenzione, dunque la vaccinazione. Sono due i principali vaccini utilizzati: il vaccino inattivato di Salk (IPV), somministrato per iniezione intramuscolo, e il vaccino vivo attenuato di Sabin (OPV), somministrato per via orale. Quello di Sabin è stato a lungo il vaccino d’elezione nella campagna mondiale di eradicazione della poliomielite e ha permesso di debellare il virus in Europa.
Tuttavia, in circostanze molto rare, sono stati riscontrati dei casi in cui il virus attenuato in OPV è mutato in un ceppo capace di provocare poliomielite paralitica. Per questo oggi la tipologia utilizzata in Italia e negli altri Paesi avanzati è il vaccino inattivato, che protegge da tutti e tre i sierotipi del virus. In Italia, il ciclo di vaccinazione prevede cinque somministrazioni, di cui tre nel primo anno di vita, una tra i 4 e i 6 anni e un’ultima durante l’adolescenza, tra i 12 e 13 anni.
Chi deve fare il vaccino antipolio?
Come si è visto, la vaccinazione antipolio è una parte essenziale del programma di vaccinazione di routine per tutti i bambini. Oltre ai più piccoli, la vaccinazione contro la poliomielite è raccomandata anche per alcune categorie di adulti:
- persone che viaggiano in aree in cui la poliomielite è ancora endemica o in cui sono stati segnalati focolai residui sono invitati a verificare il loro stato vaccinale e, se necessario, a ricevere una dose di richiamo prima di partire
- professionisti della salute, che potrebbero venire in contatto con il virus dovrebbero essere adeguatamente vaccinati