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Treponema pallidum, che cos’è e come diagnosticarlo


Il Treponema pallidum è il batterio responsabile della sifilide, la terza malattia infettiva a trasmissione sessuale più frequente al mondo dopo la clamidia e la gonorrea

Che cos’è il Treponema pallidum?

Il Treponema pallidum è il batterio responsabile della sifilide, un’infezione a trasmissione sessuale. Questa patologia, a livello mondiale, è la terza infezione a trasmissione sessuale più frequente, dietro alla clamidia e alla gonorrea

Questo batterio può essere trasmesso sia attraverso un rapporto sessuale di qualsiasi tipo (vaginale, orale o anale) sia tramite il contatto con sangue infetto. 

Il Treponema può essere trasmesso anche dalla madre al nascituro, attraverso la placenta, nel corso della gravidanza. In questo caso si parla di sifilide prenatale o congenita. Qualora la trasmissione avvenga dopo la nascita, ad esempio con l’allattamento, si parla di sifilide acquisita. Infine, l’infezione acquisita al momento del parto comporta sifilide connatale.

Treponema IgG positivo e IgM negativo 

La presenza del Treponema pallidum all’interno dell’organismo può essere diagnosticata attraverso indagine sierologica. Questo esame serve a identificare la risposta anticorpale determinata dallo sviluppo dell’infezione, a partire dalle prime fasi della stessa. In particolare, a partire dalla seconda settimana successiva al contagio, con l’indagine sierologica è possibile rilevare gli anticorpi IgM, mentre dalla quarta in poi è possibile riscontrare anche le IgG

Le Igm indicano un’infezione primaria. Questi anticorpi tendono a scomparire a differenza delle IgG che restano per tutta la vita nell’organismo in seguito ad un’infezione. Di conseguenza, la positività alle IgM può indicare un’infezione nel suo stadio iniziale, mentre un test IgM negativo può essere il segnale di una infezione pregressa in presenza di Ig totale positivo.

Gli esami per le ricerca degli anticorpi specifici contro il Treponema fanno parte del pacchetto dei test treponemici e si distinguono dai non treponemici che, invece, ricercano gli anticorpi prodotti in risposta a sostanze liberate in seguito all’attività patogena del batterio. I test sierologici non treponemici servono a monitorare l’evoluzione dell’infezione e la risposta dell’organismo ad un eventuale trattamento terapeutico. 

Gli anticorpi rilevati dai test treponemici, dal canto loro, sono in grado di attraversare la placenta. In caso di presenza di questi nel siero neonatale, quindi, non indicano necessariamente infezione neonatale, ma semplicemente la possibile positività della madre alle IgG.

Quando fare l’esame per la sifilide?

Il medico può richiedere il test per il Treponema pallidum in presenza di una sintomatologia che comprenda:

  • Sifiloma (alla gola o ai genitali)
  • Eruzioni cutanee solitamente non pruriginose (possono comparire sotto la pianta dei piedi o sul palmo delle mani)
  • Febbre
  • Linfonodi ingrossati
  • Sintomi simil influenzali

Il test per il Treponema viene, invece, consigliato ai pazienti che sono già sottoposti a trattamento per altre patologie a trasmissione sessuale; alle gravide, tipicamente alla prima visita, dopo il terzo trimestre e in seguito al parto se le donne sono considerate ad alto rischio. Tra i pazienti che dovrebbero sottoporsi al test ci sono anche le persone affette dal virus dell’Hiv e i soggetti con comportamenti sessuali che sono considerati a rischio.

Qual è il campione richiesto?

Per effettuare l’esame per la ricerca degli anticorpi anti Treponema pallidum è sufficiente un campione di sangue venoso.

Cosa causa il Treponema pallidum?

Le conseguenze determinate dal Treponema pallidum sull’organismo dipendono dallo stadio dell’infezione. La sifilide, nella sua fase iniziale, si manifesta tipicamente con sifilomi, ossia ulcera che possono comparire nell’area genitale, sull’ano, in gola o in bocca. Si tratta di lesioni rosso scuro, indolenti, nodulari e dure al tatto.

Nello stadio secondario, nel quale si può entrare dopo 2-8 settimane dal contagio, sulla cute possono comparire macchie di colore rosa, le cosiddette roseole sifilitiche, che possono interessare sia il tronco sia gli arti, in un secondo momento. La localizzazione tipica delle roseole sono i palmi delle mani e le piante dei piedi. In concomitanza con le manifestazioni cutanee dell’infezione, in questa seconda fase il paziente può soffrire anche di linfoadenopatia generalizzata, caratterizzata da linfonodi dolenti, duri e mobili. Possibili anche sintomi simil influenzali, mal di gola e febbre. Questa sintomatologia può scomparire da sola anche se non trattata, ma non significa che l’infezione non sia più in corso. Semplicemente, potrebbe essere progredita nella sua fase latente.

Eruzioni cutanee su palmi delle mani e piante dei piedi possono essere la manifestazione sintomatologica della sifilide congenita, così come le lesioni di tipo papuloso intorno a bocca, naso e nella zona del pannolino. Anche nella sifilide congenita possono essere presenti linfoadenopatia, osteocondrite (con possibilità di fratture patologiche) e epatosplenomegalia (ingrossamento contemporaneo di milza e fegato). La sifilide può, infine, causare nel lattante un rallentamento nello sviluppo.

In caso di sifilide congenita tardiva, ossia la forma che si presenta solitamente nelle sue manifestazioni cliniche a partire dal secondo anno di vita, può comportare disturbi all’udito o lesioni agli occhi.