Il West Nile virus è un virus responsabile della febbre West Nile. Scopriamo come viene trasmesso, cosa comporta e le misure disponibili per prevenire il contagio.
Che cos’è la febbre da West Nile virus?
La febbre West Nile (in inglese West Nile Fever) è una patologia scatenata dall'infezione del virus West Nile, un virus appartenente alla famiglia dei Flaviviridae identificato per la prima volta nell’omonimo distretto di West Nile, in Uganda, nel 1937.
Il West Nile è oggi diffuso in diverse regioni geografiche a livello globale, dall'Europa all’America, dall'Africa all'Asia occidentale, fino all'Australia.
Cosa fa la zanzara West Nile?
Il contagio del virus West Nile avviene principalmente attraverso le punture di zanzare infette, prevalentemente della specie Culex, che agiscono come vettori trasmettendo il virus dagli uccelli, i principali serbatoi, agli esseri umani. Tuttavia, esistono anche altri canali di trasmissione, anche se assai meno riscontrati, quali la trasfusione di sangue, il trapianto di organi e la trasmissione da madre a figlio durante la gravidanza.
Il virus non colpisce solo gli esseri umani ma anche altri mammiferi come i cavalli, e in minor misura cani, gatti e conigli. La malattia non si trasferisce attraverso il contatto diretto tra persone.
Quanti casi di West Nile ci sono in Italia?
Per contenere i rischi legati alla circolazione sul territorio nazionale del West Nile virus (riscontrato per la prima volta in Toscana nell’estate del 1998), l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute coordinano un piano di sorveglianza epidemiologica dei casi umani, integrata a quella veterinaria, che prevede la pubblicazione di un bollettino periodico.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista “Nature” da un team di ricercatori italiani sulla base dei dati raccolti dall’ISS, nell’arco di dieci anni (dal settembre 2012 al novembre 2022) l'Italia ha registrato un totale di 1576 casi di infezione da West Nile virus, con una media di circa 143 casi all'anno.
La maggior parte dei focolai riscontrati si è rivelata di lieve entità, ad eccezione degli anni 2018 e 2022, in cui si sono registrati rispettivamente 581 e 599 focolai. Escludendo questi due picchi, la media è di circa 44 casi all’anno.
Come capire se si ha la West Nile?
La maggior parte delle persone infette dal West Nile virus non manifesta alcun sintomo, vivendo quello che è noto come un corso asintomatico dell'infezione.
Per coloro che sviluppano i segni clinici della malattia, invece, i sintomi possono variare notevolmente: di solito si tratta di manifestazioni lievi o moderate, ma in una piccola percentuale di casi possono svilupparsi condizioni più severe.
Dopo un periodo di incubazione da 2 a 14 giorni (fino a 21 nei soggetti immunodepressi) dall'esposizione al virus, possono insorgere:
Questi sintomi tendono in genere a regredire nel giro di alcuni giorni, si protraggono altrimenti per qualche settimana. A seconda dell’età della persona infetta, la malattia può evolvere diversamente: se nei bambini si limita solitamente a una lieve febbre, nei giovani implica un febbre mediamente alta con dolori muscolari, mal di testa e arrossamento degli occhi, mentre negli anziani e nei soggetti con sistema immunitario compromesso può avere esito più grave.
In meno dell’1% delle persone infette si verifica una forma severa della malattia con la comparsa di:
In rari casi (uno su mille) il virus può provocare un’encefalite mortale.
West Nile virus: diagnosi
In caso di sospetto di un'infezione da West Nile, il processo diagnostico prevede l’esecuzione di esami di laboratorio per identificare la presenza di anticorpi specifici contro il virus nel sangue o nel liquido cerebrospinale del paziente attraverso metodologie come ELISA (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay) o immunofluorescenza.
Gli anticorpi possono rimanere nel corpo dei pazienti per molto tempo, anche fino a un anno. Di conseguenza, la presenza di questi anticorpi nei test potrebbe anche indicare un contagio avvenuto in passato. I campioni analizzati entro gli otto giorni dall'apparizione dei sintomi possono non rilevare la presenza del virus, quindi si raccomanda di ripetere il test dopo un periodo di tempo per confermare o escludere l'infezione.
In alternativa, la diagnosi può avvenire anche mediante PCR o coltura virale utilizzando campioni di siero o liquido cerebrospinale.
Trattamento
Allo stato attuale, non esiste un trattamento mirato per combattere l'infezione da West Nile virus.
Per le persone con manifestazioni lievi della malattia spesso è sufficiente osservare un periodo di riposo e assumere antipiretici per controllare la febbre.
Nel caso di infezioni più severe, che coinvolgono il sistema nervoso, il trattamento richiede un approccio più intensivo e può includere il ricovero ospedaliero. In queste circostanze, la terapia può implicare la somministrazione di farmaci per alleviare i sintomi e trattamenti per mantenere vitali le funzioni corporee, come la respirazione assistita, terapie per controllare le convulsioni o altre complicazioni neurologiche.
Come prevenire l’infezione?
Non c’è al momento un vaccino specifico che protegga l’essere umano dal West Nile virus. Per questo, la prevenzione del contagio riveste un’importanza particolare.
La strategia primaria per scongiurare l'infezione consiste nel ridurre l'esposizione alle zanzare, gli agenti principali nella diffusione del virus, adottando misure quali:
- utilizzare repellenti per insetti
- indossare abiti che coprano la maggior parte del corpo quando si sosta all’aperto
- installare zanzariere su finestre e porte per mantenere gli insetti fuori dagli ambienti abitativi
- eliminare le aree di raccolta d'acqua stagnante nei dintorni delle abitazioni, luoghi privilegiati per la riproduzione delle zanzare. Vasi, secchi vuoti, ciotole per animali e qualsiasi altro oggetto che possa raccogliere acqua piovana dovrebbero essere svuotati regolarmente o coperti.
A livello collettivo, le autorità si adoperano per controllare le popolazioni di zanzare attraverso programmi di disinfestazione.