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Attacco ischemico transitorio (TIA). Cause e intervento

A cura di
Vincenzo
Tullo

L’attacco ischemico transitorio è una interruzione oppure una riduzione, temporanea e reversibile, del flusso sanguigno. Quali sono le conseguenze cerebrali e come si interviene.

Cos’è un attacco ischemico transitorio?

Il termine attacco ischemico transitorio, in inglese Transient Ischemic Attack (TIA), indica un episodio neurologico che in meno di 24 ore è totalmente reversibile e che, nella maggior parte dei casi, si risolve nel giro di pochi minuti.

Nel 50% dei casi avviene una risoluzione del deficit neurologico entro un’ora ed entro 4 ore si ha una scomparsa totale di ogni sintomo. Se quindi dopo 4 o 5 ore sono presenti nel paziente ancora segni e sintomi, le probabilità che il paziente abbia un TIA sono molto basse, tolte le circostanze in cui non stia comunque accadendo un rapido miglioramento.

Il TIA accade quando un embolo o un coagulo, ovvero dei piccoli grumi solidi di sangue, ostacolano il flusso di sangue al cervello, oppure quando i vasi sanguigni patiscono una stenosi, ovvero un restringimento, causata da placche di colesterolo, definite placche aterosclerotiche.

Il cervello pertanto entra in sofferenza. Si verifica una ischemia che può prendere anche il nome di mini ictus e che entro 4 ore al massimo tende a risolversi. Quando questa sofferenza si prolunga oltre le 24 ore si ha a che vedere con un ictus.

Quali sono i sintomi di un attacco ischemico transitorio?

I sintomi di un TIA variano in base all’aerea del cervello interessata dal coagulo di sangue o dalla stenosi. Di conseguenza ogni paziente deve essere considerato, dal punto di vista sintomatologico, un caso a sé.

Tra i principali sintomi di un TIA si possono indicare:

  • afasia, una incapacità di parlare accompagnata da una difficoltà nella comprensione del linguaggio altrui
  • emiparesi, ovvero un intorpidimento temporaneo o una paralisi che possono interessare un solo lato del corpo. Nello specifico il volto, le braccia e le gambe. Possono essere presenti formicolio e una sensazione di debolezza
  • ipoestesia, quindi una sensibilità diminuita
  • adiplopia, un disturbo visivo che determina una visione doppia. È anche possibile che si sviluppi una visione offuscata o una cecità
  • incoordinazione motoria, difficoltà nei movimenti, perdita di equilibrio e vertigini.

L’insorgenza di questi sintomi richiede l’immediato trasporto del soggetto in ospedale, per lo svolgimento di visita ed esami. TIA e ictus possono essere in correlazione, perché il primo evento può essere anticipatorio del secondo.

Quali sono le cause di un TIA?

L’afflusso insufficiente di sangue, per via della formazione di coaguli o a causa dell’insorgenza di placche aterosclerotiche, può essere fatto risalire all’altezza di una carotide o di un vaso arterioso cerebrale.

La formazione di coaguli e l’insorgenza di placche aterosclerotiche possono manifestarsi come conseguenze determinate da specifici fattori di rischio, che possono essere distinti in fattori di rischio modificabili quali:

Ci sono poi fattori di rischio non modificabili, fattori sui quali non è possibile intervenire:

  • una familiarità con il TIA, l’attacco di cuore e l’ictus
  • l’età maggiore ai 55 - 60 anni
  • il genere, dal momento che il TIA interessa più il genere maschile rispetto a quello femminile
  • l’etnia, perché le popolazioni più interessate sono le africane, le asiatiche e le caraibiche
  • l’anemia falciforme, che può determinare la formazione di agglomerati a ostruzione dei vasi sanguigni.

Come si fa a diagnosticare un TIA?

Qualora si avesse il sospetto di un attacco ischemico transitorio, il soggetto deve essere immediatamente sottoposto a diagnosi. Gli esami che contribuiscono alla diagnosi sono:

  • la TAC e la risonanza magnetica che permettono di intercettare il tipo di disturbo attraverso una immagine dettagliata sia del cervello che della zona colpita. Con questi due esami è anche possibile individuare possibili segni di una sofferenza dovuta a ischemia
  • l’angiografia cerebrale, attraverso un mezzo di contrasto, permette di svolgere una valutazione del flusso sanguigno, nella zona del collo e dell’encefalo, sia dei vasi arteriosi che i venosi
  • gli esami del sangue e, se necessario, un ecocardiogramma, per rilevare un eventuale embolia cardiaca.

Cosa fare in caso di attacco ischemico transitorio?

Una volta specificata la diagnosi, viene adottata una terapia che ha come obiettivo la cura dei disturbi di natura trombotica o embolitica a carico dei vasi arteriosi. In questo modo sarà possibile svolgere una prevenzione sia di ulteriori episodi futuri sia di condizioni più gravi come l’ictus.

Si indica che ogni paziente presenterà specifiche cause per l’insorgenza del TIA, quindi la terapia dovrà intervenire sulle cause che di volta in volta caratterizzeranno gli episodi di TIA. Il trattamento farmacologico prevede:

  • la somministrazione di anticoagulanti che, dopo un congruo arco di tempo, permettono la diluizione del sangue e un processo di coagulazione rallentato. Solitamente vengono adottati il warfarin o l’eparina. Viene preferito il dabigatran se il quadro clinico del paziente include la fibrillazione atriale
  • antiaggreganti piastrinici come l’aspirina, il più adottato, o il dipiridamolo. Grazie a questi farmaci è possibile determinare una riduzione della capacità di aggregazione delle piastrine.

È altresì possibile intervenire chirurgicamente nei casi in cui gli esami rilevano carotidi occluse. Gli interventi sono:

  • l’endoarteriectomia che prevede la sostituzione, con un tessuto artificiale, del tratto carotideo ostruito
  • l’angioplastica e l’inserimento di uno stent, ovvero un piccolo tubo espandibile, e in metallo, che viene inserito nel vaso interessato per poi essere gonfiato, ripristinando il flusso sanguigno.

Tempi di recupero e conseguenze cerebrali di un TIA

In termini strettamente temporali, i tempi di recupero di un attacco ischemico transitorio sono tendenzialmente brevi, dal momento che al manifestarsi dei primi sintomi tendono a rientrare entro le prime 4 ore, come indicato, con un tempo massimo di 24 ore. Superato il quale si è di fronte a un caso di ictus.

La durata, piuttosto breve, di un TIA non determina conseguenze cerebrali permanenti o che possono di per sé suscitare preoccupazione. È comunque possibile che entro un anno chi ha avuto sintomi da TIA possa andare incontro a ischemia, e sia pertanto un paziente ad alto rischio. Sono dunque fortemente consigliati follow up e controlli periodici dopo un TIA, per salvaguardare qualità e aspettativa di vita del paziente.

È possibile prevenire un attacco ischemico transitorio?

È possibile fare prevenzione rispetto al TIA su tre livelli, attraverso:

  • la prevenzione primaria, che consiste nel tenere sotto controllo tutti i fattori di rischio modificabili. Avere un’alimentazione sana e consapevole, praticare regolare attività fisica sono sempre scelte consigliabili, insieme alla eliminazione di tutti quei fattori che contribuiscono ad alimentare situazioni di ansia e di stress
  • la prevenzione secondaria consiste nella diagnosi precoce dei fattori di rischio, per poi operare un intervento correttivo
  • c’è infine la prevenzione terziaria, come descritto in precedenza, da attuare nei casi di diagnosi acclarata.