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Emocromatosi. Sintomi, terapia, aspettativa di vita

A cura di
Elisa
Diral

L’emocromatosi è una patologia ereditaria che causa un eccessivo assorbimento del ferro. In seguito all’accumulo di questa sostanza si ha un interessamento degli organi interni. La terapia può essere farmacologica.

Che cosa è la emocromatosi?

L’emocromatosi è una malattia ereditaria che determina un eccessivo assorbimento del ferro, a causa di disfunzioni nel metabolismo del ferro. In seguito all’accumulo di questa sostanza si ha un interessamento degli organi interni.

Questa condizione è dovuta solitamente alla mutazione del gene HFE, nel caso in cui venga trasmessa, per via ereditaria, da entrambi i genitori.

L’emocromatosi ereditaria si presenta in quattro forme: dal tipo 1 fino al tipo 4. Vi sono anche forme secondarie, ossia acquisite come conseguenza di altre patologie che portano ad accumulo di ferro: ad esempio talassemia, supporto trasfusionale cronico.

Quali sono i sintomi del ferro troppo alto?

Solitamente i sintomi dell’emocromatosi si presentano in età adulta, intorno ai 40 o ai 50 anni. Inizialmente questa patologia è asintomatica, tranne nel tipo 2, che è una forma a insorgenza precoce, con sintomi severi e che richiede un trattamento tempestivo.

Le manifestazioni cliniche sono dunque presenti quando la malattia è in uno stadio avanzato, e possono essere:

Cause di emocromatosi

La forma ereditaria o primaria, come indicato, è associata a mutazioni nel gene HFE, e le mutazioni più frequenti sono C282Y e H63D. È necessario per la diagnosi di emocromatosi, che il paziente affetto presenti due copie mutate del gene HFE, una da ciascun genitore. In questa condizione, si determina un assorbimento eccessivo di ferro da parte dell’intestino.

Diagnosi di emocromatosi

Anamnesi ed esame fisico sono seguiti da esami del sangue, nello specifico:

  • saturazione della transferrina: misura la percentuale di trasportatore di ferro (transferrina) nel sangue che è saturo di ferro. Una percentuale superiore al 45% può indicare un sovraccarico di ferro
  • ferritina sierica: indica la quantità totale di ferro immagazzinato nell’organismo. Valori elevati possono riflettere un accumulo di ferro
  • ALT e AST: enzimi epatici che, se elevati, possono indicare danno al fegato
  • TSH: test della funzione della tiroide, in caso di emocromatosi si può avere ipotiroidismo
  • glicemia ed emoglobina glicata: nelle forme avanzate di emocromatosi, si può avere diabete mellito.

Con un test genetico è quindi possibile verificare la presenza delle mutazioni C282Y e H63D nel gene HFE.

L’accumulo di ferro a livello degli organi (ad esempio fegato, milza, cuore) può essere dimostrato attraverso l’esame di risonanza magnetica; in alcuni selezionati casi potrebbe essere necessaria una biopsia epatica per valutare il livello di accumulo di ferro nel fegato.

Terapia per eliminare l’accumulo di ferro

Il trattamento dell’emocromatosi ha per obiettivo la riduzione dei livelli di ferro nell’organismo per prevenire danni irreversibili agli organi. La riduzione può avvenire attraverso:

  • flebotomia, o salasso: è il trattamento di prima linea. Consiste nel prelievo regolare di una quantità di sangue dal paziente. In questo modo si riducono i livelli di ferro accumulato nell'organismo. La frequenza delle sessioni dipende dalla gravità dell’accumulo di ferro e viene regolata in base ai livelli di ferritina e alla saturazione della transferrina, per riportarli e mantenerli entro limiti normali
  • chelazione del ferro: questo trattamento (che consiste nel far legare un atomo metallico ad un reagente che viene chiamato chelante), è di tipo farmacologico viene utilizzato nei casi in cui la flebotomia non è possibile; ad esempio, in pazienti che soffrono di anemia o hanno problemi cardiaci severi, oppure in quelli con accumulo di ferro dovuto a frequenti trasfusioni di sangue. I farmaci chelanti del ferro, somministrati per via orale o parenterale, legano il ferro, permettendone l’eliminazione attraverso le urine o le feci.

Aspettativa di vita

Se si ha una diagnosi precoce, cui segue una opportuna terapia, le aspettative di vita del paziente rientrano nella norma, e si evitano le complicanze dovute ai danni tissutali, si ricorda irreversibili, agli organi interni.