Che cos’è la frattura dell’omero?
La frattura dell’omero è la lesione a carico di quello che è l’osso più lungo del braccio, snodo cruciale degli arti superiori. Nella porzione superiore dell’omero, infatti, si articola la scapola, in quella inferiore ulna e radio attraverso l’articolazione del gomito.
In base alla zona dell’osso che ha subito il danno, le fratture dell’omero si dividono in:
- frattura dell’estremità superiore
- frattura dell’estremità inferiore
- diafisi (rottura della porzione delle ossa lunghe situata tra le due estremità)
La frattura dell’omero, così come le fratture di altre ossa, può essere composta o scomposta, a seconda che i frammenti ossei si siano dislocati o meno dalla loro posizione fisiologica. Può essere stabile o instabile, aperta o chiusa o, ancora, semplice o pluriframmentaria.
Quelle meno severe sono sicuramente le fratture composte, chiuse e stabili, mentre quelle più gravi sono scomposte, pluriframmentarie e instabili.
Cosa succede quando si rompe l’omero?
La frattura dell’omero si manifesta a livello uditivo con una sorta di schiocco, seguito dalla sensazione di dolore che è praticamente immediata.
Oltre al dolore di grado intenso, il quale cresce muovendo il braccio, il paziente con frattura dell’omero può accusare diversi altri sintomi.
L’area interessata, infatti, può gonfiarsi, possono comparire ematomi e il braccio può deformarsi.
La frattura dell’omero comporta anche deficit funzionali, che si manifestano, ad esempio, con l’incapacità di girare correttamente e in modo fluido il braccio.
Questa condizione richiede l’intervento tempestivo da parte di un medico, in quanto un ritardo nella diagnosi e, di conseguenza, nel possibile trattamento possono comportare processi di cicatrizzazione anomali e altre complicanze a carico dell’arto superiore.
Se la sintomatologia dolorosa è avvertibile subito e limita fortemente il movimento, la comparsa di segni visibili come l’ematoma compaiono solitamente nell’arco di 24 o 48 ore. La sua dimensione ed estensione dipendono dalla severità dell’infortunio.
Come viene diagnosticata la frattura dell’omero?
L’esame principale che può essere prescritto per confermare o escludere una frattura all’omero è la radiografia, attraverso la quale è possibile determinare l’esatta localizzazione della lesione, la sua estensione e l’eventuale coinvolgimento dell’articolazione adiacente.
In alcuni casi possono essere richieste anche Tac e risonanza magnetica, esami strumentali per immagini grazie ai quali è possibile valutare anche le condizioni dei tessuti molli.
Come si cura la frattura dell’omero?
I trattamenti terapeutici variano in base al tipo di frattura e alla sua severità. Ad esempio, in presenza di una frattura scomposta, con conseguente dislocazione di una porzione ossea dalla sua posizione fisiologica, bisogna procedere con la riduzione della frattura, ossia il ricollocamento, tramite manipolazioni dello specialista, nella posizione corretta.
Potrà rendersi necessario somministrare al paziente degli antidolorifici o dei farmaci miorilassanti, nel caso in cui non sopporti il dolore.
Il braccio fratturato va immobilizzato e, se necessario, steccato, utilizzando una gessatura, un tutore o una fasciatura, per un periodo di tempo che dipende dalla gravità della frattura, ma che va tendenzialmente da un minimo di tre ad un massimo di dieci settimane.
La terapia farmacologica può accompagnare il paziente durante la sua degenza e consistere nell’assunzione di analgesici o antinfiammatori per alleviare la sintomatologia.
Risulta fondamentale avviare il prima possibile un percorso fisioterapeutico per recuperare la forza e la funzionalità del braccio e ridurne la rigidità.
Una volta terminato il periodo di immobilizzazione, è lo specialista stesso a indicare gli esercizi più opportuni o il percorso più efficace per una piena riabilitazione.
C’è, infine, anche l’opzione chirurgica. Questa si rende necessaria nei casi particolarmente gravi, in cui la stabilità articolare è stata compromessa. Possono essere utilizzati strumenti di sintesi quali viti, placche o fili, applicati allo scopo di mantenere le ossa stabili durante la fase di cicatrizzazione.
Un’opzione chirurgica possibile, anche se utilizzata più raramente, è rappresentata dall’innesto autologo di tessuto osseo. Questo consiste sostanzialmente nel prelevare una porzione di osso da un’altra zona del corpo e innestarla laddove c’è la frattura per favorirne la saldatura.
Tra le complicazioni possibili dell’intervento chirurgico ci sono infezioni e anomalie nella cicatrizzazione ossea.
Quando si opera l’omero?
La scelta dell’opzione chirurgica è dettata dalla presenza di frammenti delle ossa situati in una posizione anatomica scorretta. Si tratta dei casi di fratture scomposte. Le lesioni che hanno maggiore probabilità di essere trattate chirurgicamente sono quelle che interessano l’estremità distale o che si trovano in prossimità dell’articolazione del gomito o di quella della spalla.
Quanto tempo ci vuole per guarire la frattura dell’omero?
In caso di frattura composta, semplice e stabile, il trattamento è tendenzialmente conservativo e prevede immobilizzazione, riposo e fisioterapia. In questa eventualità il periodo di degenza è di circa sei settimane, ossia il lasso di tempo minimo perché i frammenti ossei si rinsaldino.
Quando, invece, la frattura è grave e interessa l’estremità prossimale dell’omero, è necessario intervenire chirurgicamente, dopodiché tra riposo e immobilizzazione dell’arto dovrebbero trascorrere fino a otto-dieci settimane.
La conferma della guarigione, sia in presenza di fratture lievi sia di lesioni più gravi, avviene quasi sempre in seguito all’esame radiografico, attraverso il quale è possibile verificare la saldatura dell’omero o l’eventuale persistenza di lesioni che richiederebbero una nuova immobilizzazione.