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La trombocitemia essenziale: sintomi e trattamenti

A cura di
Elisa
Diral

La trombocitemia essenziale si verifica quando il midollo osseo produce un numero di piastrine eccessivamente elevato. Prevede una cura sintomatologica, che riduce il rischio di trombi ed emorragie.

Cos’è la trombocitemia essenziale?

La trombocitemia essenziale è un disturbo raro del sangue, parte di un gruppo di malattie chiamate neoplasie mieloproliferative croniche, che si verifica quando il midollo osseo produce un numero di piastrine eccessivamente elevato.

Le neoplasie mieloproliferative croniche (MPN) sono un gruppo di disturbi cronici del sangue caratterizzati da una proliferazione eccessiva e anormale di una o più linee cellulari del midollo osseo (globuli rossi, globuli bianchi o piastrine). Le MPN sono classificate principalmente in tre tipi:

  • policitemia vera: eccessiva produzione di globuli rossi
  • mielofibrosi primaria: sostituzione di tessuto normale del midollo osseo con tessuto fibrotico
  • trombocitemia essenziale: produzione eccessiva di piastrine.

Incidenza della trombocitemia essenziale

Si hanno circa 2 casi ogni 100.000 persone. Ad essere maggiormente colpite sono le donne, e la diagnosi avviene mediamente intorno ai 60 anni.

Quali sono i sintomi della trombocitemia essenziale?

La sintomatologia eventualmente presente è correlata ai sintomi da iperviscosità connessi alla piastrinosi, soprattutto nei distretti vascolari di piccolo calibro. Sintomi quali:

Inoltre, c’è un elevato rischio di eventi vascolari sia nel distretto arterioso, come infarto miocardico o ictus cerebrale, sia in quello venoso, con trombosi venose classiche e spleniche, retiniche, sindrome di Budd Chiari.

In caso di piastrinosi estrema (>1.300.000/mmc) si può verificare, all’opposto, un rischio di sanguinamento cutaneo e mucoso per difetto di funzione piastrinica acquisito, ovvero malattia di von Willebrand acquisita. In alcuni casi si può verificare ingrossamento della milza (splenomegalia). 

Cosa causa l’aumento delle piastrine?

I pazienti con trombocitemia essenziale presentano diverse mutazioni genetiche definite “driver”, che sono mutualmente esclusive. Nello specifico:

  • mutazione JAK2-V617F: una mutazione del gene JAK2 (Janus kinase 2) è presente in circa il 60% dei casi di trombocitemia essenziale
  • mutazione CALR: mutazioni del gene calreticulina (CALR) sono riscontrate in circa il 20%, 25% dei casi
  • mutazione MPL: Mutazioni del gene MPL (Myeloproliferative leukemia virus oncogene) sono meno comuni, dal momento che si riscontrano in circa il 5% dei pazienti.

Nel rimanente 10% dei vasi non è riscontrabile alcuna mutazione driver (casi di “TE tripla negativa”). Le mutazioni genetiche associate a questa condizione sono definite mutazioni somatiche. Ciò significa che si verificano nelle cellule del midollo osseo durante la vita del paziente ma non sono presenti in tutte le cellule del corpo né trasmesse alla prole.

Anche se molto raramente, è possibile che più membri di una stessa famiglia presentino la malattia.

Diagnosi di trombocitemia essenziale

La diagnosi di trombocitemia essenziale si ha per conta piastrinica > 450.000/mmc e prevede esami del sangue quali:

Il momento decisivo nella diagnosi prevede il test per mutazioni genetiche, in particolare la mutazione del gene JAK2, che è presente in circa la metà dei pazienti. Altri esami includono test per la mutazione dei geni CALR e MPL. 

La diagnosi definitiva avviene poi con la biopsia del midollo osseo, che può aiutare a distinguere la trombocitemia essenziali da altre malattie mieloproliferative, anche ai fini di impostare una terapia adeguata. 

Come curare la trombocitemia?

Il trattamento della trombocitemia essenziale (TE) è mirato principalmente a ridurre il rischio di complicanze trombotiche o emorragiche e a gestire i sintomi. La strategia terapeutica varia in base all’età del paziente, alla storia clinica, ai livelli di piastrine, alla presenza di sintomi e alla presenza di fattori di rischio per complicazioni vascolari.

Nei pazienti a basso rischio, ovvero giovani, senza storia di trombosi o emorragie significative e con piastrinosi non eccessivamente elevata, può essere sufficiente un attento monitoraggio senza terapie farmacologiche immediate.

L’aspirina a basso dosaggio è spesso prescritta per ridurre il rischio di formazione di coaguli, specialmente nei pazienti con sintomi microvascolari come mal di testa, vertigini e formicolii, a meno che non vi siano controindicazioni.

Fondamentale è il controllo dei fattori di rischio cardiovascolari modificabili come fumo, dislipidemia, ipertensione arteriosa, sovrappeso.

Terapia con agenti citotossici

Nei pazienti a rischio intermedio o elevato, con età superiore ai 60 anni, storia pregressa di eventi trombotici o emorragici, o conta piastrinica molto elevata, può essere necessaria una terapia per ridurre il numero di piastrine.

Gli agenti più comunemente utilizzati includono l’idrossiurea, un farmaco chemioterapico orale, e l’anagrelide. In alcuni casi, può essere considerato l’uso di interferone alfa, particolarmente in donne in gravidanza o in individui più giovani che potrebbero dover evitare terapie con potenziale tossicità a lungo termine.

Trapianto di cellule staminali

È abbastanza raro che si ricorra ad un trapianto allogenico di cellule staminali, cellule che arrivano quindi da un donatore compatibile. Il ricorso al trapianto risulta essere utile nei casi in cui si verifichi una trasformazione in mielofibrosi post trombocitemia essenziale o in leucemia acuta.

Quanti anni si vive con la trombocitemia essenziale?

La trombocitemia essenziale ha una prognosi solitamente favorevole con una mediana di sopravvivenza di più di 20 anni. La percentuale di evoluzione a leucemia acuta è < 1% a 10 anni. Le principali cause di mortalità e morbidità sono rappresentate dalle complicanze trombotiche arteriose e venose.