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L'embolia polmonare

A cura di
Andrea
Casini

L'embolia polmonare rappresenta una condizione medica potenzialmente letale che si verifica quando un'arteria polmonare viene improvvisamente ostruita da un embolo.

Cos'è l’embolia polmonare?

L’embolia polmonare è una condizione particolarmente grave determinata dall’ostruzione acuta di una arteria polmonare o più arterie a causa di un embolo, ovvero una massa dalla consistenza solida trasportata dal flusso ematico.

Nella maggior parte dei casi, l’embolo è un coagulo di sangue (trombo) che si è formato nelle vene profonde degli arti inferiori o del bacino e, staccandosi, ha viaggiato fino ai polmoni. Più raramente, l’embolo può essere costituito da grasso, liquido amniotico, bolle d’aria, cellule tumorali o materiale estraneo.

L’ostruzione del flusso sanguigno impedisce al sangue di raggiungere correttamente gli alveoli polmonari, dove di norma avviene lo scambio di ossigeno e anidride carbonica. Per conseguenza si può avere una riduzione dell’ossigenazione del sangue e una compromissione della funzione cardiaca, e di altri organi vitali, nelle circostanze di maggiore gravità.

L’embolia polmonare si presenta con sintomi variabili: dal respiro affannoso a dolore toracico, fino a perdita di coscienza o morte improvvisa.

Cosa può causare un’embolia polmonare?

Le cause dell’embolia polmonare si suddividono in trombotiche e non trombotiche, a seconda della natura dell’embolo che ostruisce l’arteria polmonare.

Cause trombotiche

La causa più comune è il distacco di un coagulo di sangue (trombo) formatosi in una vena profonda, soprattutto degli arti inferiori o del bacino: è la cosiddetta trombosi venosa profonda (TVP). Il trombo, una volta immesso nel circolo sanguigno, può raggiungere i polmoni e causare embolia.

Tra i fattori che favoriscono la formazione dei trombi ci sono

  • immobilità prolungata, dovuta a viaggi lunghi, allettamento, post-operatorio
  • traumi a gambe, bacino o interventi chirurgici recenti
  • età avanzata, soprattutto oltre i 60 anni
  • disturbi della coagulazione congeniti o acquisiti
  • tumori maligni
  • insufficienza cardiaca
  • gravidanza e post-parto
  • assunzione di estrogeni per contraccettivi orali o terapie ormonali
  • fumo
  • obesità
  • ictus
  • sindrome nefrosica.

Anche l’infezione da COVID-19, per l’infiammazione sistemica e la ridotta mobilità che ne derivano, è stata associata a un aumentato rischio trombotico.

Cause non trombotiche

Meno frequente, ma comunue possibile, è l’embolia causata da materiali diversi dal sangue. A seconda del materiale si può parlare di embolia:

  • gassosa, dovuta a bolle d’aria introdotte in circolo. Come cateteri, in seguito a interventi o immersioni subacquee
  • adiposa, quindi per grumi di grasso, dovuti a fratture ossee, liposuzioni
  • da liquido amniotico, una complicanza rara ma grave del parto
  • settica, quindi da materiale infetto. Infezioni endovascolari, uso di droghe assunte per via endovenosa
  • da talco o sostanze estranee, associata all’uso di droghe iniettabili.

Fattori di rischio per l’embolia polmonare

Ci sono poi condizioni predisponenti per più tipi di embolia, come:

  • predisposizione genetica alla trombosi
  • stati infiammatori cronici
  • terapie farmacologiche coagulanti
  • stili di vita sedentari.

Spesso si ha un concorso di fattori per il rischio d’insorgenza di un embolo polmonare. In sede di prevenzione va quindi valutato il profilo di rischio individuale.

Come ci si accorge di un’embolia polmonare?

I sintomi di un'embolia polmonare dipendono dall'entità dell'ostruzione e dallo stato di salute generale della persona. Tuttavia, ci sono alcuni sintomi comuni a cui prestare attenzione:

  • dispnea: respiro affannoso, spesso rapido, che può comparire improvvisamente anche a riposo
  • bassa saturazione di ossigeno nel sangue
  • dolore toracico di tipo oppressivo costrittivo o trafittivo, che può aumentare con gli atti respiratori o con i colpi di tosse
  • cardiopalmo: battito cardiaco accelerato, che può diventare irregolare
  • tosse ed emottisi (presenza di sangue nell'espettorato dopo aver tossito)
  • sincope, soprattutto in caso di emboli di grosse dimensioni.

È inoltre importante tenere sott'occhio i segni di trombosi agli arti inferiori, come gonfiore, calore, arrossamento e dolore, poiché possono indicare la possibile presenza dell'embolia.

Esistono anche embolie polmonari asintomatiche: in caso di ostruzione delle ramificazioni secondarie dell'arteria polmonare, la malattia può infatti progredire senza sintomi evidenti.

Che differenza c’è tra embolia e ictus?

L’embolia è il termine specifico per l’ostruzione di un vaso sanguigno da parte di un embolo. L’ictus è invece una condizione che può derivare da tale ostruzione, e si parla di ictus ischemico, oppure essere conseguenza di una emorragia cerebrale, dovuta quindi alla rottura di un vaso sanguigno nel cervello.

Quanto è grave l'embolia polmonare?

La gravità dell'embolia polmonare può variare notevolmente da caso a caso, con un ampio spettro che va da forme lievi a potenzialmente letali.

Nelle forme più severe, definite embolia polmonare massiva o ad alto rischio, l'ostruzione del flusso sanguigno è talmente estesa da compromettere seriamente la funzione cardiaca, creando una situazione di emergenza medica immediata. I sintomi includono dolore toracico acuto, difficoltà respiratorie severe, tosse con sangue e perdita di coscienza.

In contrapposizione, i casi meno gravi possono manifestarsi con sintomi più moderati, come respiro affannoso, tosse secca o con lieve fastidio al petto. Tuttavia, anche in queste situazioni apparentemente meno preoccupanti, è fondamentale non sottovalutare i segnali e richiedere assistenza medica.

La diagnosi e il trattamento precoci risultano infatti cruciali per il buon esito della prognosi. Un'embolia polmonare non trattata, anche se inizialmente lieve, può progredire rapidamente, determinando gravi complicazioni a lungo termine. In alcuni casi estremi, un'ostruzione massiva delle arterie polmonari può persino portare a morte improvvisa.

Come si effettua la diagnosi?

La diagnosi di embolia polmonare richiede una serie di esami per poter essere confermata. In genere, la valutazione inizia con un esame fisico completo, durante il quale il medico ascolta i polmoni del paziente alla ricerca di suoni anomali e controlla la presenza di eventuali segni di trombosi venosa profonda agli arti inferiori.

Successivamente vengono eseguiti test di laboratorio, come il dosaggio del D-Dimero, un prodotto di degradazione della fibrina che può essere elevato in presenza di trombosi. Gli esami di imaging, come la tomografia computerizzata del torace (TC) con mezzo di contrasto o la scintigrafia polmonare ventilo-perfusoria, possono essere utilizzati per confermare la presenza dell’embolia e determinare l'estensione del danno.

Possono essere eseguiti anche un elettrocardiogramma (ECG) o un ecocardiogramma per valutare la funzione cardiaca e individuare eventuali segni di sofferenza del ventricolo destro del cuore, disturbo comune nelle persone con embolia polmonare.

Come si guarisce da un'embolia polmonare?

La cura dell'embolia polmonare viene adattata a ciascun caso, considerando la gravità e le caratteristiche individuali. L'obiettivo principale è contrastare i sintomi acuti, prevenire recidive e minimizzare le potenziali complicazioni nel tempo.

Per quanto riguarda la terapia farmacologica, spesso vengono prescritti anticoagulanti (come l'eparina e il warfarin), noti anche come fluidificanti del sangue, per prevenire la formazione di nuovi coaguli e permettere al corpo di assorbire quelli già presenti. Questi farmaci possono essere somministrati per via endovenosa oppure orale, a seconda delle necessità del paziente.

Nei casi più gravi può essere necessario ricorrere a trattamenti più aggressivi, come la trombolisi, una procedura che consiste nell'iniezione di farmaci trombolitici per "frantumare" il coagulo e ripristinare il flusso sanguigno. 

In determinate circostanze, quando il trattamento farmacologio non è possibile o si rivela inefficace, può essere necessario ricorrere a opzioni chirurgiche:

  • la trombectomia meccanica percutanea, un trattamento mininvasivo che consiste nell'aspirazione e frantumazione del trombo tramite l'inserimento di un catetere
  • l'embolectomia polmonare, un intervento di emergenza a cuore aperto con cui si procede all'asportazione dell'embolo
  • l'inserimento di un filtro cavale nella vena cava inferiore. Questo dispositivo impiantabile agisce come una sorta di "rete" che filtra il sangue, impedendo il passaggio di emboli verso le arterie polmonari.

 

Trattamenti farmacologici Trattamenti chirurgici
  • Anticoagulanti
  • Trombolici
  • Trombectomia meccanica percutanea
  • Embolectomia polmonare
  • Filtro cavale

Qual è il rischio di recidiva di embolia polmonare?

Il rischio di recidiva è significativo, specie nei primi mesi successivi al primo episodio. In assenza di trattamento, fino al 30% dei pazienti può andare incontro a una nuova embolia nei successivi 10 anni, con un rischio piuttosto elevato nel primo anno.

Le recidive sono più frequenti nei soggetti con fattori di rischio persistenti. Tra questi, si includono:

  • disturbi della coagulazione (trombofilia)
  • tumori maligni
  • insufficienza cardiaca
  • immobilità prolungata.

Anche sospendere in anticipo la terapia anticoagulante può favorire il manifestarsi di una recidiva. Altri elementi di rischio comprendono:

  • età avanzata
  • presenza di emboli di grosse dimensioni
  • obesità
  • uso di contraccettivi ormonali
  • pregressa trombosi venosa profonda.

Nei pazienti con cause transitorie (operazione chirurgica, trauma, gravidanza), il rischio di recidiva dopo sospensione della terapia è minore. Per prevenire nuovi eventi, è serve un monitoraggio clinico accurato e l’adozione di terapie anticoagulanti prolungate o a lungo termine, nei casi a rischio elevato.

Tempi di recupero per embolia polmonare

​Il tempo di recupero da un'embolia polmonare varia significativamente in base a diversi fattori, tra cui la gravità dell’evento, le condizioni di salute pregresse del paziente e la tempestività del trattamento. In linea di massima la fase acuta richiede un ricovero ospedaliero che può durare da 1 a 3 giorni, durante i quali vengono somministrati farmaci anticoagulanti per prevenire ulteriori coaguli e stabilizzare il paziente.

Dopo la dimissione, la terapia anticoagulante prosegue a domicilio per un periodo che varia tra 3 e 6 mesi, a seconda delle specifiche condizioni cliniche e dei fattori di rischio individuali. Durante questo periodo, si ha un monitoraggio regolare per valutare la risposta al trattamento e prevenire eventuali complicanze. ​ Il recupero completo può, in definitiva, richiedere diversi mesi.