L'endocardite è l'infiammazione dell'endocardio, la membrana che riveste internamente le cavità e le valvole cardiache. Può provocare la compromissione della funzionalità cardiaca e la migrazione dell’infezione in altri distretti del corpo. Vediamo come si cura.
Cos'è l'endocardite?
L'endocardite è l'infiammazione dell'endocardio, il rivestimento interno delle cavità e delle valvole cardiache. Questa condizione può alterare la struttura e il funzionamento di queste ultime, e causare embolie in seguito alla migrazione di materiale infetto verso altri organi.
L'infiammazione dell'endocardio può insorgere in modo:
- rapido e violento: si parla in questo caso di endocardite acuta
- progressivo e spesso silenzioso, nel corso di settimane o mesi: si parla di endocardite subacuta o cronica.
Quali sono le cause?
Le cause dell'endocardite possono essere di natura infettiva o non infettiva. Riconoscere la condizione che ha provocato l'infiammazione è di fondamentale importanza per pianificare il trattamento più adeguato.
Endocardite infettiva
L'endocardite infettiva è scatenata dalla presenza di agenti patogeni che penetrano nel flusso sanguigno attraverso la bocca, la pelle, l'apparato urinario o intestinale, e raggiungono il cuore, infettando l'endocardio (specialmente se danneggiato o se esistono anomalie cardiache preesistenti).
Nella maggior parte dei casi, l'endocardite è batterica, dovuta a infezione da streptococchi e stafilococchi. Può essere innescata anche da funghi. I microrganismi danno origine a quelle che vengono chiamate vegetazioni, delle lesioni caratteristiche che consistono in depositi di fibrina e piastrine sulla superficie endocardica, all’interno dei quali i patogeni si moltiplicano.
Endocardite non infettiva
L'endocardite non infettiva (detta anche trombotica non batterica o marantica) è dovuta a:
Queste condizioni favoriscono la formazione di vegetazioni, che possono diventare sede di colonizzazione da parte di microrganismi. Viene favorita così l'evoluzione del disturbo in endocardite infettiva, con conseguenti emboli o alterazioni della funzionalità valvolare.
La forma non infettiva tende a interessare pazienti con valvole cardiache difettose o alterate da cardiopatie congenite o febbre reumatica.
Fattori di rischio
Generalmente, l'endocardite si verifica raramente in pazienti con una buona funzionalità cardiaca. Si ha maggiore probabilità di insorgenza in caso di:
- Valvole cardiache danneggiate, per esempio a causa di patologia reumatica
- Pazienti con protesi valvolari
- Deformazioni congenite del cuore
- Pregressa endocardite
- Utilizzo di cateteri venosi
- Uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa (tramite siringhe non sterili e infette)
In queste circostanze, infatti, il sistema immunitario, che in condizioni normali impedirebbe a microrganismi pericolosi di aderire all'endocardio, può risultare inefficiente. In questo modo, viene favorita la proliferazione batterica o fungina.
Quali sono i sintomi di una endocardite?
L'endocardite può presentarsi con sintomi diversi per gravità e tempi di insorgenza. Questi sono dovuti agli effetti:
- dell’infezione
- del danneggiamento delle strutture cardiache
- del distacco di vegetazioni dal cuore verso distretti quali cervello, polmoni, reni, arti, addome.
Nella sua forma acuta, l'infiammazione si sviluppa in modo repentino provocando:
Nell'endocardite subacuta, i sintomi sono dapprima vaghi e aspecifici, e spesso impediscono una pronta individuazione del disturbo. Tra le manifestazioni figurano:
- febbricola (non sempre presente. Nelle fasi iniziali della forma subacuta, infatti, molti pazienti hanno endocardite senza febbre)
- spossatezza
- sudorazione notturna
- mal di testa
- sensazione di malessere generale
- inappetenza
- brividi.
Meno frequentemente, possono comparire ulteriori manifestazioni quali:
- difficoltà respiratorie
- tosse
- pallore
- dimagrimento
- piccole chiazze rossastre a scheggia sotto le unghie e sulla pelle, segno di piccoli emboli
- noduli dolenti in corrispondenza della punta delle dita
- effetti sul sistema nervoso centrale, quali attacco ischemico transitorio, ictus e altre alterazioni neurologiche
- dolori addominali e al fianco in caso di emboli al livello della milza e del rene.
Nell'endocardite non infettiva, le vegetazioni raramente provocano sintomi, se non quando le loro dimensioni e la loro collocazione causano una disfunzione valvolare. In questo caso, le conseguenze sono dispnea o aritmie. I sintomi derivano dall'embolia e dipendono dall'organo interessato (rene, milza, cervello, rene). Possono comparire febbre e soffi cardiaci.
Quando sospettare endocardite?
Anche se condizioni meno gravi possono causare sintomi simili a quelli dell'endocardite, è sempre consigliabile consultare tempestivamente un medico quando si presentano alcuni dei sintomi descritti, soprattutto in presenza di fattori di rischio.
È di fondamentale importanza intervenire subito. Se non trattata per tempo, infatti, l'endocardite può causare danni permanenti alle valvole cardiache, provocando complicazioni come la stenosi delle stesse e lo scompenso cardiaco, potenzialmente letali.
Come si diagnostica?
La diagnosi di endocardite, considerata l'insorgenza subdola dei sintomi, può essere un processo articolato. Solitamente, un primo segno che lascia sospettare un'infezione dell'endocardio è la presenza di un soffio cardiaco di recente sviluppo, in concomitanza con febbre.
Il processo diagnostico si fonda sull'esito degli esami ematici, in particolare di:
- emocolture, volte a individuare batteri e altri microrganismi nel sangue
- indici infiammatori.
L'esame di riferimento per accertare il disturbo è l'ecocardiogramma, che permette di esaminare la struttura e la funzionalità del cuore e visualizzare direttamente le eventuali vegetazioni endocarditiche.
Possono essere eseguiti inoltre esami aggiuntivi, quali:
- ecocardiogramma transesofageo, utile per rilevare vegetazioni di dimensioni troppo ridotte per essere individuate dall'ecocardiogramma, e per esaminare eventuali complicanze
- TC o PET, che permettono di identificare eventuali focolai settici extracardiaci o complicazioni a livello cardiaco e vascolare. La PET è indicata, in particolare, per valutare la presenza di infezioni associate a protesi valvolari, pacemaker e defibrillatori.
Come si cura un'endocardite?
Il trattamento dell'endocardite infettiva si basa su una terapia antibiotica che mira a eliminare l'agente patogeno identificato dall'emocoltura. La cura, inizialmente somministrata per via endovenosa in ospedale, prosegue a casa dopo la scomparsa dei sintomi più gravi e della febbre, con controlli regolari per verificare l'efficacia del trattamento.
Qualora il microrganismo responsabile dell'infezione sia un fungo, la cura farmacologica prevederà l'uso di un antimicotico.
Quando il quadro clinico appare severo, il trattamento può richiedere il ricorso alla chirurgia, in particolare in caso di:
- danneggiamento fisico delle valvole cardiache
- insufficienza cardiaca
- febbre alta nonostante la cura a base di antibiotico o antifungino
- coinvolgimento di altri organi
- microrganismi resistenti alle cure
- coaguli di sangue
- raccolta di pus (ascesso) e formazione di fistole (canali di comunicazione anomali tra le cavità cardiache)
- valvola cardiaca artificiale.
La soluzione chirurgica può essere finalizzata a:
- riparare o sostituire valvole cardiache compromesse con valvole artificiali
- drenare ascessi e fistole.
La cura per l'endocardite non infettiva si basa invece sull'uso di anticoagulanti, in particolare di eparina.
In quanto tempo si guarisce dall'endocardite?
In base alla gravità dell'infiammazione, la terapia antibiotica può protrarsi dalle 2 alle 8 settimane.
In genere, nei pazienti affetti da endocardite batterica causata da streptococco sensibile alla penicillina, si ottiene un miglioramento considerevole dei sintomi nei primi 7 giorni dall’inizio della terapia.
Nei casi di endocardite da stafilococco, i tempi di risposta al trattamento tendono ad essere più lunghi.
Possono presentarsi delle recidive a distanza di un mese dalla comparsa della sintomatologia. In questi casi, si avvia un nuovo ciclo di antibiotici oppure si valuta il ricorso a interventi chirurgici.
Prevenzione
Nei soggetti più a rischio o per coloro che hanno avuto un'endocardite in passato, è fondamentale prestare attenzione a misure di prevenzione che limitino l’esposizione agli agenti infettivi.
Tra gli accorgimenti rientrano:
- osservare un’accurata igiene orale, con visite odontoiatriche a cadenza regolare per prevenire infezioni e ascessi dentali
- curare con terapia antibiotica eventuali infezioni batteriche. Questo deve avvenire sempre sotto sorveglianza medica ed evitando le soluzioni fai-da-te, che possono essere causa di antibioticoresistenza
- detergere la pelle con sapone antibatterico e disinfettare prontamente le ferite
- astenersi dal fare tatuaggi e piercing.
Le persone con problemi cardiaci o valvole danneggiate sono ad alto rischio e potrebbero aver bisogno di una profilassi antibiotica contro l'endocardite. Questa misura è raccomandata soprattutto prima di interventi medici o odontoiatrici che coinvolgono gengive o mucose orali, poiché possono permettere l’ingresso di batteri nel sangue.
Potrebbe essere utile assumere antibiotici anche prima di operazioni come:
Se si è a rischio di endocardite, è necessario dunque informare il medico o il dentista prima di sottoporsi a qualsiasi intervento.