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La sindrome di Wolff-Parkinson-White: sintomi e terapia

A cura di
Gina
Biasillo

La sindrome di Wolff-Parkinson-White (WPW) è una condizione, a carico del cuore, che determina episodi di tachicardia importanti. Può essere trattata con terapie farmacologiche e con ablazione.

Cos’è la sindrome di Wolff-Parkinson-White?

La sindrome di Wolff-Parkinson-White è una rara sindrome cardiologica di tipo congenito. I pazienti affetti da questa sindrome presentano una via accessoria nel cuore chiamata come fascio di Kent, che permette agli impulsi elettrici di by-passare il percorso normale e di muoversi tra gli atri e i ventricoli più rapidamente del normale.

Nella maggior parte dei casi, fin dall’età pediatrica i pazienti hanno episodi di battito cardiaco molto accelerato, chiamati tachicardia parossistica. È possibile che la sindrome di WPW in alcuni casi si presenti con altre condizioni cardiache congenite, come ad esempio l’anomalia di Ebstein, che si specifica in alterazioni di anatomia e funzione della valvola tricuspide, una tra le quattro valvole del cuore.

Quali sono i suoi sintomi

La sindrome di WPW vede nella tachicardia il suo sintomo più importante: la frequenza cardiaca è maggiore dei 100 battiti al minuto. Gli episodi di aumento della frequenza cardiaca accadono all’improvviso, anche quando il paziente non è sotto sforzo; la durata può essere di un minuto come di alcune ore. Altre due condizioni che possono essere determinati da questa sindrome sono la fibrillazione atriale e la tachicardia sopraventricolare.

Tra gli ulteriori sintomi che possono manifestarsi si indicano:

Sintomi in età pediatrica

Nei bambini, la sindrome di WPW determina sintomi quali irritabilità e inappetenza, pallore e respiro veloce, oltre a cianosi. È anche possibile che il piccolo paziente non abbia episodi di tachicardia. È proprio in questa circostanza che sia diagnosi nei casi in cui vengono svolti degli esami per il cuore per altre ragioni. 

Qual è la complicanza aritmica più frequente nella sindrome di Wpw?

La complicanza aritmica più frequente nella sindrome di Wolff-Parkinson-White è la tachicardia sopraventricolare parossistica. Questa condizione, come indicato in apertura, si verifica quando si forma un circuito elettrico anomalo tra l’atrio e il ventricolo a causa di una via accessoria extra-nodale, ovvero il fascio di Kent.

Nello specifico questo fascio collega l’atrio al ventricolo. Quando l’impulso elettrico, proveniente dal nodo senoatriale, arriva alla parete degli atri senza avere raggiunto il nodo atrio ventricolare, ecco che il fascio di Kent raccoglie, per così dire, dei segnali elettrici e per conseguenza il ventricolo si contrae alcuni millisecondi prima.

Come si diagnostica?

La diagnosi della sindrome di Wolff-Parkinson-White (WPW) si basa principalmente sull’analisi dell’ECG, che registra l’attività elettrica del cuore. Durante l’ECG, lo specialista cerca i segni distintivi indicatori della presenza di una via accessoria, appunto il fascio di Kent, tra gli atri e i ventricoli.

I principali segni ECG della sindrome di WPW includono:

  • onda delta: un’onda di pre-eccitazione ventricolare visibile come un allargamento slanciato all’inizio del complesso QRS, che indica la contrazione dei ventricoli. In termini tecnici si parla di depolarizzazione precoce del tessuto ventricolare attraverso la via accessoria
  • intervallo PR corto: minore di 120 millisecondi, a dimostrazione della rapida conduzione dall’atrio al ventricolo attraverso il fascio di Kent. L’intervallo PR è compreso tra l’avvio dell’attivazione degli atri e l’attivazione dei ventricoli
  • complesso QRS allargato: questo complesso indica la contrazione dei ventricoli, che in questo caso ha una durata superiore ai 120 millisecondi per via della precoce attivazione ventricolare.

Come si cura la sindrome di Wolff-Parkinson-White?

Se il paziente presenta pre-eccitazione ventricolare, anche se non presenta sintomi di aritmia, risulta fondamentale uno studio elettrofisiologico che ha due obiettivi: conoscere le capacità di conduzione del fascio di Kent e la relativa inducibilità aritmica. Quando la via accessoria presenta importanti capacità conduttive, si procede ad ablazione.

Nello specifico, sono tre gli approcci terapeutici previsti, in base alla presenza e severità degli episodi:

  • farmaci anti-aritmici: ovvero farmaci come beta-bloccanti, o specifici, per la regolazione del ritmo cardiaco. Possono essere utilizzati per controllare la frequenza cardiaca e prevenire episodi di tachicardia
  • ablazione: è considerata spesso il trattamento di scelta per i pazienti con sintomi frequenti o severi. Tramite questa procedura minimamente invasiva, la via accessoria, il fascio di Kent), viene identificata e distrutta, in questo consiste l’ablazione, utilizzando energia a radiofrequenza o congelamento. Di fatto viene interrotto il passaggio anomalo degli impulsi elettrici
  • manovre vagaliche e cardioversione elettrica: In caso di episodi acuti di tachicardia, le manovre che stimolano il nervo vago (come la manovra di Valsalva) o la cardioversione elettrica possono essere utilizzate per ristabilire un ritmo cardiaco normale.

La manovra di Valsalva consiste in una profonda inspirazione cui segue una espirazione con la glottide chiusa. La cardioversione elettrica ha come scopo l’inattivazione delle cellule che determinano l’aritmia. Il procedimento è svolto attraverso un defibrillatore.