L'encefalomielite mialgica è conosciuta anche come sindrome da affaticamento cronico ed è una condizione che porta i pazienti a sperimentare uno stato di stanchezza fisica e cognitiva prolungato
Che cos’è l’encefalomielite mialgica
L'encefalomielite mialgica (EM), comunemente conosciuta come sindrome da affaticamento cronico (CFS), è una condizione complessa caratterizzata da affaticamento estremo che non migliora con il riposo e può peggiorare con l'attività fisica o mentale. I sintomi includono dolori muscolari, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione e mal di testa, insieme a una serie di altri problemi fisici e cognitivi.
La causa esatta dell'EM è ancora sconosciuta, ma si ritiene che possa derivare da fattori virali, immunologici o psicologici. La diagnosi è complessa, poiché non esistono test specifici e spesso si basa sull'esclusione di altre malattie. Attualmente non esiste una cura definitiva, ma i trattamenti possono aiutare a gestire i sintomi. L'EM può avere un impatto significativo sulla qualità della vita, rendendo difficile svolgere attività quotidiane e lavorative.
La malattia è conosciuta da diverso tempo, con i primi cenni risalenti addirittura al XVIII secolo. Nel corso della storia è stata anche chiamata sindrome da sforzo fisico, febbricola, neuroastenia, brucellosi cronica.
L’incidenza è nella maggior parte dei casi nella fascia d’età tra i 40 e i 50 anni e colpisce in maniera nettamente prevalente soggetti di sesso femminile.
Esistono tuttavia anche casi in segmenti demografici differenti, come per esempio nei primi anni dell’adolescenza.
Non si tratta di una malattia molto comune, e presenta un’incidenza dello 0,5% della popolazione (dati degli Stati Uniti)
Si parla di sindrome della stanchezza cronica in casi in cui il paziente riscontra questo tipo di astenia per un periodo prolungato di svariate settimane.
La sindrome è accompagnata da una serie di sintomi accessori che rendono la qualità della vita del paziente di molto inferiore alla norma.
Allo stato attuale delle conoscenze le terapie e i trattamenti sono esclusivamente sintomatici, in quanto come detto non è stata ancora individuata con certezza la causa sottostante.
Quali sono le cause di questa condizione
Come affermato sopra non è chiara l’eziologia della malattia, né sono stati individuati con certezza i fattori di rischio che ne possono facilitare lo sviluppo.
Ci sono diverse ipotesi al vaglio della comunità scientifica, ma nessuno studio di quelli effettuati finora ha restituito risultati convincenti e definitivi.
In ogni caso tra le varie ipotesi formulate ci sono:
- infezioni virali: sotto analisi in questo senso i virus di Epstein-Barr, che causa la mononucleosi, l’herpes umano 6, la malattia di Lyme provocata dalle zecche, un’altra zoonosi, causata dal virus della leucemia del topo, e la candidosi. Al momento si tende però ad escludere la maggior parte di queste. Mentre pare esserci un collegamento tra il Coronavirus che provoca il covid nella versione “lunga” e questa sindrome
- immunodeficienza o immunodepressione: sembra esserci una correlazione ancora non chiarita tra pazienti che sviluppano l’encefalomielite mialgica e un sistema immunitario che non funziona a dovere
- anomalie nei livelli ormonali del paziente
- problemi di natura psicologica, quali lo stress prolungato
- età tra i 40 e i 50 anni e sesso femminle: questo è il segmento demografico maggiormente colpito, il che porta a pensare ad una possibile correlazione
Si ripete che le ipotesi proposte sopra non sono definitive e in alcuni casi sono già state scartate dalla comunità scientifica.
La sindrome della stanchezza cronica al momento rimane una condizione idiopatica, cioè di origine sconosciuta.
Encefalomielite mialgica, sintomi e segni
Sono invece piuttosto evidenti e di portata abbastanza ampia altri sintomi accessori e le conseguenze che il prolungamento della condizione possono portare.
Il primo e principale segno della encefalomielite mialgica è la stanchezza, o stato di affaticamento perenne, che non trova sollievo nemmeno dopo il riposo.
Un’altra caratteristica di questo tipo di stanchezza è il fatto che il paziente tende a sperimentare un peggioramento a seguito di attività fisica o cognitiva, indipendentemente dall’intensità.
Anche i seguenti sintomi secondari si accompagnano alla sindrome:
- problemi cognitivi, con difficoltà a concentrarsi e a ricordare
- dolore muscolare, da cui viene l’aggettivo mialgica usato per descrivere la sindrome (la mialgia è uno stato infiammatorio a danno dei muscoli)
- sonno, assimilabile alla narcolessia
- cefalee e mal di testa
- mal di gola e sintomi para-influenzali di altro tipo
Quali complicazioni può portare
L'encefalomielite mialgica (EM) può comportare diverse complicazioni, che influenzano sia la salute fisica che quella mentale del paziente. Tra le complicazioni più comuni si riscontrano la disfunzione cognitiva, nota come "nebbia mentale", che include difficoltà nella concentrazione, nella memoria e nell'elaborazione delle informazioni.
Possono anche manifestarsi disturbi autonomici, come la sindrome da ipersensibilità ortostatica, che causa vertigini e svenimenti quando il paziente si alza. Inoltre, molti pazienti sviluppano una sensibilità ai cambiamenti ambientali, come suoni, luci e temperature, e possono sperimentare un aumentato rischio di depressione e ansia a causa della cronicità dei sintomi.
Infine, la qualità della vita può deteriorarsi significativamente, portando a isolamento sociale e difficoltà nel mantenere relazioni interpersonali e occupazionali.
Come si diagnostica
La diagnosi di questa condizione non è particolarmente agevole e va effettuata secondo le modalità della cosiddetta diagnosi differenziale. Questo processo diagnostico consiste nello scartare via via tutte le possibili patologie e condizioni che presentano una sintomatologia equiparabile o simile a quella dell’encefalomielite, per giungere alla conclusione definitiva.
Varie malattie hanno un quadro sintomatologico simile, alcune delle quali piuttosto serie a loro volta. Si consiglia quindi in caso di sospetto, di rivolgersi al medico quanto prima.
Tra le patologie che possono dare sintomi simili ci sono:
Escluse tutte le possibili cause di cui sopra, ci sono alcuni criteri che la condizione deve soddisfare per essere definibile come encefalomielite mialgica:
- deve essere in atto da almeno 6 mesi
- deve essere chiaro che il riposo non risolve la stanchezza
- la stanchezza è indipendente dall’attività fisica del paziente
- il paziente registra difficoltà cognitive importanti che gli impediscono di svolgere normalmente le sue attività quotidiane, sia personali, sia lavorative
Quanto sopra viene stabilito dal medico nelle fasi di anamnesi e visita o esame obiettivo. Non esistono esami specifici per la diagnosi, pertanto tutti gli esami eventualmente prescritti servono per permettere la già menzionata diagnosi differenziale.
Tra questi ci possono essere:
Quali sono le terapie e i trattamenti
Il trattamento è prevalentemente sintomatico, è volto cioè a ridurre i sintomi che il paziente presenta in modo da restituire almeno parzialmente una qualità della vita dignitosa.
È fondamentale pertanto che i sintomi siano chiari e definiti, in modo che il medico possa procedere a prescrivere i farmaci e le attività necessarie a ridurre l’impatto della condizione.
Per la parte farmacologica può essere prescritto l’uso di farmaci antidolorifici e di antidepressivi.
La parte non farmacologica del trattamento prevede invece la terapia psicologica cognitivo comportamentale e il pacing.
La terapia cognitivo comportamentale è volta a fornire al paziente gli strumenti per potersi gestire dal punto di vista psicologico, per imparare ad accettare il proprio stato e ad affrontare al meglio le sfide che esso porrà davanti.
Il pacing invece è una serie di pratiche e abitudini che mirano alla gestione razionale delle energie del paziente, in modo che egli possa condurre una vita il più normale possibile. Tra queste per esempio, ci sono l’alternanza delle attività a sforzo fisico con quelle cognitive, un diario delle attività quotidiane tramite il quale il paziente può imparare a riconoscere fino a dove si può spingere e quale livello di attività può effettivamente svolgere.
Prevenzione e prognosi
Non sono al momento note strategie per poter prevenire questa condizione. La prognosi è variabile e dipende dal paziente e dal suo stato di salute generale. Non tutti i pazienti guariscono, ma anche quelli che guariscono tornano solo parzialmente allo stato di salute precendente l’insorgenza della malattia.