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L'infezione da Clostridium difficile

A cura di
Francesco
Caruso

Diarrea persistente, dolori addominali e febbre potrebbero essere sintomi di un'infezione da Clostridium difficile. Questo batterio, spesso acquisito in ospedale, può causare complicazioni serie se non trattato in modo adeguato. Vediamo di cosa si tratta.

Cos'è il Clostridium difficile?

Il Clostridium difficile è un batterio anaerobio e sporigeno, appartenente alla famiglia dei Clostridi. Si tratta di un microrganismo Gram-positivo, naturalmente presente nella flora batterica intestinale e, in minor misura, in quella vaginale. 

In condizioni normali la sua presenza è bilanciata e non causa problemi. Tuttavia, quando l’equilibrio della flora batterica intestinale viene alterato, ad esempio a causa di un uso prolungato di antibiotici, può proliferare in modo incontrollato, producendo tossine capaci di danneggiare la mucosa intestinale. Queste tossine, note come tossina A e tossina B, sono le principali responsabili di infiammazioni e danni al colon.

L’infezione da Clostridium difficile è una delle principali cause di diarrea nosocomiale, ossia infezioni acquisite in ospedale. Sebbene sia più comune in pazienti ospedalizzati o con un sistema immunitario compromesso, il batterio è presente anche in individui sani, soprattutto nei neonati, nei quali viene spesso trasportato senza causare sintomi evidenti. 

La sua diffusione è particolarmente rilevante negli anziani, per i quali rappresenta una problematica di salute seria, data la maggiore vulnerabilità dovuta all’età e all’eventuale assunzione di terapie antibiotiche prolungate.

Come si trasmette l’infezione da Clostridium difficile?

Il Clostridium difficile si trasmette principalmente attraverso il contatto oro-fecale, una modalità di trasmissione in cui il batterio passa dalle feci di una persona infetta a oggetti, superfici o mani, per poi raggiungere la bocca o altre mucose di un individuo sano. 

Questo microrganismo ha la capacità di sopravvivere a lungo nell’ambiente, grazie alla formazione di spore resistenti che persistono su superfici, utensili e persino nelle stanze degli ospedali. 

Il rischio di contagio è particolarmente elevato negli ambienti ospedalieri e nelle strutture di lunga degenza, dove i pazienti sono più vulnerabili. La contaminazione può avvenire in modo diretto, come il contatto con le mani di una persona infetta, o indiretto, tramite oggetti contaminati tra cui letti, dispositivi medici o servizi igienici.

Quali sono i sintomi di questa infezione?

I sintomi dell'infezione da Clostridium difficile variano da forme lievi a gravi, influenzando principalmente l'apparato gastrointestinale

Nelle forme più leggere, i pazienti possono presentare episodi di diarrea moderata, accompagnati da dolori addominali passeggeri.
Quando l'infezione diventa invece più aggressiva, i sintomi peggiorano significativamente e possono includere diarrea frequente e acquosa (fino a 10 o più volte al giorno), crampi addominali intensi, febbre, perdita di peso involontaria e senso di spossatezza generale. 

Nei casi più gravi, il Clostridium difficile può causare colite pseudomembranosa, caratterizzata dalla formazione di placche giallastre sulla mucosa intestinale. Questa condizione può provocare disidratazione grave, sanguinamento intestinale e, in alcuni casi, una perforazione del colon. 

Possono esserci complicazioni?

L'infezione può causare complicazioni, soprattutto nei pazienti più vulnerabili. In particolare, un anziano con patologie concomitanti e un sistema immunitario indebolito rischia di sviluppare sintomi significativamente più severi.

Tra i disturbi più temibili vi sono il megacolon tossico, una dilatazione estrema dell’intestino che richiede un intervento medico immediato, e la setticemia, un’infezione generalizzata del sangue che può mettere a rischio la vita del paziente. 

Come si effettua la diagnosi?

Il medico inizia con un’analisi approfondita dei sintomi riferiti dal paziente, considerando anche la presenza di diarrea persistente, recenti trattamenti antibiotici o degenze ospedaliere prolungate. 

In seguito si ricorre ad esami delle feci specifici per rilevare la presenza delle tossine prodotte dal batterio. Uno dei test più comuni è l’analisi delle tossine A e B mediante tecniche di immunoassay o molecolari come la PCR, che permette di individuare rapidamente il DNA del batterio.

Quando i sintomi sono particolarmente severi o si sospetta una colite pseudomembranosa, si possono eseguire ulteriori accertamenti come una colonscopia o una sigmoidoscopia, esami che permettono di osservare direttamente la mucosa del colon e identificare eventuali lesioni o placche caratteristiche dell’infezione. 

Possono essere necessari anche esami del sangue per rilevare segni indiretti dell'infezione, come l'aumento dei globuli bianchi (leucocitosi), che indica una risposta infiammatoria sistemica. 

Si guarisce dall’infezione da Clostridium?

Un'infezione da Clostridium difficile può essere curata, ma richiede un approccio terapeutico adeguato alla gravità della situazione e alle caratteristiche individuali di ciascun paziente.

Nelle forme moderate, una gestione tempestiva e corretta porta spesso a una risoluzione completa dei sintomi in poche settimane. Se la causa è data dai farmaci, il primo passo è quello di sospendere l'antibiotico che ha causato l’alterazione della flora intestinale, a cui segue una terapia specifica con metronidazolo (o vancomicina o fidaxomicin), mirata a eliminare il batterio.

Nei casi più gravi la terapia può richiedere tempi più lunghi, soprattutto in presenza di infezioni ricorrenti. Circa il 20-30% dei pazienti sperimenta infatti una recidiva dopo il primo episodio. Per questi pazienti, opzioni innovative come il trapianto di microbiota fecale stanno mostrando risultati molto promettenti, con tassi di successo superiori al 90%.

La guarigione completa richiede non solo l'eliminazione del batterio, ma anche il ripristino dell'equilibrio della flora intestinale. Per questo, oltre alle terapie indicate dal medico, è fondamentale integrare probiotici e seguire una dieta equilibrata.

Quali precauzioni si devono adottare in presenza di un caso di Clostridioides difficile?

Essendo un’infezione altamente trasmissibile, il rispetto delle norme di isolamento e igiene rappresenta un elemento cruciale per prevenire la diffusione del batterio.

Negli ospedali i pazienti infetti devono essere isolati in camere singole fino alla risoluzione dei sintomi, per limitare il contatto con altri pazienti o personale sanitario. Gli operatori sanitari devono indossare guanti e camici monouso, e lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone, poiché l’alcol non è efficace contro le spore del batterio. Anche le superfici contaminate presenti all’interno delle strutture devono essere disinfettate con soluzioni specifiche a base di cloro.

In ambito domestico, i familiari di una persona infetta devono prestare particolare attenzione all’igiene, lavando accuratamente mani, biancheria e oggetti personali e limitando il contatto diretto con fluidi corporei o superfici contaminate.