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Leucemia linfoblastica acuta. Cos’è, sintomi, sopravvivenza

A cura di
Elisa
Diral

La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è un raro tipo di tumore del sangue che colpisce i linfociti. Si contrasta con chemioterapia, immunoterapia e terapia steroidea.

Che cos’è la leucemia linfoblastica acuta?

La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è un raro tipo di tumore del sangue che colpisce i linfociti, una sottopopolazione dei globuli bianchi. Si possono avere leucemie linfoblastiche che colpiscono i linfociti B o i linfociti T. La conseguenza della malattia è una produzione incontrollata di linfociti B o T immaturi (chiamati linfoblasti) che vengono accumulati a livello del midollo osseo e del sangue. Possono essere interessati altri organi, quali milza, fegato, linfonodi, testicoli, oltre al sistema nervoso centrale.

Questo tipo di leucemia rappresenta la più diffusa forma di neoplasia maligna dell’età pediatrica; può colpire più raramente anche gli adulti e gli anziani.

Sintomi della leucemia linfoblastica acuta

I principali sintomi che la LLA può causare sono:

  • stanchezza e debolezza: sono causate dall’anemia, che a sua volta è dovuta al calo dei globuli rossi funzionali
  • mal di testa
  • febbre e infezioni: per via del numero ridotto di globuli bianchi funzionali – infatti nelle leucemie si può riscontrare un aumento dei valori dei globuli bianchi che, essendo tuttavia rappresentati da linfoblasti, non riescono a difendere dalle infezioni
  • sanguinamento o ecchimosi: dovuti a livelli bassi di piastrine, che contribuiscono al processo di emostasi
  • dolore alle ossa e alle articolazioni: i linfoblasti in eccesso possono infiltrarsi nel midollo e determinare dolori alle ossa e alle articolazioni
  • ingrossamento dei linfonodi, del fegato o della milza: l’ingrossamento è dovuto all’accumulo di cellule leucemiche
  • perdita di peso e perdita di appetito: si tratta di sintomi sistemici che possono verificarsi in diversi tipi di cancro
  • dispnea: questa difficoltà respiratoria è dovuta all’anemia o all’accumulo di cellule leucemiche nei vasi sanguigni polmonari.

Quali sono le cause della leucemia linfoblastica acuta?

Non sono note le cause che determinano l'insorgenza della leucemia linfoblastica acuta. Si possono tuttavia elencare dei fattori di rischio, come:

  • esposizione del paziente a radiazioni, inclusa la radioterapia
  • esposizione a specifiche sostanze chimiche quali il benzene. Questa sostanza si trova nel petrolio, nel fumo di sigaretta e in diversi pesticidi.

Tutti questi sono fattori di rischio modificabili. Tra quelli non modificabili ci possono essere:

  • l’età, dal momento che l’incidenza della LLA si ha maggiormente in età pediatrica
  • genere maschile, che risulta essere maggiormente colpito.

Si ha poi una associazione a predisposizione per l’insorgenza di leucemia linfoblastica acuta se il paziente presenta alcune sindromi di tipo ereditario, come la sindrome di Down o l’anemia di Fanconi.

Diagnosi di leucemia linfoblastica acuta

La diagnosi di LLA viene eseguita grazie a:

  • emocromo completo: misura quanti e quali tipi di cellule ci sono nel sangue. Nella LLA, si possono notare anomalie come un numero elevato di globuli bianchi con la presenza di blasti circolanti, una carenza di globuli rossi o carenza di piastrine
  • striscio di sangue periferico: l’osservazione del campione, al microscopio, permette di studiare la morfologia delle cellule e di individuare la presenza dei linfoblasti sul sangue periferico.
  • biopsia del midollo osseo e aspirato midollare: con questi due esami è possibile estrarre un campione di tessuto o liquido dal midollo osseo che viene quindi esaminato per rinvenire la presenza di cellule leucemiche tramite microscopio ottico e studiare le caratteristiche citofluorimetriche, molecolari e citogenetiche della malattia.

Trattamenti previsti per la leucemia linfoblastica acuta

Generalmente il trattamento della leucemia linfoblastica prevede l'utilizzo di chemioterapie con più farmaci associati a terapia steroidea. In casi particolari possono essere utilizzati farmaci mirati, come gli inibitori tirosin-chinasici nel caso della LLA B con riarrangiamento del cromosoma Philadelphia, o immunoterapie come anticorpi bispecifici, ad esempio inotuzumab e blinatumomab; o terapie cellulari con CAR-T nel caso delle LLA B.

Generalmente, il protocollo standard per il trattamento della LLA prevede diverse fasi:

  • induzione della remissione: l’obiettivo è distruggere le cellule leucemiche nel midollo osseo per consentire la crescita di globuli bianchi/rossi e piastrine sane, fino alla remissione completa di malattia
  • terapia di consolidamento: dopo aver raggiunto la remissione, questa fase di terapia mira a eliminare qualsiasi residuo di cellule leucemiche e mantenere la risposta ottenuta tramite ulteriori cicli di chemioterapia.

A seconda dell'aggressività della malattia, il medico ematologo può proporre il consolidamento con trapianto da donatore sano (per i pazienti con malattia ad alto rischio) o la terapia di mantenimento (per i pazienti con malattia non ad alto rischio), che utilizza dosi più basse di chemioterapia per circa 2 anni, per prevenire la ricomparsa della malattia.

Terapie di profilassi del sistema nervoso centrale (SNC): visto lo spiccato tropismo dei linfoblasti per il Sistema Nervoso Centrale, oltre alle terapie sistemiche vengono sempre eseguite a cadenza periodica circa 10, 12 punture lombari esplorative, viene quindi prelevato del liquido cefalorachidiano per analisi e ricerca dei linfoblasti, e medicate con chemioterapici a basse dosi al fine di prevenire la disseminazione della malattia al SNC.

Quanto si vive con la leucemia linfoblastica acuta?

Nei bambini, secondo i dati della Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica, a 5 anni dalla diagnosi si ha una sopravvivenza libera da malattia intorno alll’80%, con una sopravvivenza che si assesta intorno al 90%.

Per i pazienti adulti i risultati delle cure sono meno soddisfacenti (sopravvivenza a 5 anni circa 40%), anche se l'utilizzo dei nuovi farmaci quali immunoterapie (anticorpi bispecifici e monoclonali e cellule CAR-T) e terapie mirate (inibitori tirosin-chinasici) negli ultimi anni sta contribuendo a migliorare notevolmente la prognosi dei pazienti.