Il microbiota intestinale, l’insieme dei microrganismi presenti nell’intestino, influisce in modo decisivo sullo stato di salute di un individuo. Scopriamo come mantenerlo sano e come evitare dannosi squilibri
Che cos’è il microbiota intestinale?
Il microbiota intestinale, prima indicato come flora batterica intestinale, è l'insieme dei microorganismi presenti all’interno dell'intestino umano (batteri, virus ed eucarioti).
Il microbiota viene spesso confuso con il microbioma, che è invece il patrimonio genetico dei microbi situati in un determinato ambiente. Differenti parti del corpo come il cavo orale, l'intestino e i polmoni hanno quindi differenti microbiomi.
I microbi che compongono il microbiota sono pari a circa mille miliardi. Essi interagiscono tra loro come se appartenessero a un unico organismo e svolgono funzioni fondamentali per lo stato di salute di una persona.
“Localizzato a livello intestinale - spiega il dottor Paolo Capotosto, gastroenterologo del Santagostino - del peso di più di un chilogrammo, il microbiota è formato da miliardi di microrganismi, con un numero 10 volte superiore a quello complessivo delle cellule e 100 volte superiore ai geni di tutte le cellule dell’organismo.
Il 'big bang' avviene al momento del parto: il microbiota inizia il proprio sviluppo con la nascita, proprio nel passaggio attraverso il canale del parto, ad opera dei batteri vaginali materni. Non sorprende quindi che bambini nati con parto naturale sviluppino un microbiota differente rispetto a bambini nati con parto cesareo”.
Ad oggi le nuove tecniche di sequenziamento (analisi del profilo genetico e metabolico partendo da un campione di feci) hanno permesso di sviluppare ricerche scientifiche sulla composizione batterica del microbiota intestinale. I risultati sono equivalenti alla scoperta di un nuovo organo nel corpo umano. Il microbiota intestinale contiene infatti un numero di geni 100 volte superiore rispetto all'ospite, ha al suo interno componenti ereditabili e può essere modificato dalla dieta, dalla chirurgia o attraverso una terapia antibiotica.
La composizione del microbiota intestinale, e la prevalenza di una specie di batteri sulle altre, varia in ogni individuo in base a fattori come:
“Durante la vita - continua il dottor Capatosta - il microbiota si trova in una condizione di equilibrio dinamico: cambia, fluttua ed è molto sensibile a cambiamenti alimentari, fisiologici e/o ambientali”.
Quali sono le funzioni principali del microbiota?
Il microbiota intestinale lavora all'unisono con l'ospite, promuovendone la salute. In particolare, è stato dimostrato che esso esplica funzioni
- Protettive, contribuendo alla risposta immunitaria dell’organismo agli agenti patogeni
- Metaboliche, sintetizzando amminoacidi, vitamine ed enzimi che l’essere umano non è in grado di produrre in modo autonomo e controllando la proliferazione delle cellule
- Strutturali, sviluppando i villi intestinali e le cellule epiteliali intestinali che partecipano alla formazione della barriera epiteliale, e contribuendo alla costruzione del sistema immune dell'intestino
Recenti evidenze, inoltre, hanno rilevato l’influenza del microbiota intestinale su altri organi:
- Sistema nervoso centrale: le sostanze rilasciate dal microbiota incidono sul tono dell'umore, sulla regolazione dello stress e su comportamenti istintivi
- Apparato cardiovascolare ed endocrino-metabolico: il microbiota incide sui fattori di rischio di malattie cardiovascolari provocate da iperlipidemia, aterosclerosi e diabete di tipo 2
- Apparato digestivo: i prodotti del microbiota assorbiti dall'intestino vengono trasferiti al fegato.
“Il microbiota intestinale - aggiunge il dottor Capotosto - riveste un ruolo importante anche nell’invecchiamento con una diminuzione della biodiversità della composizione del microbiota con una tendenza all’aumento dei patobionti (microrganismi commensali, che possono essere potenzialmente patogeni in presenza di specifiche modificazioni genetiche o ambientali dell'ospite).
Esiste anche una correlazione tra una buona composizione del microbiota e attività fisica, che determina un rafforzamento della barriera intestinale e un’aumentata produzione di IgA, le quali contrastano l’invasività dei patobionti.
Ha un coinvolgimento nel controllo delle vampate di calore in corso di menopausa”.
Il microbiota intestinale alterato: la disbiosi
La stabilità e buona composizione del microbiota intestinale è il presupposto per un corretto funzionamento degli altri organi.
“È ormai evidente - sottolinea il dottor Capotosto - che questa immane popolazione microbica ha continue e profonde interazioni con il nostro organismo, non solo per quanto riguarda le malattie dell’apparato gastrointestinale, dal colon irritabile alle patologie infiammatorie, ma anche a patologie di organi e sistemi assai lontani, fino alle malattie neurologiche e mentali e a quelle dismetaboliche e immunitarie, compreso lo sviluppo di tumori.
Esistono evidenze scientifiche del coinvolgimento del microbiota nel cancro e la possibilità di aumentata risposta alla terapia immunologica grazie al suo ruolo nell’amplificare la risposta immunitaria e facilitare il compito della terapia con immunomodulatori”.
In presenza di disequilibri microbiotici, infatti, l’intero organismo può sviluppare condizioni patologiche.
Si parla di disbiosi quando si ha uno sbilanciamento nel sistema biologico del microbiota, cioè quando il tipo e il numero dei microrganismi intestinali si riduce nella sua diversità e si impoverisce dei suoi microbi benefici.
Tra le maggiori cause di disbiosi vi sono:
- Alimentazione squilibrata (dieta ricca di zuccheri raffinati, fibre, cibi spazzatura, grassi saturi, proteine di origine animale, esclusione di alcuni alimenti)
- Fumo e alcol
- Sedentarietà
- Assunzione in quantità eccessive di antibiotici
- Infezioni gastroenteriche
Se soggetto ad alterazioni, il microbiota intestinale può essere causa di malattie dell'apparato gastroenterico (come le malattie infiammatorie intestinali o le neoplasie del colon-retto), e di malattie metaboliche come l'obesità o le epatopatie, cioè le patologie a carico del fegato.
Esiste inoltre un microrganismo commensale (cioè che vive nel nostro intestino ma senza danneggiarlo) chiamato patobionte, che può essere potenzialmente patogeno in presenza di specifiche modificazioni genetiche o ambientali dell'ospite.
Microbiota: come influenza il cervello?
Negli ultimi decenni, l’avanzamento delle conoscenze in campo biomedico ha portato alla luce il ruolo del microbiota intestinale nella regolazione di quasi tutti i più importanti sistemi fisiologici, compreso il sistema nervoso centrale.
Numerose ricerche, infatti, si sono focalizzate sulle vie di comunicazioni bidirezionali tra il sistema nervoso centrale e i batteri intestinali. È stato appurato che il microbiota possa comunicare direttamente con il cervello attraverso il sistema nervoso intestinale; oppure indirettamente, attraverso la liberazioni di ormoni intestinali o la trasformazione dei componenti alimentari in sostanze quali:
- Acidi grassi a catena corta
- Amminoacidi
- Neurotrasmettitori come serotonina, acido gamma-amino-butirrico, triptofano
- Vitamine, che influenzano il sistema immunitario e il metabolismo.
Di conseguenza, alterazioni nella composizione del microbiota (disbiosi intestinale) possono portare alla sovrapproduzione di sostanze infiammatorie che raggiungono il cervello attraverso la circolazione sanguigna e possono contribuire allo sviluppo di disfunzioni cerebrali. La disbiosi, infatti, interferisce con la regolare produzione di acidi grassi a catena corta, ormoni intestinali e neurotrasmettitori, elementi fondamentali per la funzione cerebrale.
Quali disturbi neurodegenerativi può provocare la disbiosi?
Il microbiota ha quindi un ruolo cruciale nello sviluppo e nel mantenimento della funzione cerebrale e sul benessere della psiche. Alcuni studi hanno evidenziato che il 20% di coloro che soffrono di malattia infiammatoria intestinale presenta anche depressione e disturbi del sonno.
Inoltre, è stato dimostrato che la composizione del microbiota influenza la comparsa di diversi disturbi neurodegenerativi caratterizzati dall’infiammazione cronica delle cellule neuronali. Il processo infiammatorio può causare la morte dei neuroni e pregiudicare l'integrità della barriera ematoencefalica, deputata a proteggere il cervello dall’ingresso di cellule infiammatorie e microbi. Alcuni di queste patologie includono:
Come si analizza la composizione del microbiota?
La composizione del microbiota può essere analizzata attraverso un test che consiste nel semplice campionamento delle feci. Da queste si estrarre il DNA batterico che serve per l’analisi e la ricostruzione dell’ecosistema microbico intestinale.
L'esame consente una conoscenza più approfondita della componente batterica presente nell'intestino, andando ad analizzare nel complesso il suo stato di salute e la sua funzionalità.
In base ai risultati, è possibile infatti, adottare strategie correttive basate soprattutto su un’alimentazione sana e su un’eventuale integrazione di probiotici e prebiotici, in base alle singole esigenze.
L’analisi del microbiota, in particolare, è importante soprattutto in ottica preventiva, per rintracciare precocemente possibili problemi che con il passare del tempo possono portare all'insorgenza di patologie. Inoltre, consente di identificare e pianificare interventi terapeutici personalizzati per trattare particolari condizioni.
Quando si fa il test?
L’analisi del microbiota di solito viene richiesta, in caso di:
- Sintomi intestinali o urogenitali, come colite, diarrea ricorrente, stipsi, cistiti e uretriti, allo scopo di prevenire il loro decorso in eventuali patologie
- Sovrappeso e obesità, per integrare regimi alimentari orientati al controllo del peso
- Gravidanza e allattamento, per sostenere lo sviluppo del microbiota del neonato
- Infanzia, per aiutare una corretta maturazione batterica
- Vecchiaia, per limitare gli effetti dell’invecchiamento come l’immunodepressione e l’insorgenza di processi infiammatori
- Fase iniziale della menopausa: per una migliore gestione dei cambiamenti ormonali
- Necessità nutrizionali specifiche: per esempio, in caso di attività sportiva intensa o agonistica, conoscere l’efficienza del proprio microbiota può aiutare a migliorare le proprie performance.
Come riequilibrare il microbiota intestinale?
Le terapie che possono modificare il microbiota intestinale sono:
- I probiotici, microrganismi vivi che somministrati in adeguate quantità danno benefici alla salute dell'ospite, grazie all'inibizione competitiva con gli altri microrganismi intestinali
- I prebiotici, molecole selezionate capaci di modificare la composizione e l'attività del microbiota intestinale
- Il trapianto fecale, cioè l'introduzione di batteri intestinali da donatore
Una migliore conoscenza dei meccanismi e del contributo del microbiota alle malattie dentro e fuori l'apparato gastroenterico permetterà quindi di sviluppare nuove terapie, per trattare e prevenire le patologie ad esso collegate.
Per alcune malattie dell'apparato gastroenterico è possibile usare il microbiota intestinale per arrivare a una diagnosi prima della diagnostica tradizionale. In futuro si potrà pensare di trattare più accuratamente i pazienti tramite il microbiota intestinale, così da arrivare a curare i sintomi di varie patologie in modo più efficace e personalizzato.
Cosa mangiare per migliorare il microbiota intestinale?
“Quello che ingeriamo è cibo anche per i nostri microbi e loro in cambio restituiscono alle nostre cellule sostanze necessarie a tenerle in salute.
Un’alimentazione sana genera un circolo virtuoso che promuove la crescita di microbi “buoni” mentre un regime alimentare squilibrato nutrirà quelli 'cattivi'”.
Alcuni consigli in fatto di alimentazione possono essere utili per prendersi cura del proprio microbiota intestinale, in particolare:
- Includere frutta e verdura a ogni pasto: la razione giornaliera raccomandata dall’OMS consiste in 5 porzioni di frutta e verdura (cruda, cotta o fermentata). che equivalgono a circa 30-35 grammi di fibra
- Consumare un frutto tra un pasto e l’altro: fornisce fibre e favorisce la digestione
- Introdurre grassi buoni: è fondamentale assumerli a ogni pasto, consumando olio extravergine di oliva, per esempio, ma anche quelli contenuti in pesci come salmone, l’aringa e l’anguilla, nella frutta secca e nei semi
- Includere i brodi di carne o verdure nel regime alimentare: il brodo è un alimento benefico per l’intestino, in particolare il brodo di ossa, ricco di aminoacidi, sali minerali, acido ialuronico e collagene
- Consumare alimenti fermentati, come crauti, yogurt, panna acida e kefir, ideali per mantenere l'equilibrio del microbiota e migliorare la digestione
- Evitare gli alimenti industriali e i prodotti da forno confezionati, che sono ricchi di zuccheri semplici, carboidrati raffinati, coloranti e conservanti
- Prestare attenzione all’origine e alla preparazione degli alimenti: sono preferibili i frutti e le verdure biologiche, non contaminate da pesticidi, le carni bianche e il pesce da cattura, più ricco di omega-3 rispetto a quello d’allevamento.
“Un aiuto per il riequilibro del microbiota - conclude il dottor Capotosto - ci viene dall’utilizzo dei prebiotici, probiotici e postbiotici.
A rivoluzionare la terapia è stata la messa a punto di un probiotico a base di Akkermansia muciniphila, battere costituente l’architrave del nostro microbiota con potente attività anaerobica che vive nelle zone più oscure dell’apparato digerente, alla fine del tenue e nella parte iniziale del colon ascendente, con funzioni di controllo della barriera mucosale e funzioni antinfiammatorie.
Questo probiotico appartiene alla classe dei next generation probiotics che non ha nulla a che vedere con i vecchi probiotici a base prevalentemente di lattobacilli e bifidobatteri. Il suo impiego potrebbe rivoluzionare la terapia di numerose patologie, dalla disbiosi al metabolismo del glucosio con risvolti positivi nella terapia del diabete e dell’obesità. Akkermansia appartiene al gruppo dei postbiotici ovvero gruppo di batteri che non hanno la possibilità di replicarsi e nel caso specifico essendo stato pastorizzato mantiene inalterate le sue capacità di integrarsi nella mucosa e nel sottostante sistema immunitario”.