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La scialoadenite: che cos’è e come si cura

A cura di
Francesca
Caterini

La scialoadenite è una infiammazione delle ghiandole salivari. Può essere dolorosa, ma si cura, nella maggior parte dei casi, con una terapia medica mirata

Cosa è la scialoadenite?

La scialoadenite è l’infiammazione di una ghiandola salivare. Può presentarsi come scialoadenite acuta o scialoadenite cronica. L’area interessata solitamente è quella della della ghiandola sottomandibolare (80%) o della parotide (20%). In altri casi, molto più rari, può presentarsi nelle ghiandole sottolinguali o salivari minori della bocca. 

I pazienti affetti da scialoadenite notano la comparsa di una tumefazione spesso dolente e dura, sotto il mento nel caso della ghiandola sottomandibolare oppure davanti e sotto all’orecchio, nel caso della ghiandola parotide, con concomitante arrossamento della pelle anche all’esterno e possibile fuoriuscita di saliva densa e amara (anche simil sabbiosa) e materiale purulento nel cavo orale. Sintomi concomitanti possono essere mal di testa, febbre e brividi, soprattutto nei casi infettivi.

Le recidive e le forme croniche possono essere invece asintomatiche e presentarsi solo con la tumefazione della zona interessata.

La scialoadenite può essere riconosciuta da un medico specialista tramite esame visivo e palpazione dell’area interessata. Eventualmente si può ricorrere ad una ecografia del collo e delle ghiandole salivari, e in caso di ulteriori dubbi, ad una scialo-endoscopia o TAC/RMN (scialo RM).

Come mai si infiamma la ghiandola salivare?


Le cause della scialoadenite più frequenti sono:

  • calcoli ostruttivi
  • iposecrezione ghiandolare
  • infezioni.

Per quanto riguarda i calcoli, sassolini di cristalli di calcio, essi possono formarsi nella ghiandola oppure all’interno dei dotti che scaricano la saliva e in questo bloccare la distribuzione con conseguente accumulo a monte e gonfiore della ghiandola stessa.

Invece ci possono essere delle cause di iposecrezione salivare che facilitano le infiammazioni delle ghiandole come l’utilizzo di alcuni farmaci (diuretici o antidepressivi), la disidratazione, la secchezza delle fauci (xerostomia) o anche malattie autoimmuni come la sindrome di Sjogren che comporta secchezza di bocca, occhi e altre mucose.

Infine gli agenti responsabili delle infezioni possono essere batteri (Staphylococcus aureus il principale responsabile oppure Streptococco), agenti virali (parotite, herpes o virus influenzali), traumi o lesioni (intesi anche come postumi di radioterapia del cavo orale o limitrofa).

Come far sgonfiare la ghiandola salivare?

Per far sgonfiare la ghiandola salivare è opportuno seguire il trattamento farmacologico indicato dal medico specialista. Oltre a ciò, è importante

  • una abbondante idratazione
  • applicare impacchi caldi sull’area dolente e massaggiare la zona colpita in modo da facilitare il drenaggio della saliva
  • seguire un’accurata igiene orale, eventualmente anche con sciacqui di collutorio di clorexidina
  • l’assunzione di alimenti in grado di stimolare la salivazione (scialogoghi) come caramelle dure o succo di limone.

Quali medicine per infiammazione ghiandole salivari? 

Il medico stabilirà il trattamento farmacologico per le forme acute dopo aver individuato la causa specifica della scialoadenite. Normalmente si prescrive una terapia antibiotica, in alcuni casi associata a cortisone e/o a farmaci antidolorifici/antinfiammatori  che possono essere utilizzati per attenuare il dolore. 

In caso di scialoadenite cronica e recidiva, soprattutto dovuta a scialolitiasi il medico potrebbe valutare un intervento chirurgico per l’asportazione dei calcoli. Per calcoli minori di 5 mm si può pensare all’asportazione con tecnica endoscopica (scialoendoscopia) invece per quelli maggiori di 5 mm il primo passo potrebbe essere la frantumazione in pezzi più piccoli (litotrissia) con apparecchi ad onde d’urto o con laser, che ne facilitino l’espulsione.

Se molto più grandi i calcoli possono essere rimossi con tecniche endoscopiche mini-invasive che consentono nella maggior parte dei casi (circa il 95%) di non dover sacrificare l’intera ghiandola salivare.