La stenosi carotidea, o restringimento della carotide, è una condizione patologica che può causare ischemia transitoria o ictus: come riconoscerla e prevenirla
La stenosi carotidea è una patologia causata dalla riduzione del calibro dell’arteria carotide, una delle arterie più grandi del corpo, che convoglia sangue e di conseguenza ossigeno e nutrienti verso il distretto cerebrale; la presenza di un restringimento del calibro dell’arteria carotide comporta una limitazione dell’afflusso di sangue, ossigeno e nutrienti al cervello.
Questa condizione, che colpisce principalmente gli individui di età superiore a 65 anni, può causare ictus cerebrale o attacco ischemico transitorio (TIA). Nel primo caso, il flusso sanguigno verso il cervello viene completamente interrotto e le cellule alimentate dall’arteria interessata dal restringimento entrano in uno stato di necrosi, quindi muoiono e perdono le loro funzioni in modo irreversibile. Nel TIA l’apporto del sangue diminuisce ma non si interrompe completamente; la condizione e la sintomatologia ad essa associata si risolvono entro qualche ora.
Le conseguenze possono essere importanti: l’ictus cerebrale è la principale causa di disabilità nel nostro Paese e la terza causa di mortalità nei Paesi occidentali.
Quali sono le cause della stenosi carotidea?
La stenosi carotidea è causata principalmente dall’aterosclerosi (o arteriosclerosi), una condizione che si manifesta con modifiche alla struttura delle pareti arteriose, le quali si irrigidiscono a causa di varie condizioni. Conseguentemente all’accumulo in alcuni punti, a livello della parete arteriosa, di colesterolo, calcio, cellule infiammatorie e materiale fibroso, si verifica la formazione di placche, ispessimenti che impediscono un corretto afflusso del sangue e limitano, di fatto, il flusso di ossigeno e nutrienti nei distretti a valle. Solitamente l’aterosclerosi si manifesta in età avanzata ed è più frequente negli uomini.
L’irrigidimento della parete arteriosa e la formazione di placche ateroscerlotiche, lesioni alla base della stenosi carotidea, sono dovuti in gran parte all’azione spesso purtroppo combinata dei fattori di rischio cardiovascolare. I principali fattori di rischio cardiovascolare sono: abitudine al fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa, diabete mellito, elevati livelli di colesterolo circolante, obesità e sovrappeso corporeo, sedentarietà, eccessivo consumo di alcool, predisposizione genetica.
È molto importante sottolineare che, oltre che a carico del distretto vascolare carotideo, i restringimenti possono interessare anche altri distretti vascolari, quali le arterie coronarie, vasi sanguigni che riforniscono di ossigeno e nutrienti le cellule del cuore, oppure le arterie che apportano sangue agli arti inferiori (coscia, gamba, piede). Anche in questi casi le conseguenze possono essere drammatiche: un ridotto apporto di sangue al cuore è causa di infarto del miocardio; la riduzione dell’apporto di sangue verso gli arti inferiori comporta limitazione nel movimento e, nei casi più gravi, può causare completa perdita della funzionalità dell’arto.
Quali sono i sintomi di una stenosi carotidea?
In molti casi la stenosi carotidea non comporta l’instaurarsi di una sintomatologia caratteristica e sospetta, soprattutto nelle fasi iniziali del processo. Sfortunatamente laddove i sintomi si manifestino, spesso ciò avviene quando c’è patologia arteriosa già significativa o in concomitanza con la fissurazione-rottura della placca aterosclerotica, con la conseguente formazione di un trombo (coagulo di sangue) che va ad ostruire totalmente o parzialmente l’arteria con limitazione più o meno estesa e/o prolungata del flusso ematico. I sintomi sono quelli tipici dell’attacco ischemico cerebrale, legati dunque al ridotto afflusso di sangue al cervello: difficoltà nella coordinazione dei movimenti e nell’esprimersi con il linguaggio, intorpidimento di uno o più arti o parti di essi, paralisi del viso, difficoltà nella vista, perdita di coscienza.
Quando le placche alle carotidi sono pericolose?
La gravità delle placche alle carotidi può essere valutata attraverso specifici esami. La diagnosi di stenosi carotidea può essere effettuata in pazienti con note patologie cardiovascolari, in presenza di fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa, abitudine al fumo, elevati livelli di colesterolo in circolo, diabete mellito, ecc), e in presenza di sintomi sospetti.
Il primo esame indicato per la valutazione del distretto arterioso carotideo è l’ecocolordoppler dei tronchi sovra-aortici, una indagine ecografica non invasiva che consente di visualizzare lo stato dei vasi sanguigni e del flusso sanguigno attraverso di essi. Grazie a questo esame si possono osservare anche le lesioni relativamente piccole eventualmente presenti sulle pareti dei vasi. Lo specialista angiologo, il chirurgo vascolare, o il radiologo esperto in ecografie dei distretti vascolari sono i professionisti che si occupano della valutazione del distretto carotideo e che eseguono tale esame.
Esami più approfonditi sono quelli che prevedono l’utilizzo di un mezzo di contrasto per rendere meglio evidenti eventuali lesioni: l’angiografia con risonanza magnetica e l’angiografia con tomografia computerizzata.
Come curare la stenosi carotidea?
È fondamentale prevenire la formazione di placche e conseguentemente di stenosi a carico delle carotidi, ma anche a carico degli altri distretti vascolari (coronarico in primis), attraverso un’azione mirata alla ricerca e al controllo dei fattori di rischio cardiovascolare.
Effettuare il controllo periodico degli esami del sangue è indispensabile per la valutazione di glicemia, colesterolemia, funzione renale, funzione epatica; la visita cardiologica con lo specialista in cardiologia permette di valutare il rischio cardiovascolare individuale, di consigliare gli approfondimenti necessari e di mettere a punto interventi individualizzati e specifici per il singolo paziente.
La terapia farmacologica può agire sui sintomi o limitare la progressione della lesione. Si utilizzano prevalentemente, nel trattamento del paziente con stenosi carotidea, farmaci che rendano più fluido il sangue, in particolare gli antiaggreganti piastrinici (il più noto di questi è l’Aspirina) e, in alcuni e selezionati casi, gli anticoagulanti (ad esempio il coumadin). L’impiego di altri farmaci è finalizzato al controllo e al trattamento dei fattori di rischio e della condizioni cliniche eventualmente presenti nel paziente (ad esempio antiipertensivi per il controllo della pressione arteriosa nel paziente iperteso, ipoglicemizzanti nel paziente con diabete mellito, ipolipidemizzanti per il controllo dei valori di colesterolemia).
Nel caso in cui il restringimento della carotide superi il 70% e/o vi sia una significativa limitazione dell’afflusso di sangue a valle dell’arteria necessaria si rende necessario considerare un intervento chirurgico, anche in assenza di sintomi, che come abbiamo visto si manifestano solo in uno stato avanzato della patologia. Le opzioni sono due: intervento chirurgico vascolare (per rimuovere la placca) o angioplastica con palloncino (tramite introduzione di uno stent nella carotide interna per riaprire il vaso ostruito). In caso di stenosi carotidea con presenza di sintomi ogni caso va valutato singolarmente. Il professionista che si occupa, nello specifico, del trattamento chirurgico delle stenosi carotidee, è il chirurgo vascolare.
Cosa comporta il restringimento della carotide?
Le carotidi sono due grandi arterie del collo che trasportano sangue ricco di ossigeno e nutrienti al cervello, consentendo il normale funzionamento del sistema nervoso centrale e delle strutture circostanti. Il restringimento della carotide, noto anche come stenosi carotidea, può comportare diversi problemi a seconda del grado di ostruzione e anche della rapidità con cui tale ostruzione si instaura. Come abbiamo visto all’inizio, esso provoca alterazioni del flusso sanguigno cerebrale e può essere causa di ischemie e ictus.