L’ischemia cerebrale è una condizione in cui il cervello non riceve in quantità sufficiente ossigeno, per via di una diminuzione del flusso sanguigno. Quali sono le cause e le terapie per intervenire?
Ischemia cerebrale, una definizione
Quando si verifica una riduzione dell’apporto di sangue al cervello, ecco che anche l’ossigeno e i nutrienti necessari alla vita del tessuto cerebrale diminuiscono, portando in sofferenza il tessuto cerebrale stesso. Questa condizione, se non risolta spontaneamente entro 24 ore o con interventi rapidi in tempi brevi, prende il nome di ischemia cerebrale.
Ci sono due tipi di ischemia cerebrale:
- i. focale, limitata ad un’area del tessuto cerebrale, e conseguenza di un embolo o di un trombo a bloccare il flusso ematico in una arteria
- i. globale, che interessa diverse zone del cervello. Può implicare riduzione se non una vera e propria interruzione del flusso ematico.
Come si manifesta un’ischemia cerebrale?
I sintomi possono essere diversi, a seconda dell’area interessata e dalla gravità del danno:
- biascicamento, ovvero difficoltà nel parlare
- perdita di conoscenza e di coordinazione nei movimenti
- vertigini e capogiri
- problemi a carico della vista, come visione doppia o cecità in un occhio
- perdita di conoscenza.
Tra gli altri sintomi vanno indicati il senso di debolezza in un braccio, in una gamba oppure ad una metà del corpo, in base all’arteria che risulta colpita. Anche tutto l’organismo può essere interessato dalla debolezza.
I danni rischiano di diventare permanenti nel caso in cui la normale circolazione risulta impedita e prolungata nel tempo; fino alla morte del soggetto.
Cosa provoca un’ischemia? Quali sono i fattori di rischio?
In una ischemia, i vasi cerebrali patiscono una riduzione se non un blocco del flusso ematico, e le ragioni per le quali un vaso sanguigno si ritrova in una simile condizione possono essere principalmente due: un vaso sanguigno può infatti essere ostruito per un embolo o un trombo.
L’embolo è un grumo di sangue proveniente da altre parti del corpo e si sposta grazie alla circolazione sanguigna. Solitamente, gli emboli prendono l’avvio dal cuore, oppure dalle placche aterosclerotiche presenti nelle arterie che determinano l’afflusso del sangue al cervello. Come ad esempio le carotidi. È possibile quindi che porzioni di placche si stacchino e ostruiscano piccoli vasi cerebrali; vasi più piccoli, nella dimensione, rispetto all’embolo.
La formazione di emboli può inoltre essere determinata da cardiopatie, segnatamente la fibrillazione atriale.
L’ischemia trombotica è invece dovuta ad un trombo, ovvero un coagulo di sangue, responsabile anche della trombosi venosa profonda. In questo caso il trombo si forma proprio all’interno del vaso e, progressivamente, riduce la capacità del vaso di trasportare sangue.
Fattori di rischio
Tra i fattori di rischio per l’insorgenza di una ischemia cerebrale possono esserci:
Il diabete e l’ipertensione arteriosa possono anche favorire la comparsa di un’ischemia.
Che differenza c’è tra un ictus e un’ischemia?
Si parla di ischemia, e nello specifico di attacco ischemico transitorio, quando si ha un episodio acuto, che può durare da qualche minuto fino ad un massimo di 24 ore, di deficit neurologico transitorio.
Quando la sintomatologia persiste lungo un arco di tempo più esteso, si dà ictus cerebrale propriamente detto.
Quali esami sono necessari?
Per avere una diagnosi di ischemia cerebrale ci si deve basare su una attenta analisi dei sintomi clinici, e attraverso l’anamnesi è possibile stabilire quindi delle ipotesi sulle cause dell’ischemia. È tuttavia possibile avere certezza sulla eziologia solo grazie ad alcuni esami:
Anche il monitoraggio del ritmo cardiaco e della pressione aiutano ad avere un quadro diagnostico più chiaro.
Come si può intervenire?
Nei casi in cui è possibile intervenire nello stretto esordio dell’attacco ischemico, quindi entro le primissime ore, si può agire con una terapia che prende il nome di trombolisi. Per via endovenosa sono somministrate sostanze trombolitiche, che permettono la liberazione del vaso sanguigno occluso. La circolazione ha modo di riprendere e, allo stesso tempo, è possibile limitare i danni in modo efficace.
È necessario intervenire nella fase acuta dell’attacco ischemico, non solo perché con il passare del tempo si verifica un possibile aumento delle complicanze, come ad esempio delle emorragie secondarie, ma anche perché dopo sei ore i farmaci trombolitici, come l’attivatore tissutale del plasminogeno, risultano del tutto inefficaci.
Un intervento immediato, inoltre, permette anche di valutare al meglio la possibilità di ricorrere ad una terapia chirurgica.
Quanto si vive dopo un’ischemia?
L’aspettativa di vita del soggetto dipende da diversi parametri. Parametri quali la gravità del danno ischemico e dalle condizioni generali di salute; la rapidità con cui intervento e diagnosi sono svolti, le strutture cerebrali coinvolte.
In linea di massima, l’aspettativa di vita di un soggetto colpito da ischemia cerebrale è di almeno cinque anni.
È possibile prevenire l’ischemia?
È possibile intervenire sui fattori di rischio modificabili attraverso uno stile di vita sano e corretto, in modo tale che la formazione di placche e di coaguli di sangue, all’interno dei vasi sanguigni, sia un rischio ridotto.
Uno stile di vita che contempla:
- un regolare esercizio fisico
- il recupero del peso forma
- la riduzione d’uso del sale e del consumo di grassi di origine animale
- mangiare tra le 3 e 4 quattro volte su base settimanale del pesce
- mangiare frutta e verdura in abbondanza.