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Ipertiroidismo, da cosa dipende e come si cura


L’ipertiroidismo si contraddistingue per una eccessiva presenza, in circolo, di ormoni tiroidei. Deve essere trattato affinché siano evitate conseguenze serie per il paziente.

Cos’è l’ipertiroidismo?

L’ipertiroidismo è una condizione in cui la tiroide produce una quantità eccessiva di ormoni tiroidei, e per conseguenza si determina un’accelerazione il metabolismo dell’organismo. Questo può portare a sintomi come perdita di peso improvvisa, tachicardia, sudorazione eccessiva, nervosismo e insonnia.

I principali ormoni tiroidei sono la tiroxina (t4) e la triiodotironina (t3). L’ipertiroidismo interessa in modo particolare più le donne tra i 20 anni e i 40 anni, rispetto agli uomini.

Ipertiroidismo, sintomi e segni

Tra i principali sintomi dell’ipertiroidismo si segnalano i tremori, l’intolleranza rispetto al calore e una ipersudorazione. Si tratta di disturbi che sono in stretta correlazione con l’aumento dell’attività metabolica, diretta conseguenza dell’eccessiva presenza degli ormoni tiroidei in circolo. Tra gli altri sintomi ravvisabili ci sono:

Un terzo gruppo di sintomi associabili a questa condizione può prevedere:

Cosa si rischia con l’ipertiroidismo?

Se l’ipertiroidismo non viene trattato in modo adeguato può determinare complicazioni importanti. L’eccesso di ormoni tiroidei accelera il metabolismo, come è stato detto, e un eccesso non gestito opportunamente pone il cuore in uno stato di stress e aumenta il rischio di aritmie, ipertensione e insufficienza cardiaca.

Nei casi più gravi, il paziente può avere quella che viene definita tempesta tiroidea, una condizione particolarmente pericolosa con febbre alta, tachicardia estrema e stato confusionale.

Quali sono le cause dell'ipertiroidismo?

L’ipertiroidismo è causato dall’iperproduzione di ormoni quali triiodotironina (T3) e tiroxina (T4). Questi ormoni regolano i processi metabolici del nostro organismo e la sua velocità di consumo energetico. Il soggetto che soffre di questa sindrome può quindi avere anomalie a livello metabolico, cardiaco e del sistema nervoso. 


L’eccessiva produzione di ormoni tiroidei può essere causata da:

  • malattia di Graves-Basedow, ovvero iperplasia primitiva diffusa. Si tratta di una patologia tiroidea autoimmune, principale causa di ipertiroidismo e seconda patologia endocrinologica più diffusa dopo il diabete
  • gozzo multinodulare tossico, dovuto ad una lunga stimolazione tiroidea a causa di una sintesi di ormoni tiroidei insufficiente. Anche in questo caso si sviluppa un gozzo, dalle dimensioni aumentate, all’interno della quale sono presenti noduli con spiccata funzionalità
  • gozzo nodulare tossico, in cui l’iperproduzione ormonale non è diffusa, bensì localizzata
  • adenoma tossico, o iperfunzionante, che determina un aumento della tiroide asimmetrico
  • eccessiva produzione di TSH da parte dell’ipofisi (raramente).

Come avviene la diagnosi?

La diagnosi parte dall’anamnesi, cioè la raccolta dei dati su sintomi e storico del paziente a colloquio con il medico. 

Poi viene svolto un esame obiettivo per ravvisare l’eventualità di tremori, di tachicardia o di alterazioni a carico dei bulbi oculari. La tiroide viene palpata per rilevare la possibile presenza di noduli.

Tra le analisi necessarie alla diagnosi ci sono:

  • la misurazione dei livelli di T3, T4 e TSH in circolo
  • la misurazione degli anticorpi anti tiroide.

È possibile inoltre che il paziente sia sottoposto a scintigrafia tiroidea, per svolgere una diagnosi differenziale l’ipertiroidismo propriamente detto da differenti forme di eccesso degli ormoni della tiroide. Anche l’ecografia è ricompresa tra gli esami diagnostici.

Quali sono i trattamenti?

Il percorso terapeutico viene stabilito dall’endocrinologo in considerazione dell’importanza della sintomatologia e in base anche all’età del paziente. Quando si ha a che fare con il gozzo nodulare iperfunzionante, la scelta della terapia dipende dalle dimensioni della tiroide.

Nell'eventualità in cui il paziente presenti un gozzo di dimensioni medie o piccole, viene preferita la terapia con iodio radioattivo, chiamata anche terapia radiometabolica, per la distruzione selettiva delle cellule anomale della tiroide. Nei casi in cui il gozzo abbia dimensioni importanti, invece, si ricorre alla tiroidectomia, ovvero l’asportazione chirurgica.

L'intervento chirurgico, poiché invasivo e con dei rischi è effettuato solo se necessario. in quanto, c'è la possibilità che vengano danneggiate le ghiandole paratiroidee. 

Il paziente potrebbe incorrere anche in una lesione delle corde vocali, con conseguente alterazione della voce.

Dopo l'intervento, infine, sarà comunque necessario assumere una versione sintetizzata dell'ormone tiroideo per tutto il resto della vita.

Se la causa dell’ipertiroidismo è riconducibile alla malattia di Graves Basedow si adotta una terapia farmacologica antitiroidea. Non di rado si ricorre a farmaci beta bloccanti per intervenire sull’alterazione dell’umore e sulla regolazione del battito cardiaco. Quando la condizione non risponde ad alcun trattamento medico, o si verifica una recidiva, si può ricorrere ad una terapia radiometabolica o alla tiroidectomia.

Cosa non deve mangiare chi soffre di ipertiroidismo?

Chi soffre di ipertiroidismo dovrebbe evitare alimenti ricchi di iodio, poiché questo elemento stimola la produzione di ormoni tiroidei. Alcuni cibi da limitare sono il pesce di mare, le alghe, i crostacei e il sale iodato. Anche alcuni latticini e uova possono contenere iodio.

È utile ridurre il consumo di soia e derivati (tofu, latte di soia), perché possono interferire con l’assorbimento dei farmaci antitiroidei. Gli alimenti eccitanti, come spezie piccanti e bevande alcoliche, possono amplificare sintomi come tachicardia e nervosismo.

Alcuni cibi gozzigeni come cavoli, broccoli e ravanelli, possono interferire con l’attività tiroidea, ma il loro effetto è limitato e dipende dalla cottura.

Chi soffre di ipertiroidismo può bere il caffè?

Il caffè non è vietato a chi soffre di ipertiroidismo, ma il suo consumo deve essere moderato. La caffeina ha un effetto stimolante sul sistema nervoso, che può amplificare alcuni sintomi tipici della malattia come ansia, tachicardia, insonnia e tremori.

Se il paziente ha già un battito cardiaco accelerato o disturbi del sonno, è meglio limitare o evitare il caffè e altre bevande contenenti caffeina, come tè nero, tè verde, bevande energetiche. Un’alternativa può essere il caffè decaffeinato, che conserva il sapore senza avere un impatto significativo sul sistema nervoso.

Inoltre, la caffeina può interferire con l’assorbimento di alcuni farmaci antitiroidei. Per evitare problemi, è consigliabile aspettare almeno un’ora dopo l’assunzione del farmaco prima di bere caffè. Come sempre, è bene ascoltare il proprio corpo e, in caso di dubbi, consultare il medico.

Quanto tempo ci vuole per guarire dall’ipertiroidismo?

Nei casi in cui l’ipertiroidismo è trattabile, i tempi di guarigione dipendono dalla causa e dal tipo di terapia. Nei casi lievi, gestiti con farmaci antitiroidei come metimazolo o propiltiouracile, la terapia dura in media tra i 12 e i 18 mesi. In seguito, è possibile che si abbia remissione o, al contrario, una recidiva.

Se la terapia farmacologica non è efficace o ci sono recidive, si può ricorrere allo iodio radioattivo, che distrugge selettivamente le cellule tiroidee. Questo trattamento porta a una riduzione dell’attività della tiroide in alcune settimane o mesi, spesso inducendo ipotiroidismo, che viene poi gestito con la terapia sostitutiva a base di ormoni tiroidei.

Nei casi più gravi si ricorre alla tiroidectomia (rimozione parziale o totale della tiroide), che garantisce una soluzione definitiva, ma comporta la necessità di assumere ormoni tiroidei per tutta la vita. Ogni paziente ha un percorso diverso, perciò è di particolare importanza seguire le indicazioni del medico.

Cosa succede se non si cura l’ipertiroidismo?

Trascurare i sintomi dell’ipertiroidismo o la cura, nei casi di diagnosi, può produrre conseguenze anche gravi. Accanto a sintomi quali nausea, vomito e confusione mentale, possono presentarsi altri sintomi di maggiore entità e peso.

Episodi di febbre che supera i 39°C, fibrillazione atriale, agitazione psicomotoria e scompenso cardiocircolatorio, osteoporosi.

Attualmente i controlli sulla tiroide non sono diffusi quanto dovrebbero. Si ha infatti ancora poca conoscenza di questa ghiandola, soprattutto per quanto riguarda il suo ruolo durante la gravidanza. Uno screening periodico, in caso di familiarità o preesistenza di patologie tiroidee, è pertanto fortemente consigliato. Anche in un contesto di prevenzione.