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L’epatite C è una malattia infiammatoria a carico del fegato dovuta al virus dell’epatite C (HCV). Questa infezione è considerata tra le più gravi forme di epatite che possono colpire il fegato, sia per la sua capacità di cronicizzarsi, sia per le complicanze che ne derivano. Il virus si trasmette principalmente attraverso il contatto con sangue infetto, ad esempio tramite lo scambio di siringhe contaminate. Meno frequentemente, la trasmissione può avvenire per via sessuale o durante la gravidanza, da madre a figlio.
Tra i 5 e gli 8 casi su 10 di infezione, l’epatite C diventa quindi cronica e può danneggiare anche altri organi attraverso quelle che vengono chiamate manifestazioni extraepatiche. La cronicità dell’epatite C può portare a gravi conseguenze come insufficienza epatica, cirrosi e tumore del fegato. Si stima che circa il 25% dei casi di tumore epatico sia legato all'epatite C cronica.
L’infezione da HCV è inizialmente asintomatica, come detto, ma vi è il rischio di sviluppare complicazioni a lungo termine. Attualmente non esistono vaccini, ma le terapie con antivirali ad azione diretta hanno sensibilmente aumentato la curabilità di questa infezione.
Molto spesso chi è venuto in contratto con il virus HCV non presenta affatto sintomi o, tutt’al più, presenta sintomi aspecifici. Se sono presenti, i sintomi si manifestano a partire dai 3 mesi rispetto all’infezione e possono essere:
Nella sua fase acuta questo tipo di epatite, dovuta al virus HCV, può durare dalle 2 fino alle 12 settimane. Può avere esiti gravi, ma raramente è mortale.
L’epatite C si trasmette attraverso il contatto diretto con sangue infetto. Una delle modalità più comuni è l'uso condiviso di aghi o siringhe, una pratica frequente tra le persone che fanno uso di droghe iniettive. Anche l’utilizzo di strumenti non adeguatamente sterilizzati in contesti medici, estetici o di body art, come tatuaggi e piercing, rappresenta un rischio significativo.
La trasfusione di sangue e i trapianti di organi effettuati prima dell'introduzione dei test di screening per il virus HCV (negli anni ‘90) sono stati un’importante via di trasmissione. Oggi, grazie a rigorosi controlli, questa modalità è diventata estremamente rara nei paesi sviluppati, ma può ancora rappresentare un problema in alcune regioni del mondo.
La trasmissione sessuale è possibile, ma relativamente rara. È più probabile in presenza di lesioni genitali, infezioni sessualmente trasmissibili concomitanti o rapporti non protetti. Inoltre, una madre infetta può trasmettere il virus al proprio bambino durante la gravidanza o il parto, anche se ciò avviene in una percentuale limitata di casi.
L’HCV non si trasmette attraverso contatti casuali come abbracci, strette di mano o condivisione di cibo e bevande.
Anche se molto raramente, l’epatite C può essere trasmessa attraverso il contatto sessuale, soprattutto se ci sono lesioni con perdite ematiche o altre infezioni sessualmente trasmissibili che possono aumentare il rischio. Se si è certi avere una infezione di HCV, è comunque opportuno comunicare al partner l’informazione e utilizzare contraccettivi quali il preservativo.
Svolto dopo una anamnesi e un esame clinico, il test per l’epatite C serve per ricercare gli anticorpi anti HCV, prodotti dall’organismo come risposta all’infezione da HCV. A questo esame segue la conta del materiale genetico virale presente nel flusso ematico.
Il primo test può avere esito positivo o negativo, a seconda della possibilità che abbia rilevato o meno la presenza degli anticorpi specifici. Nel secondo test viene misurata la carica virale. Questo secondo test risulta tuttavia negativo, oppure non rilevabile, quando il virus HCV è assente oppure presente in quantità tali da non essere sufficienti per essere rilevate. Quando il test degli anticorpi anti HCV dà esito negativo, significa che:
Quando si ha un esito debolmente positivo è necessario svolgere nuovamente il test, data la possibilità che si tratti di un falso positivo. Quando il test dell’RNA del virus HCV è positivo, l’infezione è in corso.
Esami che perfezionano la diagnosi di epatite C possono essere i seguenti.
Esame | Descrizione |
---|---|
Elastografia epatica (FibroScan) | Misura la rigidità del fegato per valutare fibrosi o cirrosi. |
Ecografia epatica | Rileva anomalie strutturali o la presenza di cirrosi. |
TAC o RM | Utilizzate in casi di cirrosi avanzata o sospetto di tumore epatico. |
Biopsia epatica (raramente) | Analizza direttamente il tessuto epatico per definire il grado di infiammazione, fibrosi o presenza di tumori. |
La terapia per l’epatite C ha subito significativi progressi negli ultimi anni, passando da regimi terapeutici basati su interferone e ribavirina a trattamenti più efficaci e meno invasivi basati su farmaci antivirali diretti (DAA). Questi nuovi trattamenti offrono tassi di cura superiori al 90%.
Esempi di antivirali sono dati dalle combinazioni di Sofosbuvir - Velpatasvir per adulti o pazienti di età pediatrica che abbiano almeno 3 anni, così come Sofosbuvir - Ledipasvir o, ancora, Elbasvir - Grazoprevir per adulti o bambini dai 12 anni e a partire dai 30 kg di peso.
I DAA agiscono direttamente sui meccanismi di replicazione del virus, bloccandone la capacità di moltiplicarsi e quindi di persistere nell’organismo. Il medico può raccomandare un farmaco o una combinazione di due o tre farmaci, che devono essere assunti per un periodo che può variare da 8 a 24 settimane, a seconda del genotipo del virus e della presenza di eventuali danni al fegato, come la cirrosi.
L'approccio terapeutico deve essere personalizzato in base a diversi fattori, inclusi il genotipo del virus, la presenza di eventuali pregressi trattamenti antivirali, e le condizioni generali di salute del paziente. È importante monitorare il paziente durante il trattamento per valutare la risposta al farmaco e eventuali effetti collaterali.
Quando a 3 mesi dal termine della terapia il paziente presenta una SVR12, una Risposta Virologica Sostenuta, si parla di guarigione. In ogni caso per chi soffre di epatite C viene raccomandato il vaccino specifico per i virus dell’epatite A e B, per evitare complicazioni severe determinate da una eventuale coinfezione.
Ogni caso è a sé, è comunque possibile indicare che solitamente in un arco di tempo compreso tra i 15 e i 30 anni, chi ha contratto una epatite cronica in seguito a infezione da HCV vede la progressione in cirrosi epatica.
Sempre in termini statistici, tra l’1% e il 5% delle persone che hanno contratto infezione cronica da HCV perdono la vita per cirrosi o cancro al fegato.
Il principio cardine per la prevenzione dell’epatite C è l’evitare ogni forma di contatto con sangue infetto. Bisogna quindi non condividere aghi, siringhe o strumenti taglienti come rasoi e forbici. Durante procedure mediche, tatuaggi o piercing, è opportuno assicurarsi che gli strumenti siano sterilizzati.
In caso rapporti sessuali, l’uso del preservativo riduce il rischio di trasmissione. Le madri infette hanno bisogno supporto medico per minimizzare il rischio di trasmissione al neonato. Anche se non esiste un vaccino per l’HCV, l’informazione e il controllo delle trasfusioni di sangue garantiscono una protezione efficace, soprattutto in contesti sanitari.
Il test per l’epatite C viene prescritto, oltre in presenza dei sintomi indicati, per ragioni di screening, dopo avere compiuto 18 anni di età, e quando la paziente è in gravidanza. Può essere prescritto anche quando sono presenti segni e sintomi riconducibili ad una patologia epatica, quando un soggetto è risultato esposto al virus HCV e, infine, per monitorare gli interventi terapeutici durante il trattamento nei casi di infezione da virus HCV.
Si consiglia il test per l’epatite C anche per screening nei pazienti:
Anche le persone che fanno uso di droghe per via endovenosa dovrebbero sottoporsi al test. L’epatologo, o il medico curante, potrebbero prescrivere il test in presenza di sintomi riconducibili a patologie epatiche o quando si hanno risultati alterati in esami svolti nel contesto del pannello epatico.
Viene prelevato un campione di sangue per via endovenosa.
Non è richiesta particolare preparazione, ad eccezione dell’osservare digiuno nelle tre ore precedenti il prelievo.
Gli esami per l’epatite C, va ricordato, riguardano tanto la ricerca degli anticorpi specifici nel sangue, quanto l’identificazione dell’RNA, il materiale genetico del virus, misurandone la concentrazione ematica.
Con i test per l’HCV si può determinare anche il genotipo virale, quindi la specifica sottospecie virale che ha infettato l’organismo. In questo modo è possibile intraprendere una terapia più mirata.