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L’epatite C è una malattia di natura infiammatoria che colpisce il fegato e la sua causa è il virus HCV. Rappresenta la causa più diffusa sia di trapianto del fegato che di insorgenza di epatopatie quali cirrosi epatica, epatite cronica e cancro del fegato, oltre ad essere la forma di epatite più pericolosa potenzialmente.
Un tratto distintivo dell’epatite C consiste nel non presentare alcun sintomo per molto tempo, anche per dieci e più anni, e di manifestarsi quando nei fatti sono presenti già significativi danni all’organo. Tra i 5 e gli 8 casi su 10 di infezione, l’epatite C diventa quindi cronica e può danneggiare anche altri organi, attraverso quelle che vengono chiamate manifestazioni extraepatiche.
Molto spesso chi è venuto in contratto con il virus HCV non presenta affatto sintomi o, tutt’al più, presenta sintomi aspecifici. Se sono presenti, i sintomi si manifestano a partire dai 3 mesi rispetto all’infezione e possono essere:
Nella sua fase acuta questo tipo di epatite, dovuta al virus HCV, può durare dalle 2 fino alle 12 settimane. Può avere esiti gravi, ma raramente è mortale.
La principale modalità di trasmissione del virus HCV è per contatto con sangue di una persona infetta, e il contatto può avvenire attraverso:
Anche se molto raramente, l’epatite C può essere trasmessa attraverso il contatto sessuale, soprattutto se ci sono lesioni con perdite ematiche o altre infezioni sessualmente trasmissibili che possono aumentare il rischio.
Se si è certi avere una infezione di HCV, è comunque opportuno comunicare al partner l’informazione e utilizzare contraccettivi quali il preservativo.
Svolto dopo una anamnesi e un esame clinico, il test per l’epatite C serve per ricercare gli anticorpi anti HCV, prodotti dall’organismo come risposta all’infezione da HCV. A questo esame segue la conta del materiale genetico virale presente nel flusso ematico.
Il primo test può avere esito positivo o negativo, a seconda della possibilità che abbia rilevato o meno la presenza degli anticorpi specifici. Nel secondo test viene misurata la carica virale. Questo secondo test risulta tuttavia negativo, oppure non rilevabile, quando il virus HCV è assente oppure presente in quantità tali da non essere sufficienti per essere rilevate.
Quando il test degli anticorpi anti HCV dà esito negativo, significa che:
Quando si ha un esito debolmente positivo è necessario svolgere nuovamente il test, data la possibilità che si tratti di un falso positivo. Quando il test dell’RNA del virus HCV è positivo, l’infezione è in corso.
La terapia per l’epatite C ha subito significativi progressi negli ultimi anni, passando da regimi terapeutici basati su interferone e ribavirina a trattamenti più efficaci e meno invasivi basati su farmaci antivirali diretti (DAA). Questi nuovi trattamenti offrono tassi di cura superiori al 90%.
Esempi di antivirali sono dati dalle combinazioni di Sofosbuvir - Velpatasvir per adulti o pazienti di età pediatrica che abbiano almeno 3 anni, così come Sofosbuvir - Ledipasvir o, ancora, Elbasvir - Grazoprevir per adulti o bambini dai 12 anni e a partire dai 30 kg di peso.
I DAA agiscono direttamente sui meccanismi di replicazione del virus, bloccandone la capacità di moltiplicarsi e quindi di persistere nell’organismo. Il medico può raccomandare un farmaco o una combinazione di due o tre farmaci, che devono essere assunti per un periodo che può variare da 8 a 24 settimane, a seconda del genotipo del virus e della presenza di eventuali danni al fegato, come la cirrosi.
L'approccio terapeutico deve essere personalizzato in base a diversi fattori, inclusi il genotipo del virus, la presenza di eventuali pregressi trattamenti antivirali, e le condizioni generali di salute del paziente. È importante monitorare il paziente durante il trattamento per valutare la risposta al farmaco e eventuali effetti collaterali.
Quando a 3 mesi dal termine della terapia il paziente presenta una SVR12, una Risposta Virologica Sostenuta, si parla di guarigione. In ogni caso per chi soffre di epatite C viene raccomandato il vaccino specifico per i virus dell’epatite A e B, per evitare complicazioni severe determinate da una eventuale coinfezione.
Ogni caso è a sé, è comunque possibile indicare che solitamente in un arco di tempo compreso tra i 15 e i 30 anni, chi ha contratto una epatite cronica in seguito a infezione da HCV vede la progressione in cirrosi epatica.
Sempre in termini statistici, tra l’1% e il 5% delle persone che hanno contratto infezione cronica da HCV perdono la vita per cirrosi o cancro al fegato.
Il test per l’epatite C viene prescritto, oltre in presenza dei sintomi indicati, per ragioni di screening, dopo avere compiuto 18 anni di età, e quando la paziente è in gravidanza. Può essere prescritto anche quando sono presenti segni e sintomi riconducibili ad una patologia epatica, quando un soggetto è risultato esposto al virus HCV e, infine, per monitorare gli interventi terapeutici durante il trattamento nei casi di infezione da virus HCV.
Si consiglia il test per l’epatite C anche per screening nei pazienti:
Anche le persone che fanno uso di droghe per via endovenosa dovrebbero sottoporsi al test. L’epatologo, o il medico curante, potrebbero prescrivere il test in presenza di sintomi riconducibili a patologie epatiche o quando si hanno risultati alterati in esami svolti nel contesto del pannello epatico.
Viene prelevato un campione di sangue per via endovenosa.
Non è richiesta particolare preparazione, ad eccezione dell’osservare digiuno nelle tre ore precedenti il prelievo.
Gli esami per l’epatite C, va ricordato, riguardano tanto la ricerca degli anticorpi specifici nel sangue, quanto l’identificazione dell’RNA, il materiale genetico del virus, misurandone la concentrazione ematica.
Con i test per l’HCV si può determinare anche il genotipo virale, quindi la specifica sottospecie virale che ha infettato l’organismo. In questo modo è possibile intraprendere una terapia più mirata.