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Morbo di Parkinson: cause, sintomi e possibili trattamenti

A cura di
Laura
Geremia

Tremore, rigidità e movimenti sempre più lenti: il Parkinson è un disturbo del sistema nervoso centrale dovuto alla degenerazione di alcuni neuroni. Ecco che cosa può fare il neurologo per alleviare i sintomi.

Che cos'è il morbo Parkinson?

Descritto per la prima volta nel 1847 da James Parkinson come “paralisi agitante”, è un disturbo del sistema nervoso centrale, caratterizzato da una degenerazione di alcune cellule (neuroni) situate in una zona profonda del cervello, detta Sostanza Nera.

Queste cellule producono un neurotrasmettitore, la dopamina, responsabile dell'attivazione di un circuito deputato al movimento. La carenza dei neuroni dopaminergici causa un malfunzionamento del circuito.

La malattia di Parkinson è presente in tutto il mondo in una percentuale simile tra i due sessi; in Italia colpisce più di 220mila persone. I sintomi possono comparire a qualsiasi età, il 10% dei parkinsoniani ha meno di 45 anni, mentre nella maggioranza dei casi, la malattia esordisce intorno ai 60 anni.

Che cosa provoca il morbo di Parkinson?

Il morbo di Parkinson è causato dalla perdita di cellule nervose nella Sostanza Nera, la formazione di neuroni che si trova nel mesencefalo, che è coinvolta nelle funzioni motorie del nostro organismo.

In questa area del cervello, i neuroni producono dopamina, un neurotrasmettitore che funge da messaggero tra le diverse aree del cervello coinvolte nel controllo e nella gestione dei movimenti. Quando le cellule nervose di questa regione subiscono danni, i livelli di dopamina diminuiscono e determinano conseguenti deficit motori a livello di coordinazione dei movimenti.

La perdita di neuroni è un processo lento e le manifestazioni sintomatologiche della malattia si palesano quando c’è già un danno neuronale importante, pari ad una perdita di circa 80% delle cellule nervose presenti della Sostanza Nera

Non è ancora chiaro quali siano i meccanismi e le cause all’origine della malattia di Parkinson, ma una delle ipotesi corroborata anche da diversi studi sul tema è che siano molteplici i fattori che concorrono alla perdita di cellule nervose e alla conseguente disfunzione neuronale.

Fattori di natura genetica

Tra questi, ci sarebbero fattori di natura genetica. Diverse ricerche, infatti, hanno evidenziato che questa patologia neurologica si può manifestare in diversi componenti della medesima famiglia e ciò sarebbe dovuto a mutazioni genetiche che predispongono il soggetto a svilupparla. 

Fattori di natura ambientale

Tuttavia, in base all’ipotesi multifattoriale sulle origini del Parkinson, la sola componente genetica non è sufficiente a determinare la malattia, ma le probabilità aumentano se concorrono anche fattori di tipo ambientale.

Tra i fattori ambientali in grado di favorire l’insorgere del Parkinson, secondo i risultati di diverse ricerche, ci sarebbe l’esposizione agli erbicidi e ai pesticidi che vengono utilizzati in agricoltura, ma anche ad altri prodotti chimici e sostanze inquinanti.

Le forme più rare

Oltre alla malattia di Parkinson, che è la forma più comune di questa patologia neurologica, ne esistono anche altre, più rare, di cui tuttavia si conoscono che le cause specifiche. 

Tra queste, c’è il parkinsonismo causato da farmaci quali, ad esempio, gli antipsicotici. In questi casi, la malattia tende a migliorare sospendendo il farmaco responsabile.

Le cause possono essere rintracciate anche in altre patologie cerebrali quali:

  • degenerazione corticobasale
  • atrofia multisistemica
  • paralisi sopranucleare progressiva

Un’altra forma possibile, infine, è il parkinsonismo vascolare indotto da patologie cerebrovascolari che si caratterizzano per i danni provocati in diverse regioni del cervello da piccoli infarti cerebrali.

Quali sono i primi sintomi del morbo di Parkinson?

I tre sintomi classici sono:

  1. il tremore
  2. la rigidità
  3. il rallentamento dei movimenti (bradicinesia).

Il tremore è un'oscillazione lenta (5-6 volte al secondo) con un atteggiamento delle mani come di “contare monete”, tipicamente a riposo e che scompare appena si esegue un movimento.


Di solito presente in una mano o anche nel piede dello stesso lato, dopo qualche tempo interessa entrambi i lati.
Con la rigidità, aumenta il tono muscolare del tronco, degli arti o del collo.
Con la bradicinesia, il paziente fa fatica a muoversi bene, è spesso impacciato, ha difficoltà ad esempio a girarsi nel letto, alzarsi in piedi o a vestirsi da solo.
Cammina a passi brevi, a volte è presente la “festinazione”, cioè il paziente piega il busto in avanti e tende ad accelerare il passo. A volte il paziente si blocca del tutto e in modo improvviso, (freezing) in cui i piedi sembrano incollati al pavimento.

Possono essere presenti inoltre una varietà di sintomi secondari quali disturbi dell'equilibrio, del linguaggio, della deglutizione, gonfiore dei piedi e delle caviglie, perdita di peso, stipsi, disfunzioni sessuali e depressione.

I sintomi secondari

Possono essere presenti inoltre una varietà di sintomi secondari quali: 

  • disturbi dell'equilibrio
  • disturbi del linguaggio
  • disfunzioni della deglutizione
  • gonfiore dei piedi e delle caviglie
  • perdita di peso
  • stipsi
  • disfunzioni sessuali
  • depressione.

Disturbi del sonno

Sette pazienti con il morbo di Parkinson su dieci possono accusare anche disturbi del sonno. Possono comparire sia all’inizio della malattia sia in una fase più avanzata. 

Tra i disturbi del sonno più comuni possiamo citare l’insonnia, che si manifesta con:

  • difficoltà ad addormentarsi
  • risvegli ripetuti nel corso della notte (causati da bradicinesia o nicturia, la frequente necessità di urinare nel corso della notte)
  • risvegli precoci.

Il paziente può accusare anche un’eccessiva sonnolenza durante il giorno. Questo sintomo è, nella maggior parte dei casi, indipendente dall’insonnia.

Entrambi questi disturbi del sonno hanno in comune l’impatto negativo sulla qualità di vita del paziente.

Un disturbo del sonno che può comparire anche diversi anni prima delle manifestazioni motorie del Parkinson è il disturbo comportamentale della fase del sonno REM che comprende:

  • vocalizzazioni
  • movimenti delle braccia
  • gesti involontari

Alcuni pazienti possono sviluppare anche la sindrome delle gambe senza riposo, con la necessità di muoverle continuamente che si abbina ad un senso generale di fastidio agli arti inferiori.

Che dolori porta il Parkinson?

Più di un paziente affetto dal morbo di Parkinson su due riferisce di aver accusato dolori cosiddetti tensivi, ossia dolori persistenti nel tempo, di lieve o moderata entità. Altre testimonianze parlano di dolori urenti - ossia quelli che provocano una sensazione di bruciore - simili a crampi o, ancora, reumatici

Il paziente affetto da Parkinson può accusare anche formicolii

I dolori sono, in generale, manifestazioni sintomatologiche piuttosto comuni per chi soffre di questa patologia, anche se solo raramente compaiono già nella fase iniziale della malattia.

Come si arriva alla diagnosi?

La visita neurologica è fondamentale per valutare la presenza dei sintomi e segni correlati alla malattia.
Tra gli esami strumentali, oltre alle tecniche neuroradiologiche tradizionali quali TAC e Risonanza Magnetica Nucleare, è di grande importanza lo studio specifico dei nuclei della base mediante DAT-Scan.

Che cosa può fare il neurologo?

Il neurologo prescrive la terapia farmacologica più appropriata.

I farmaci a disposizione sono essenzialmente di due tipi: dopaminoagonisti, privilegiati nelle prime fasi della malattia, e Levodopa, che viene tendenzialmente introdotta in seguito.

Altre categorie utilizzate sono gli anticolinergici o gli inibitori enzimatici.
Il criterio più seguito è la somministrazione di più farmaci, a dosaggi differenti che vanno “aggiustati” sul paziente a seconda della risposta individuale.

In alcuni casi si può ricorrere alla terapia chirurgica per l'inserimento di un neurostimolatore, in una zona del cervello chiamata nucleo subtalamico. Il neurostimolatore funziona con una pila come i pace maker.

È davvero molto importante la fisioterapia, che ha dimostrato l'efficacia e l'assoluta necessità di seguire costantemente un programma rivolto al mantenimento dell'autonomia motoria e al miglioramento della coordinazione, della postura e del modo di camminare.

Come si può convivere con il Parkinson?

Il morbo di Parkinson è una patologia neurodegenerativa, per cui conviverci significa dover seguire trattamenti terapeutici a lungo termine e, inevitabilmente, modificare alcune abitudini del proprio stile di vita.

Al di là dei trattamenti medici prescritti, infatti, sicuramente praticare un’attività fisica regolare e seguire una dieta completa e bilanciata può, indubbiamente, essere utile a migliorare la convivenza con la malattia.

La pratica fisica, oltre ad avere un effetto positivo sul tono dell’umore e ridurre lo stress, aiuta a contrastare uno dei principali sintomi del morbo di Parkinson, ossia la rigidità muscolare

Le discipline tra cui scegliere sono molteplici, dalla bicicletta alle passeggiate passando per lo yoga, che può aiutare anche attraverso l’apprendimento di tecniche di meditazione e rilassamento.

Anche l’alimentazione ha un ruolo chiave. I pazienti affetti dal morbo di Parkinson, infatti, devono prestare particolare attenzione anche alla propria dieta quotidiana. 

Certamente, servono modifiche e adattamenti anche al contesto in cui il paziente vive ogni giorno, allo scopo di migliorarne l’autonomia e agevolarne tutte le attività quotidiane.

Per tutti i pazienti affetti da morbo di Parkinson è, inoltre, fortemente raccomandato effettuare le vaccinazioni stagionali, come quella contro l’influenza, ma pure quelle finalizzate a prevenire gravi infezioni respiratorie come il vaccino contro lo pneumococco

Il trattamento del Parkinson, infine, non comprende solo la terapia farmacologica, ma anche un supporto psicologico, fondamentale per affrontare tutti i risvolti che la malattia può avere rispetto alla salute e all’equilibrio mentale. Non vanno trascurate, infatti, le conseguenze emotive che può avere sul paziente una malattia di questo tipo. 

Cure palliative

Nei casi più gravi o nelle fasi più avanzate della malattia, in cui i pazienti non rispondono più ai trattamenti specifici contro il Parkinson, la terapia farmacologica può essere rimodulata. 

Ad esempio, gli interventi possono essere rivolti al controllo della sintomatologia dolorosa o di ogni altra eventuale manifestazione.

Le cure cosiddette palliative, ossia i trattamenti, non solo farmacologici, finalizzati esclusivamente a migliorare la qualità della vita del paziente, possono essere indicate proprio in questi casi. Sono erogabili sia in ospedale o in centri specializzati, ma anche direttamente a domicilio.