Cerca nel sito
Chiudi

Il tumore al seno


Il tumore al seno è la neoplasia più mortale per le donne e ne colpisce una su 10. Dai 30 anni in poi c'è il rischio di svilupparlo ed quindi è necessario sottoporsi a una visita senologica. Ecco tutto quello che c'è da sapere

Che cos'è il tumore al seno?

Il tumore al seno, conosciuto anche come tumore della mammella o carcinoma mammario, è una malattia potenzialmente grave, se non è individuata e curata per tempo.

È dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della mammella, spesso a causa di una mutazione genetica. Queste si trasformano in cellule tumorali e maligne: ciò significa che hanno la capacità di staccarsi dal tessuto che le ha generate per invadere i tessuti circostanti e, col tempo, anche gli altri organi del corpo. 

Quale incidenza ha il tumore al seno?

Il carcinoma della mammella è il più frequente nelle donne e rappresenta il 25% di tutti i tumori che colpiscono le donne. Viene infatti riconosciuto come la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile, con un tasso del 17% di tutti i decessi per tumore.

Ogni anno fa registrare nel nostro paese circa 11mila decessi e circa 37mila nuovi casi: dati, questi, in piena sintonia con quelli degli altri paesi occidentali, che provano come l'incidenza di questa malattia sia in costante aumento.

Nei paesi industrializzati è il tumore femminile più frequente, addirittura sei volte più comune in quelli occidentali rispetto alle nazioni asiatiche. Se proseguirà l'aumento di incidenza, si prevedono per ogni anno un milione, circa, di nuovi casi di questa neoplasia in tutto il mondo. 

I dati epidemiologici provano che il cancro al seno si riscontra raramente prima dei 25 anni.

Nel nostro paese, infatti, la frequenza per età di questa neoplasia mostra un aumento progressivo fino ai 50-60 anni, ovvero in corrispondenza dell'età della menopausa; si osserva, invece, una stasi dai 60 ai 65 anni, mentre dopo i 65 anni l'incidenza cresce nuovamente.

Più dell'80% dei casi di tumore del seno colpisce donne sopra i 50 anni e quindi l'età è un fattore di rischio importante per questo tumore.

Quali sono le cause del tumore al seno?

Ci sono diversi fattori di rischio per il cancro al seno, alcuni dei quali prevenibili. 

Oltre all'età, anche la familiarità è un fattore di rischio: circa il 10% delle donne con tumore del seno ha più di un familiare stretto con la stessa patologia, soprattutto nei casi giovanili.

Anche la genetica, quindi, fa la sua parte. Ci sono due geni che predispongono a questo tipo di tumore: il BRCA1 e il BRCA2. Le mutazioni di questi geni sono responsabili del 50% circa delle forme ereditarie di cancro del seno e dell'ovaio. 

Vari studi hanno dimostrato che un uso eccessivo di estrogeni, gli ormoni femminili per eccellenza, facilitano la comparsa del cancro al seno. Le terapie ormonali, ad esempio, specie se prolungate, possono costituire un fattore di rischio.

Contrariamente a quanto si possa pensare, è importante sottolineare che le alterazioni benigne del seno, le cisti e i fibroadenomi che si possono rilevare con un esame del seno non aumentano il rischio di cancro. Sono invece da tenere sotto controllo i seni che alle prime mammografie dimostrano un tessuto molto denso o addirittura una forma benigna di crescita cellulare chiamata iperplasia del seno. 

Ricordiamo inoltre che anche l'obesità e il fumo hanno effetti negativi, così come stili di vita non equilibrati. Trattandosi di una patologia che potenzialmente può essere causata da tanti fattori, non è facile determinare quale peso assegnarvi.

Proprio su questo punto, infatti, la ricerca si sta concentrando, per riuscire a capire quali meccanismi alla base dello sviluppo di tumore al seno abbiano più peso e su quali si possa quindi lavorare, sia come cure che prevenzione.

Quali sono i primi sintomi del tumore al seno? Che tipo di dolore dà il tumore al seno?

In genere le forme iniziali di tumore del seno non provocano dolore. Uno studio effettuato su quasi mille donne con dolore al seno ha dimostrato che solo lo 0,4% di esse aveva una lesione maligna, mentre nel 12,3% erano presenti lesioni benigne, come le cisti, e nel resto dei casi non c'era alcuna lesione. Il dolore era provocato solo dalle naturali variazioni degli ormoni durante il ciclo.

La maggior parte dei tumori del seno non dà evidenze e si vede solo con gli esami diagnostici, come la mammografia; nella donna tra i 30 e i 45 anni sono visibili anche con l'aiuto dell'ecografia. Da cercare, invece, sono gli eventuali noduli palpabili o addirittura visibili. La metà dei casi di tumore del seno si presenta nel quadrante superiore esterno della mammella.

Il nodulo è un agglomerato normale o patologico di cellule con una struttura diversa da quella del tessuto circostante, devono essere asportati chirurgicamente analizzati per chiarirne la natura. 

La cisti è una formazione patologica simile a un sacco membranoso ripieno di liquido. La comparsa di una cisti è dovuta alla chiusura del canale (dotto) attraverso cui passano le secrezioni ghiandolari. Nella mammella è sempre di natura benigna e non deve essere ulteriormente indagata.

Qual è il tumore più pericoloso al seno?

I tumori mammari vengono classificati in tre gruppi, determinati in relazione alla tipologia di recettori espressi dalle cellule tumorali:

  • I tumori che presentano i recettori per gli estrogeni o per il progesterone
  • I tumori HER2-positivi, che esprimono recettori per la proteina HER2, un fattore di crescita in grado di stimolarne la proliferazione
  • I tumori tripli negativi, caratterizzati dall’assenza di recettori sia per gli estrogeni sia per il progesterone sia per la proteina HER2

Fra i tre, i tumori tripli negativi risultano essere i più aggressivi, poiché non hanno alcun obiettivo da colpire: tendono a diffondersi con rapidità e a ricomparire dopo i trattamenti. Rappresentano il 15% dei tumori al seno e detengono il più alto tasso di mortalità.

Cosa segnalare al medico? Come avviene la diagnosi?

In un’ottica di corretta diagnosi, l’interazione con il medico e la comunicazione dei sintomi e delle evidenze che emergono dalla nostra osservazione è un fattore chiave. È importante quindi segnalare al medico che conduce la visita anche eventuali manifestazioni quali:

  • Alterazioni del capezzolo (in fuori o in dentro)
  • Perdite da un capezzolo solo (se la perdita è bilaterale il più delle volte la causa è ormonale)
  • Cambiamenti della pelle (aspetto a buccia d'arancia localizzato) o della forma del seno

La diagnosi precoce di un tumore offre non soltanto maggiori possibilità di cura (circa il 97-98% di guarigione), ma permette anche di attuare interventi meno aggressivi e di assicurare una migliore qualità di vita. 

I programmi di screening attivi in Italia per diagnosticare precocemente tumori al seno offrono la possibilità di sottoporsi ogni due anni, in modo gratuito, a una mammografia per tutte le donne tra i 50 e i 69 anni di età. Alcune regioni prevedono l’estensione dello screening alle donne di età compresa tra i 45 e i 49 anni (con cadenza annuale) e a quelle tra i 70 e i 74 anni (con cadenza biennale).

Nel caso di pazienti più giovani, l’esame diagnostico più efficace è l’ecografia mammaria, e viene prescritto dal medico laddove si manifestino sintomi o compaiano noduli.

La risonanza magnetica, che va ad indagare i tessuti molli, è una ulteriore tecnica che può essere utilizzata per la diagnosi, come opzione supplementare ad ecografia e mammografia.

Si può prevenire il tumore al seno?

Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una lenta ma progressiva sensibilizzazione delle donne per quanto concerne la prevenzione del tumore al seno. Soprattutto tra quelle più giovani, infatti, è sempre più diffusa l'abitudine di sottoporsi regolarmente a controlli dal medico ginecologo o senologo.

La popolazione femminile più anziana è, invece, ancora troppo spesso legata a retaggi culturali che le fanno assumere un atteggiamento di diffidenza nei confronti di visite e metodiche strumentali che potrebbero mettere in evidenza “qualcosa” che psicologicamente si preferirebbe tenere nascosto. 

La recente osservazione di una riduzione significativa e consistente della mortalità per cancro al seno conferma che, oltre al miglioramento della sopravvivenza grazie a terapie più efficaci, si ottiene un reale beneficio dal miglioramento complessivo della diagnosi, anche al di fuori dei programmi di screening organizzati.

È importante ricordarsi che dai 30 anni c'è il rischio di sviluppare un tumore al seno e quindi è necessario sottoporsi regolarmente a un controllo dal senologo, che monitora non solo le mammelle, ma tutta la zona circostante, compresi i linfonodi ascellari.

Oltre a ciò è possibile eseguire i test genetici per i geni BRCA1 e BRCA2, soprattutto in caso di familiarità, che rendono più semplice anche per lo specialista approntare un piano di controllo e prevenzione più accurato.

I controlli sono utili non solo per effettuare una diagnosi precoce, ma anche, in caso di manifestazione della patologia e guarigione, per rilevare ricadute. Alcuni tipi di tumore, come quello al seno, infatti, possono avere un rischio di recidiva, che rende necessario il monitoraggio negli anni successivi.

Possono avere un effetto preventivo anche:

  • L'autopalpazione, che consente alla donna di individuare tempestivamente eventuali anomalie 
  • Uno stile di vita sano fatto di regolare attività fisica, alimentazione equilibrata, ridotto consumo di alcol
  • L’allattamento al seno, poiché permette alle cellule di sviluppare una resistenza a evoluzioni neoplastiche

Quando il tumore al seno è curabile?

Il tumore al seno è una patologia curabile con successo, qualora diagnosi e terapia siano precoci. Le probabilità di guarigione sono elevate, infatti, nel caso di tumori a uno stadio iniziale (stadio 0 o 1).

Le opzioni terapeutiche per il cancro al seno sono diverse e dipendono da alcuni fattori, in particolare:

  • Lo stato di salute della paziente
  • Lo stadio del tumore
  • Il livello di diffusione della patologia

I trattamenti chirurgici

Nella maggioranza dei casi, le pazienti affette dal tumore del seno vengono sottoposte a un intervento chirurgico volto a eliminare i tessuti colpiti dalle cellule tumorali. Laddove è possibile, si preferisce optare per una chirurgia conservativa, che abbia come obiettivo quello di mantenere il seno e di asportare esclusivamente l’area in cui è localizzata la neoplasia. L’operazione eseguita in questi casi prende il nome di ampia resezione mammaria o quadrantectomia, e consiste nella rimozione del tessuto mammario interessato dalla lesione.

Si effettua una mastectomia totale o parziale (a seconda della quantità di tessuto asportato durante l’operazione) quando invece si rende necessario rimuovere più di un quadrante di seno. Questo tipo di interventi consente in molti casi di mantenere il complesso dell’areola e del capezzolo e di trattarlo in seguito con una dose di radioterapia che può essere effettuata in sala operatoria oppure nei giorni dopo l’intervento. 

Il trattamento chirurgico è fondamentale anche per appurare se il tumore si sia esteso alla zona ascellare. Per farlo, è necessario prelevare e poi analizzare i primi linfonodi ascellari potenzialmente esposti alla malattia: i cosiddetti linfonodi sentinella. Qualora emerga la presenza di cellule tumorali all’interno di questi linfonodi, si procede all’asportazione totale o parziale dei linfonodi ascellari tramite un intervento di linfadenectomia o svuotamento ascellare.

Sia in caso di chirurgia conservativa sia in caso di mastectomia si può procedere alla ricostruzione del seno, anche durante la stessa seduta chirurgica. Raramente, laddove la paziente debba affrontare un ciclo di radioterapia, si decide di rimandare la plastica alla conclusione della terapia.

La radioterapia

Dopo l’intervento chirurgico, viene sottoposta la paziente a un ciclo di radioterapia con l’obiettivo di proteggere la ghiandola mammaria rimanente dal rischio di sviluppare recidive o una nuova neoplasia.

La terapia ha una durata di pochi minuti e viene ripetuta solitamente cinque giorni alla settimana per un totale di cinque-sei settimane successive. Talvolta i medici possono decidere di somministrare le prime dosi di radioterapia già durante l’operazione.

La cure farmacologiche

All’operazione chirurgica segue l’esame istologico e biologico necessario a stabilire le cure mediche da somministrare per scongiurare il rischio di recidive e la comparsa di metastasi.

Molte pazienti vengono trattate con farmaci antitumorali, tra cui la chemioterapia, terapie ormonali e farmaci con bersaglio molecolare.

La chemioterapia non è necessaria in ogni caso, ma viene prescritta dopo aver valutato attentamente le caratteristiche del singolo caso. Talvolta può essere somministrata prima della chirurgia per ridimensionare la neoplasia da operare.

Le terapie ormonali vengono prescritte laddove la patologia presenti recettori ormonali: in questi casi, i farmaci, andando ad agire proprio su quei recettori, bloccano l’azione degli ormoni e combattono così la crescita delle cellule tumorali.

I farmaci a bersaglio molecolare sono utilizzati invece nel caso in cui siano presenti particolari caratteristiche molecolari delle cellule tumorali.

In alcune circostanze, alla chemioterapia può essere associata l’immunoterapia: è il caso, per esempio, di alcuni tumori in stadio avanzato, come quelli tripli negativi.